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Amy spense il motore del suo pick-up sgangherato e si appoggiò allo schienale. A volte era così stremata che doveva usare tutta la sua forza di volontà per non dormire sul sedile e scendere dall'auto.

Quella mattina – erano le quattro e mezza – era una di quelle volte.

Si sfregò il viso con le mani, poi aprì lo sportello cigolante per i cardini arrugginiti. La stanchezza le dava la capacità di ignorare la foresta buia e tetra e infilarsi in casa, ma per fortuna non abbastanza per non accorgersi che la finestra del salotto era aperta. Si bloccò a pochi metri dall'ingresso e il suo cervello sfinito cominciò ad annaspare per il panico, il suo cuore a battere all'impazzata.

C'era qualcuno in casa? Connor? O forse un ladro? Se ne era già andato o la stava aspettando per aggredirla?

Indietreggiò, prima lentamente, poi di corsa, incespicando e inciampando prima di raggiungere di nuovo il pick-up e chiudersi dentro. Il motore rombò quando girò la chiave e le luci dentro casa si accesero.

Amy rimase immobile con le mani serrate sul volante e il piede pronto sul pedale per andarsene. Vide la porta d'ingresso aprirsi lentamente e qualcuno venire fuori.

La ragazza assottigliò lo sguardo e accese i fari dell'auto. Fece un sospiro di sollievo e allentò la presa sul volante, le mani sudate per l'agitazione.

Si prese qualche secondo per riaversi dallo spavento, poi spense di nuovo il motore e scese dalla macchina.

«Danny? Che ci fai qui?»

Il bambino le corse incontro e lei si chinò per abbracciarlo. «Scusa, Amy!»

«Adesso ti riporto a casa.»

«No, per favore!» gridò Danny, allontanandosi da lei. «A casa no!»

Il sollievo di Amy svanì presto: avere Danny lì era un grossissimo problema.

«Come sei arrivato? E da quanto, soprattutto?»

«A piedi. Volevo cenare con te.»

Amy si passò una mano sul viso. Il mix di stanchezza e agitazione non l'aiutavano di certo a ragionare.

«Sono miglia di strada e potevi essere investito. Come ti è venuto in mente?» lo sgridò.

Gli occhioni di Danny si riempirono di lacrime, poi il bambino scoppiò a piangere.

«Okay, okay.» Amy si avvicinò e si chinò nuovamente davanti a lui. «Resti qui. Ma domani mattina ti riporto a casa» accordò, ignorando la vocina nella sua testa che le diceva che era già mattina e il sole sarebbe sorto di lì a un paio d'ore.

Danny la abbracciò di nuovo, poi si lasciò prendere in braccio per essere portato dentro casa.

Amy si barricò dentro: non era un fortino, ma qualche giro di chiave nella serratura e le persiane delle finestre chiuse le davano un po' più di sicurezza.

Danny sgattaiolò sul divano e si rannicchiò nell'angolino che aveva conquistato nell'aspettarla, abbracciando lo zainetto con le sue cose. La ragazza si preparò per andare a dormire, si infilò sotto le coperte e dopo un minuto sentì i passetti del bambino che si intrufolava nella sua camera, si arrampicava sul letto e le si accoccolava addosso.

Amy gli rimboccò le coperte e gli scostò i riccioli biondi dalla fronte. Voleva un bene immenso a Danny, ma quella vicinanza era molto pericolosa per entrambi.

«Tuo padre ci ammazzerà.» Avrebbe voluto solo pensarlo, ma nell'atto di addormentarsi quelle parole le scivolarono via dalla bocca.

*

LOKI - Non c'è ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora