Arancio. L'arancio è il colore preponderante del cielo.
Dovuto un po' al tramonto e un po' allo smog, si riflette sui cumuli d'immondizia e il tutto sarebbe quasi romantico, se non fosse per la puzza di carcassa e la merda che mi si attacca sotto alle suole a ogni passo.
La crisi mondiale si è risolta con l'estinzione dell'ottanta per cento della biodiversità ma il gas e il petrolio no, di quello ce n'è. E fa ancora girare i motori di camion e tir modificati, gli ultimi post-commercio, dato che le industrie non sono più in funzione.
Percorro il ponte ossidato che interseca un fiumiciattolo talmente contaminato da essere fosforescente, di notte. Lo so perché spesso ci passo il tempo; mi diverte osservare come la natura abbia mutato i pesci con un terzo occhio o le lucertole con sei gambe.
Tiro su il cappuccio sdrucito della mantella e alzo lo sguardo: a nord della mia città, lo skuoll 7, la cinta muraria è costellata di torri di controllo.
Cinta muraria, esatto, siamo tornati praticamente nel medioevo. Dopo la terza guerra mondiale, l'umanità ha cambiato faccia, trasformandosi in una landa di pesci piccoli e grossi. E lische di pesci. I predoni delle aree desertificate - persone senza nome né cittadinanza - vagano costantemente alla ricerca di skuoll da depredare. Uccidono, stuprano, mettono a fuoco e poi se ne vanno. Esattamente come al tempo dei barbari: la storia è ciclica, si ripete.
Devo inventarmi una scusa, comunque. Non posso andare là e chiedere di incontrare la sentinella, rischio di fare un viaggio a ufo. Poi, non so neanche come si chiama. Stupido io che mi son fatto girare i coglioni e non gliel'ho chiesto.
So che veniva dal distretto di controllo nord, e infatti scorgo delle figure umane muoversi nell'ombra. Ormai il sole è calato e spero che, visto dall'alto, io possa confondermi con qualche sacco della spazzatura. Invece, ecco che dalle scalette scendono due guardie con la mano sulla fondina.
"Chi va là?"
"Elìa Fontana, quartiere ovest" rispondo, mal celando un certo nervosismo.
I due gibboni grossi e barbuti controllano il documento d'identità, che ovviamente porto sempre dietro. Non c'è modo di aggirare i loro occhi: devo agire a carte scoperte e per psicologia inversa.
"Che ci fai qua?" sputa uno.
"Porto informazioni. La sentinella con la rosa spinata sul braccio, lo conoscete?"
I due mi guardano storto, ma rispondono: "Sì. È dei nostri e ha appena finito il turno. Che tipo di informazioni?"
Faccio appello alla mia memoria. Ricordo che, quando quella sentinella mi raccattò per farsi fare il pompino, era di ronda nel quartiere vicino al mio.
"Al vostro collega era stato assegnato il quartiere sud-ovest, l'altra volta. Mi chiese se avevo info sullo spaccio della zona. Ebbene, devo riferirgli qualcosa."
I due ci cascano in pieno. Devo dire che una certa furbizia mi ha sempre caratterizzato, insieme alla capacità di mantenere la calma nelle situazioni più pericolose. Le sentinelle, infatti, non senza una certa diffidenza mi lasciano passare.
"A destra della cabina di vedetta ci stanno gli spogliatoi," mi spiega uno "ti teniamo d'occhio."
Mi affretto a compiere il mio percorso in salita, ringraziato qualche dio nordico dell'astuzia per avermi fatto arrivare subito a quello che cercavo. Non che ci siano molte sentinelle a guardia di uno skuoll particolarmente povero come il mio, ma intanto "chi cerca, trova", come si dice.
I due gorilla rimasti di sotto non mi perdono di vista. Quando entro nell'antro ferroso del cambio guardia, la sentinella che ci trovo dentro capisce di essere in una situazione scomoda.
"Che cazzo ci fai qui?"
"Ciao anche a te" sornione, mi appoggio allo stipite della porta a sbarra. "Non ho detto la verità ai tuoi, tranquillo. Ufficialmente, sono qui per una soffiata."
E cerco di mantenere la concentrazione mentre parlo, perché il suo volto scoperto mi ha lasciato un po' basito: è un uomo schifosamente bello.
Alla base del collo, una grossa farfalla monarca fatta d'inchiostro troneggia su una scritta in gotico, "Devil". Mi fa sorridere, fa parecchio mainstream, compreso il suo busto muscoloso e tatuato in più parti. Ha i lati della testa rasati e il volto spigoloso, da vero stronzo. È un figo della Madonna, non capisco perché si ritrovi a dover pagare uno come me per un po' di piacere, potrebbe portarsi a letto qualsiasi donna o uomo gratuitamente.
"Non ricordavo che le puttane potessero permettersi di chiedere udienza" mi fa, facendomi cadere le braccia lungo i fianchi. Il tizio si decide a tirare su il collo della sua maglia, facendomi riconcentrare.
"Senti, un mio amico sta male. Mi serve almeno un altro ciclo di antibiotici e tu sei l'unico a cui posso chiedere."
Lui sbatte lo sportello dell'armadietto, scocciato. "Non dovresti essere qui, porti solo rogne."
"Per favore, ...Come ti chiami?"
La guardia sbuffa. Si infila lo scaldacollo e un giaccone più casual, sistemandosi i lacci degli anfibi. Gli guardo i piedi, ammirato; quelle scarpe sono di fattura tedesca. Nessuno di noi comuni mortali può permettersele.
"Stefano."
"Elìa" rispondo prontamente, grato di quel piccolo sforzo. "Allora?"
"Hai idea di come faccio a procurarmi quella roba, ogni volta? Si paga a peso d'oro, o bisogna rubarla."
Metto le mani avanti, accondiscendente. "Lo immagino. Ma io sono disposto a fare qualsiasi cosa per avere quel rifornimento di farmaci. Qualsiasi" sottolineo.
Prima che possa rispondermi, un boato interrompe la nostra trattativa. All'orizzonte, una nube violacea procede verso sud, carica d'acqua ed elettricità. Il temporale ci raggiunge in pochissimi minuti, neanche il tempo di avere la sua risposta e cominciare ad andarmene, dannazione!
"Che scocciatura" bofonchia Stefano, resosi conto di non avere un ombrello. Fa per andarsene, poi si ferma sul posto. Si gira a guardarmi: "Seguimi, andiamo a casa mia."

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Cuore di plastica
AdventureStefano ed Elìa vivono circondati dalla spazzatura. Non sono amici, si scambiano favori: uno lo paga e l'altro lo accontenta. Soffocati dalle polveri sottili e dalle plastiche, i cittadini di un'Italia postbellica muoiono di cancro o infettati da m...