🏅 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚𝐧 𝐀𝐜𝐚𝐝𝐞𝐦𝐲 𝐀𝐰𝐚𝐫𝐝𝐬, 𝐜𝐚𝐭𝐞𝐠𝐨𝐫𝐢𝐚
━ 𝐟𝐚𝐧𝐟𝐢𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧, 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫 𝐎𝐂 🏅
𝐬𝐮𝐧𝐥𝐢𝐠𝐡𝐭 𝐩𝐮𝐟𝐟, soffio di luce
levi ackerman x fem¡oc fanfiction
canon universe, i ━ iv season
• le vite di 𝐦𝐚𝐧𝐚�...
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"Anche se non possiamo uscire da queste mura, qui possiamo mangiare, dormire e vivere... ma questa vita, non è la stessa che fa il bestiame?"
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LA sede della Commissione, il tribunale militare della giustizia. Era un complesso nel cuore del distretto di Trost, in cui venivano decise le sorti dei criminali più violenti; la sala dove avrebbero processato Eren ospitava file e file di soldati, mercanti, nobili. Da un lato vi erano schierati gli uomini a favore del brunetto - il Corpo di Ricerca, la Guarnigione e i cadetti - dall'altro, tutti coloro che avrebbero testimoniato contro di lui. Sulla parete occidentale della stanza vi erano gli stendardi con gli stemmi delle quattro armate, e sotto di essi un rialzamento dove presto avrebbe fatto la sua comparsa Dhalis Zachary. Sarebbe stato lui, il Comandante Supremo dell'esercito, a decidere in vesti straordinarie il destino di Eren. Regnava un brusio generale. Manami si trovava in prima fila, al fianco sinistro dello stesso Comandante Erwin Smith. Era stato lui, in quella lettera, a comunicarle dove posizionarsi all'interno del tribunale, e anche ciò che avrebbe dovuto dire se Zachary l'avesse interpellata. Al lato destro del biondo, invece, c'era Levi Ackerman, il soldato più forte dell'umanità. La rossa scrutava con attenzione gli uomini della Gendarmeria, dall'altra parte della stanza, e quelli del credo delle mura e i mercanti. L'uomo al centro, con al collo una medaglia simile a quella di Smith ma in rosso, doveva essere il Comandante di Divisione Nile Dock. Non l'aveva mai visto prima, ma lo intuì dal portamento e dal fatto che un ragazzetto gli stesse accanto, armato di fucile. Le cose sarebbero potute diventare violente, ma il Corpo di Ricerca avrebbe tentato di evitarlo finché possibile. Volevano puntare su una dimostrazione teorica - e pratica, solo se necessario - che sarebbero stati in grado di gestire Eren in qualunque tipo di situazione. Manami aveva le spalle dritte, le braccia incrociate, lo sguardo calmo ma minaccioso al contempo. Tutti si chiedevano chi fosse quella ragazzina dal volto sconosciuto al fianco del Comandante, ignari di averne tessute le lodi conoscendone solo il nome.
In seguito a vari minuti di attesa, il portone della stanza si aprì di scatto. Apparve Eren. Manami vide Mikasa sussultare, pochi metri più in là. Con la coda dell'occhio osservò mentre quei due soldati lo maltrattavano, per infine incatenarlo al centro, ai piedi di un palo. Come fosse stato un rozzo animale da macello. La ragazza deglutì e strinse i pugni, ma si rilassò quando Eren la guardò, da cima a fondo. Era stupito di vederla al fianco di Smith, indossando la divisa dell'Armata: che avesse avuto, finalmente, occasione di parlargli riguardo i suoi genitori? Ella gli rivolse un fugace occhiolino, e lui vi trovò conforto: se Manami era tranquilla, significava che sarebbe andato tutto bene. Lei aveva sempre ragione. Si sentiva osservato, lì, sotto gli sguardi di tutti: sentiva che alcuni erano spaventati, altri infuriati, altri ancora dubbiosi. Parlottavano sottovoce, osservandolo come se si fossero ritrovati di fronte a un mostro di cui esser terrorizzati. Abbassò gli occhi a terra, rilassò i muscoli tesi della schiena in un sospiro; appena dopo fece il suo ingresso Zachary. L'uomo anziano, vestito solo di una umile camicia, si accomodò e arrotolò le maniche sulle braccia. I mormorii si placarono immediatamente, lui si tirò gli occhiali sul naso e cominciò a parlare, leggendo il discorso da una pila di fogli che si era portato dietro in tribunale. L'aria era pesante, quasi irrespirabile. Il tempo, durante quei minuti, parve rallentare.