xlvii. da mano a mano

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"Quando una persona vuole del bene a un'altra, le deve sempre lasciare possibilità di scelta

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"Quando una persona vuole del bene a un'altra, le deve sempre lasciare possibilità di scelta."

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«PERMESSO
Qualcuno picchiettò piano le nocche contro la porta chiusa. Manami allungò lo sguardo fino a lì, distogliendolo dalla scacchiera che aveva di fronte a sé. Le pedine di legno erano immacolate e lucenti, ognuna al proprio posto. Le stava fissando da mezz'ora, senza aver la minima idea di come muoverle, da una parte e dall'altra. Lei non era né il bianco né il nero, stava nel mezzo della partita, era grigia.
«Avanti.» rispose. L'uscio si aprì, rivelando la figura di un bambino dai capelli biondi e con grandi occhi color oliva. Lo scrutò da capo a piedi. Indossava ancora la divisa militare e aveva il fiatone, si sorreggeva alla maniglia. Domandò: «Stai bene, Falco?»
«Sì, mi scusi...» scosse il capo, richiudendosi la porta alle spalle.
«Ho sentito che hai battuto Gabi nella corsa, stamattina.» disse, spostando un po' più indietro la sedia per ritrovarsi faccia a faccia con lui. Lo vide trasalire, come se si fosse appena risvegliato.
«Già... ho sempre pensato che non ce l'avrei mai fatta, ma ho parlato con un soldato, all'ospedale psichiatrico, il signor Kruger, che mi ha detto delle parole che mi hanno fatto da incentivo... e così l'ho superata.»
Venne percossa internamente da un fulmine. Lei quel cognome l'aveva già sentito. Anzi, l'aveva già letto da qualche parte.
«Kruger, hai detto?»
Era il nome scritto nei libri nella cantina di Eren, che lei aveva sfogliato fugacemente quel giorno di quattro anni addietro. Prima che il colossale si trasformasse e le scale si riempissero di cenere.
«Oh, sì- è per questo che sono venuto qui. Gli ho parlato brevemente di lei, e ha detto di volerla conoscere. Non si preoccupi, non ho detto niente...» del fatto che lei viene da quell'isola di demoni. La ragazza si alzò in piedi, afferrando il cappotto e avvolgendoselo intorno alle spalle con una certa urgenza.
«Ho capito. Vado subito, ti ringrazio.»
Si mise la katana al fianco, accostò le imposte della finestra. Falco la seguiva con lo sguardo.
«Non vuole che l'accompagni?»
«Non serve, so dov'è.»
«Posso farle una domanda?»
Manami si soffermò appena prima di uscire.
«Dimmi pure.»
«Lei crede... che io abbia qualche possibilità di ereditare il corazzato al posto di Gabi?» domandò cauto il ragazzino. Ella accasciò le spalle in un sospiro. Non poteva rispondere alla sua domanda nel modo in cui avrebbe voluto lui. La sviò per correttezza nei confronti di Colt, il quale si augurava che il fratellino potesse scampare a tale condanna. Bastava lui. Lei la pensava ugualmente. Non voleva neppure abbattere le sue aspettative, però.
«Io... penso che rincorrendo i propri sogni, e facendo di tutto pur di realizzarli, andando sempre avanti... si arriverà a un punto d'arrivo, prima o poi. Anche se non so dirti con certezza quale esso sia.»
Falco pensò che il signor Kruger gli aveva detto una cosa simile.
«Capisco... la ringrazio! Arrivederci!» le sorrise, prima di correre via, in fretta. E scomparve nel corridoio. Manami sventolò una mano, più per sé stessa che per lui.
«Ciao, Falco.»

SUNLIGHT PUFF • levi ackermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora