🏅 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚𝐧 𝐀𝐜𝐚𝐝𝐞𝐦𝐲 𝐀𝐰𝐚𝐫𝐝𝐬, 𝐜𝐚𝐭𝐞𝐠𝐨𝐫𝐢𝐚
━ 𝐟𝐚𝐧𝐟𝐢𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧, 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫 𝐎𝐂 🏅
𝐬𝐮𝐧𝐥𝐢𝐠𝐡𝐭 𝐩𝐮𝐟𝐟, soffio di luce
levi ackerman x fem¡oc fanfiction
canon universe, i ━ iv season
• le vite di 𝐦𝐚𝐧𝐚�...
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"L'amore è sempre in un panorama assolato. Anche se non ti vedo, e non posso toccarti, è come se tu fossi al mio fianco." - Violet Evergarden.
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CIÒ che accadde successivamente fu un susseguirsi di immagini e ventate, bagliori e scottature, pugnalate e oblio. Un attimo lei era lì al suo fianco, l'istante dopo era scomparsa tra le fauci del gigante quadrupede. Aveva portato via anche Reiner. Ormai era diventata una parte di lui, la scossa che teneva in movimento il suo cuore, e quando gli fu strappata via gli parve di ritrovarsi il petto vuoto, privo di quell'organo vitale sanguinolento, forte e fibroso che regolava ogni cosa nel corpo di un umano. Ma Levi si ritrovò a non credersi più un uomo, in seguito a ciò. Dopotutto, l'umanità non era forse l'anima di una persona penetrata a fondo in un corpo fatto di carne e ossa? Non era forse l'esistenza effimera, il soffio della vita? E quindi cos'era lui, Levi, quando la sua umanità era stata violata e stracciata, e ora non rimaneva altro se non un guscio vuoto? No, anzi... a dirla tutta, si trattava di un guscio ricolmo di una nebbia nera e densa, in cui i frammenti del suo cuore spezzato erano naufragati e non riuscivano a ricomporsi in una cosa sola. Quella sostanza viscida e fosca che gli permeava i polmoni, impedendogli quasi di respirare, ineluttabile... neppure un raggio di sole sarebbe stato in grado di estinguerla. L'aria fresca e mordace gli pizzicava sulla pelle nivea, pallida, tinta di un biancore moribondo quasi traslucido. Quelle iridi metalliche, ridotte a due misere aureole, si osservavano intorno avide di trovare qualcosa, qualcuno a cui aggrapparsi per sfuggire al precipizio dell'abbandono originato dalla morte. Era ciò, quindi, per cui avevano combattuto migliaia di soldati? La libertà, che bastarda ingannevole: loro sarebbero stati liberi di rimanere dentro alle mura, come i criminali erano liberi di sparare a innocenti, come i giganti erano liberi di divorare persone a loro gusto e piacimento. La libertà portava alla morte. Ma no! No! Ogni cosa portava alla morte! Era un passaggio imprescindibile della vita! E allora che senso aveva vivere, se tutto doveva finire in misera polvere e fumo anche per coloro che avevano compiuto le gesta più eroiche? L'ultimo discorso di Erwin aveva chiarito tali dubbi alle reclute, per convincerle a seguirlo in una marcia suicida... ma ora non c'era neppure più lui. Levi era stato costretto a scegliere: voleva salvare Erwin, però non era mantenendolo in vita in quell'Inferno terrestre che l'avrebbe salvato. Lui... aveva compiuto il suo dovere come Comandante, si era rassegnato a morire senza realizzare il proprio sogno. Se l'avesse portato indietro, nulla avrebbe avuto più senso. Avrebbe solo compiuto un atto di crudeltà ed egoismo nei suoi confronti. Solo perché Levi voleva che Erwin vivesse, per i propri sentimenti personali, ciò non significava che per il biondo sarebbe stata la scelta migliore. No. Il Comandante meritava di riposare, non di esser portato indietro come un demone. Perciò aveva compiuto l'immenso sacrificio di lasciarlo andare. Gli aveva dato la sua parola che avrebbe ucciso il gigante bestia. Gli si illuminarono gli occhi: ecco a cosa si sarebbe appigliato per andare avanti. Una mera promessa che neppure era stato in grado di mantenere! Ma non l'aveva fatta solo a Erwin. L'aveva fatta a sé stesso, prima di tutto. Perché era inaccettabile che centinaia di uomini fossero morti... ma lo era ancor di più che il mondo l'avesse del tutto isolato. Prima gli aveva portato via sua madre. Ricordava ancora di come si fosse inginocchiato accanto al suo letto, pregandola di risvegliarsi, di tornare a cantare favole per lui e ad accarezzarlo. Poi, Isabel e Furlan. Morti nell'illusione, a causa della fiducia marcia che provavano nei suoi confronti: ma allora c'era stato Erwin, che tanto gentilmente gli aveva porto la mano e gliel'aveva tenuta, l'aveva sorretto sull'orlo del burrone e gli aveva permesso di camminare al suo fianco, nell'ombra delle sue spalle larghe e autoritarie. Quanti sottoposti aveva perso, poi? Innumerevoli. E pian piano, il suo animo era diventato una landa gelida e desolata, in cui si innalzava una fitta nebbia ogni volta che moriva qualcuno a lui vicino. All'improvviso, però, era comparso un alito di luce che aveva penetrato quelle mura invalicabili, secondo chissà quale magia, e il tepore del sole gli aveva illuminato il cuore, l'aveva sollevato tanto da fargli sfiorare le stelle con i polpastrelli delle dita. I boccoli scarlatti di Manami, le sue gote rosee e lisce, le gemme che aveva al posto degli occhi: oh, se quella non era felicità! Venne percosso da un colpo di tosse e sentì la gola dolere atrocemente. Era come se ci fossero impresse le ferite delle grida che aveva emesso poco prima, ne aveva l'eco sbiadito nei timpani. «TORNA QUI, VIGLIACCO DI MERDA!»