Capitolo 1

2K 81 53
                                    


Quella mattina c'era il sole a Londra. Era un sole che ti entrava nella pelle, e potevi sentire l'energia che ti scorreva nelle vene. Guardavo il paesaggio da dietro il finestrino di una Audi tutta scassata, con la carrozzeria incrostata. L'uomo seduto accanto a me emanava un forte odore di tabacco e liquerizia. Era un uomo sulla cinquantina, con una folta barba, un'enorme pancia e un paio di occhiali da sole che coprivano i postumi di una sbronza.

"Allora ragazzo, come va la prima giornata di libertà?" disse tossicchiando.

"Bhè, se la libertà è stare in macchina con un assistente sociale che puzza di fumo, direi che no sta andando bene." dissi assottigliando gli occhi ormai rossi da tutto quel fumo.

L'uomo esplose in una grassa risata "Vedrai che troverai persone molto peggiori di me in questo schifo di mondo" disse continuando a ridere come un indemoniato.

"Per ora mi accontento di lei" dissi con voce aspra.

Restammo in silenzo per tutto il resto del viaggio. Lui che aspirava dal suo sigaro grattandosi la pancia, e io che non vedevo l'ora di non avere più persone che mi stavano sul cazzo in giro. Ne avevo avute abbastanza fin ora, in un orfanotrofio non trovavi certo le persone migliori. Stavano tutti lì a chiedesi il significato della vita e a sfogare la loro rabbia con quelli più piccoli. Anche a me era capitato di picchiare qualcuno lì dentro per sfogare la rabbia e la frustrazione che emanava quel posto. Non erano certo stati anni facili quelli appena trascorsi. Avevo passato otto anni in orfanotrofio e mi ritrovavo a uscire ora che ne ho ventitre. Ero il più grande lì dentro e mi ritrovavo a uscire solo ora, perché qualche stupido documento non era stato presentato in tempo. Non avevo ancora vissuto veramente. Certo, non ero più vergine, ero stato con alcune ragazze quando non tornavo la notte in quel posto e le istitutrici impazzivano per cercarmi.

"Eccoci arrivati bellezza" disse la voce di quell'uomo risvegliandomi dai miei pensieri. Scesi dall'auto e mi ritrovai di fronte a duna palazzina di due piani con molte altre uguali accanto.

"Questa sarà la tua dimora d'ora in poi. Niente male vero? Beato te coi tuoi risparmi!" disse l'uomo grattandosi la barba. Entrò la testa in macchina e ne riemerse con in mano alcune carte.

"Allora allora allora, tu sei... Louis Tomlinson giusto?" disse grattandosi la testa piena di gel.

"Si" dissi senza troppa convinzione.

"Bene, firma qui e tanti saluti!"

"Cos'è?" chiesi.

"Sono le carte che ti permetteranno di essere libero" rispose con un sorriso smagliante. Firmai subito, e gli restituì con noncuranza i fogli.

"Bene, ecco le chiavi della casa e le tue borse" disse lanciandomi i miei tre borsoni che a quanto pare contenevano tutti i miei averi.

Mi diede una pacca sulla spalla, quasi con affetto, e mi disse "Buona fortuna figliolo."

Appena gli feci un cenno col capo salì in macchina e andò via lasciandosi dietro una nuvola di gas.

Harry's pov

"Harry! Il Signor Carlson non vuole che io lo tocchi. Puoi pensaci tu?" urlò Isabelle scuotendo i lunghi capelli castani.

"Ma che cazzo Belle, non urlare! Ci vado io!" dissi trattenendo una risata, per la sua più che unica personalità.

"Grazie tesoro, sei un angelo." disse Belle girandosi per andare in segreteria muovendo eccessivamente i fianchi.

"Il più sexy però" le dissi, e lei si girò ammiccando vistosamente.

"Ovvio tesoro, non c'è neanche bisogno di dirlo" e detto questo si avviò al banco camminando come in passerella.

Camminavo in corridoio con un sorriso amaro sulle labbra. Belle era una bellissima ragazza, per carità, ma forse non aveva ancora capito i miei orientamenti sessuali, Era da quando era arrivata qui in ospedale, più o meno due mesi fa, che cercava di rimorchiarmi. Una volta mi aveva per fino chiuso nello sgabuzzino delle scope con la scusa di on arrivare a prendere la spugna nel ripiano più in alto. Io la spugna gliela avevo presa, mentre lei i stava spiaccicata addosso mostrando il suo solco tra i seni in un banale tentativo di abbordarmi. Ma non sono mai riuscito a dirle che sono gay davanti a quei suoi occhioni verdi da cerbiatto che mi imploravano di baciarla. Mi fermai davanti alla stanza numero 204, mi liberai dell'immagine di Isabelle dalla testa, ed entrai.

"Buon giorno Signor Carlson, come va oggi?" dissi rivolto ad un ottantenne appena operato di calcoli renali.

"Non c'è male, ragazzo, non c'è male" disse l'anziano signore evidentemente sollevato dal non trovarsi Belle davanti.

"Signor Carlson, posso chiederle una cosa?" dissi prendendo lo sgabello e sedendomi vicino al suo letto, iniziando a medicare la ferita.

"Quello che vuoi figliolo." disse con una piccola smorfia di dolore per il cerotto appena staccato.

"Perché non vuole farsi toccare da Isabelle?" dissi con un ghigno sulle labbra.

"E' molto semplice ragazzo, devi sapere che tutte le donne con gli occhi e i seni grandi portano sempre rogne. Si, si, te lo dico io. Dovresti starci attento tu." disse con aria truce.

Non potei fare a meno di ridere. "Signore, veramente, non c'è nessuna possibilità che questo sia un pericolo per me." dissi ridacchiando.

Louis's pov

Presi i borsoni da terra e mi avviai verso la mia nuova casa. Era un inizio triste, certo, essere qui a cominciare questa nuova vita da solo, ma pur sempre un inizio. Salii quei dieci gradini che mi separavano dalla porta, e con uno scatto secco della chiave nella toppa, spalancai la porta. Era molto... vuota, e odorava di veleno per topi. Però era grande e luminosa. Entrando e destra c'era il soggiorno con un bel camino grande, mi ricordava molto la vecchia baita in montagna dove mi portava mio padre quando nevicava... A sinistra invece c'era la cucina, che non era proprio enorme, ma d'altronde non è che uno in cucina ci stia più di tanto, no? Salii le scale che mi portavano al piano di sopra e spalancai quella che doveva essere la porta della mia camera. Mi ero immaginato molte volte questa scena: sarei entrato e mi sarei buttato sul letto, come si vede in ogni film che si rispetti. Invece, mi sa che avrei dovuto rinunciarci, vedendo il logoro tappeto che da solo allestiva la stanza. Gettai i borsoni sul tappeto, che sprigionò una quantità industriale di polvere, e mentre tossicchiavo con espressione disgustata attraversai il corridoio, e spalancai le ante della portafinestra. Il sole caldo mi investì in pieno viso. Era da otto anni che aspettavo questo momento e ora che finalmente sono arrivato qui, in balcone, aspettandomi chissà quali sensazioni, non sento niente. Dovrei essere felice, sono libero, posso fare quello che voglio senza dover rendere conto a nessuno. Invece sento un vuoto dentro di me, come se mancasse un pezzo del puzzle, come se mancasse

ANGOLO AUTRICE

SALVE GENTEE!! COME STATE? È LA PRIMA FANFICTION CHE SCRIVO, QUINDI SIATE CLEMENTI PLEASE.

VI PREGO NELLA LINGUA CHE DITE VOI, PERÒ VI PREGO COMMENTATE, SAREBBE IMPORTANTISSIMO PER ME SAPERE COSA NE PENSATE. ACCENTO ANCHE I COMMENTI NEGATIVI, PERÒ ANDATECI PIANO CHE SONO SENSIBILE *SCENDE UNA LACRIMA*.

PER FAVORE FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE, COSÌ PUBBLICHERÒ AL PIÙ PRESTO IL SECONDO CAPITOLO. UN BACIONE, MONICA. ♡

After the RainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora