12.

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Erano passati tre giorni dal primo contatto online fra i due ragazzi e nessuno dei due aveva avuto il coraggio di scrivere all'altro.
Sicuramente perché caratterialmente troppo orgogliosi ma anche fin troppo sconvolti da quello che era successo.

Yoongi e Jimin erano due ragazzi con la convinzione di essere diametralmente opposti, senza essersi mai resi conto di essere così complementari, di incastrarsi alla perfezione come due pezzi di un puzzle.
Entrambi avevano avuto un'infinità di rapporti, ma nessuno di questi li aveva fatti sentire così strani come quello fra i due, ignari di essere proprio loro due.

Erano le 4:00 del mattino e Jimin dormiva beatamente nella sua stanza quando il suo sonno venne interrotto da delle urla, quasi soffocate provenire dall'altra parte della parete dove vi era la sua scrivania.

«No, no, no. Basta!»

Si alzò velocemente dal letto in uno stato di panico e agitazione; prima che trovarono il coraggio di denunciare il padre, veniva spesso svegliato dalle urla di sua madre che lo pregava di smettere. Lei diceva sempre a Jimin di non uscire dalla sua stanza quando questo accadeva, ma l'ultima volta non ce la fece, uscì di lì e intervenne, salvando sua madre.

Si precipitò a bussare alla stanza del corvino, che trovò stranamente aperta.

Una volta dentro, trovò il corvino tremante e in lacrime.

«Yoongi, cos'è successo?» si inginocchiò accanto al letto, osservando Yoongi cercare di soffocare i singhiozzi nel cuscino «è tutto okay, era un sogno probabilmente» disse passandogli una mano fra i capelli.
«Prova a dormire, okay?» fece per alzarsi ma il corvino lo bloccò subito.

«S-sogno la rapina.
Sono giorni che succede, di continuo.
Sogno sempre la stessa cosa, ma questo era diverso, Jimin era così reale» e si ritrovò nuovamente a piangere, questa volta senza soffocare il pianto.

Jimin non lo aveva mai visto in queste condizioni, lo aveva visto ubriaco, fatto, sbruffone e arrogante, lo aveva visto terrorizzato a morte la sera della rapina e ora, poteva percepire ancora una volta il terrore prendere possesso del suo corpo.

«Yoongi, vuoi parlarmene? Perché non me ne hai mai parlato prima? A volte parlare aiuta a superare le cose, soprattutto per i brutti sogni. Me lo diceva sempre mia mamma»

«Parlartene? Mi odi, Jimin. Non riusciamo ad avere una conversazione normale sul cibo, non posso uscirmene con "Ehi, da giorni sogno che io in quella rapina ci lasciavo le penne" dal nulla» le parole di Yoongi lasciarono un senso di vuoto nel cuore del biondo che poteva solo immaginare la paura provata, il terrore nel dover affrontare tutto questo da solo, senza volerne e poterne parlare con qualcuno.

«Ripeto, vuoi parlarmene?» il minore rimase accovacciato a terra, in attesa di una sua risposta che sembrò non arrivare mai.

«Min, è buio pesto, se annuisci scuotendo la testa non vedo un cazzo» rise, facendo ridacchiare a sua volte il suo coinquilino.

«No, non mi va... scusami, Jimin» Jimin sospirò e non perché avrebbe voluto sentire lo sfogo di Yoongi per avvicinarsi a lui, ma perché avrebbe tanto voluto alleggerirgli questo peso, avrebbe voluto togliergli questo demone, che da quelle poche parole sembrava logorarlo dentro.

«Non preoccuparti, non sei costretto.
Cerca di dormire e se dovessi aver bisogno, chiamami. Buonanotte, Min!» e ancora una volta, la mano di Yoongi bloccò il suo polso.

«Lo so che ci odiamo, ma puoi restare a dormire qua? Se chiudo gli occhi ripartono i sogni e non voglio caderci di nuovo» Jimin annuì, consapevole che il maggiore non poté vederlo, si sedette accanto a lui e osservò il corvino sistemarsi su un lato e dargli le spalle.

Stuck with you || YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora