20.

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Jimin si rigirò nel letto più volte, svegliandosi.
La notte precedente era stata molto stancante. La febbre aveva preso il sopravvento sulla sua mente e gli incubi erano tornati ad invaderla, per fortuna era intervenuto Yoongi a farlo calmare.

Girandosi verso il centro del suo letto matrimoniale, posto a ridosso della parete principale della sua stanza, notò il corvino ancora nel mondo dei sogni.
Era a torso nudo, e Jimin proprio non capiva come facesse a non percepire il freddo, proprio lui che quella sera sul tetto del garage stava congelando.

Il biondo portò una mano sotto al cuscino e lo osservò; la pelle candida e bianca come la neve lo rendeva ancora più elegante di quanto normalmente non fosse. Aveva una lunga serie di nei sul braccio, tanto che armato di penna avrebbe potuto unirli e realizzarci un disegno, e poi vi era il tatuaggio. Finalmente Jimin poté osservarlo con attenzione.
Si trattava di una fenice araba che aveva inizio poco sotto la spalla sinistra, per poi svilupparsi centralmente e finire con la coda in un posto che Jimin conosceva fin troppo.

Si avvicinò con la mano e iniziò a percorrere tutto il disegno, senza tralasciare neanche un dettaglio. Il tratto era molto fine ed elegante, così tanto da non far sembrare che il tatuaggio occupasse tutta la schiena.

«Perché mi stai svegliando? Mi hai già svegliato questa notte, perché anche ora?» disse con voce impastata, senza voltare il viso verso Jimin.

«Scusami, hyung. Guardavo il tatuaggio.» rispose continuando a tracciare il contorno della figura mitologica impressa sulla sua schiena.

Yoongi si voltò con ancora la testa sul cuscino e gli sorrise.

«Come stai?» gli chiese con un tono di voce dolce e gentile, il tono di voce di una persona che ha passato la notte con lui, curandolo e preoccupandosi per ogni sussulto nel sonno o ogni piccolo movimento, assicurandosi sempre che stesse bene.

«Meglio, grazie. Non solo per avermelo chiesto ma anche per ieri notte, per essere corso qua e per tutte le mille attenzioni che mi hai dedicato.»

«Di niente, piccoletto. Chiedimi quello che vuoi sul tatuaggio, lo so che hai domande.» sorrise guardandolo negli occhi.

«Vuoi stare fuori dalla mia testa? Sai tutto prima che io parli.» replicò sbuffando, facendo ridere il maggiore.

«Da cosa sei rinato?» domandò conoscendo il significato che si celava dietro alla fenice araba.

«Uh, da nulla in realtà. Non ancora. È più un promemoria a me stesso per il momento della caduta, che ci sarà, ne sono sicuro. Così mi ricorderò che si rinasce sempre, da ogni cosa. Per quanto pensiamo di essere deboli, non lo siamo mai, siamo più forti di quanto crediamo – sospirò – in realtà ho avuto delle cadute ma niente a cui non mi sia mai rialzato.»
Yoongi preferì non approfondire l'argomento. Le cadute di cui parlava si riferivano a tutti i rifiuti da parte dei diversi produttori musicali, cadute dalle quali si era sempre rialzato con la speranza di un esito positivo la volta successiva. Non voleva parlarne perché ricordare lo rendeva sempre un po' triste e non era quello il momento per esserlo.

Jimin non poté fare altro che concordare con questa sua frase. Si rinasce sempre, ci sia rialza sempre indipendentemente dalla tipologia dell'evento, e lui lo sapeva benissimo. Lui e sua mamma si erano rialzati ogni volta a causa di loro padre, anche l'ultima, la peggiore, dove Jimin ebbe paura di non farcela, di perderla per sempre ma così non fu. Ci vollero mesi e mesi di ospedale, cure mediche e tanto tanto riposo, ma ce la fecero, ne uscirono più forti che mai.

«Hai ragione, ti auguro di non cadere mai ma se dovesse accadere, sono sicuro che saprai come rialzarti.
Posso sapere perché hai deciso di farlo finire proprio lì davanti?» chiese, ridacchiando.

Stuck with you || YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora