Scritte dimenticate

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Annabeth scrisse qualcosa sul foglietto stroppiciato steso sopra la scrivania di Percy:

<<Σε αγαπώ.>>
Rispettivamente <<Ti amo.>> in Greco.

Non firmò il biglietto, sarebbe stato solo masochismo verso se stessa.

Lui stava ancora dormendo, e ovviamente una velata bava si sosteneva sulle sue labbra opache, pronta a cadere sul cuscino da un momento all'altro.
La ragazza sorrise a quell'immagine mentre una lacrima solitaria l'accompagnava alla porta.

Annabeth sapeva che Percy non l'avrebbe ricordata.

La grandissima dea Atena le aveva dato l'ultima possibilità.
Prendere o lasciare.
Le sue codeste parole divine erano state:

<<Entro domani mattina, dovrai salutare Perseus Jackson, il figlio di Poseidone. Sai benissimo che non approvo la vostra relazione. Anche solo in amicizia. Non voglio sentire nessuna replica. Ci penserò io a cancellare dalla memoria i ricordi condivisi con te. Così per lui non sarà nemmeno doloroso, cara Annabeth>>

Per lei non sarebbe stato doloroso, invece?
Ovviamente non pensava all'altra parte della moneta -Annabeth- di propostio. Continuava a baloccarsi con lei.

Il tutto senza una ragione. Si era svegliata con quell'idea obbligatoria. La coppia non aveva fatto nulla per disturbarla.
Ridicolo ed esilarante, Atena, che fa qualcosa senza uno scopo.
Ma aveva ormai imparato da tanto, che non era poi così raro.

Annabeth era seriamente pronta, una volta per tutte, a distruggere l'Olimpo.
Ma l'altra l'aveva preceduta riconfermando il fatto che se solo la sua prescelta e adorata figliola, avrebbe provato a rivoltarsi contro gli dei, avrebbe neutralizzato Percy e poi successivamente Annabeth.

Aveva pensato a vari possibili piani;
Ma come si potrebbe mai vincere contro la dea della sagggezza immortale in persona?

Così Annabeth lasciò la casa del ragazzo una volta per tutte.
Per il suo bene.
Magari, un giorno l'avrebbe rincontrato all'Esilio e avrebbero potuto cominciare da capo, insieme.
Ma già mentre rilasciava quel pensiero, la sua parte razionale lo faceva morire sul nascere.

Dire che Annabeth stava male, è riduttivo.
Continuava a scervellarsi per nuovi possibili metodi di tornare a come tutto era prima.
La notte, piangeva silenziosamente e ogni volta che ricordava Percy, il suo umore si scuriva totalmente.
Era stanca.
Voleva solo riavere il suo ragazzo.

Annabeth entrò nel caffè a cui era solita andare.
Da sola ora, e con Percy prima.
Era passato ormai un intero mese dalla rottura forzata.
La ferita dentro al suo petto era talmente profonda che avrebbe pagato tutte le dracme del mondo per poter cancellarsi la memoria a sua volta.
Ripudiava quegli esseri inutili, chiamati comunemente dei. Specialmente odiava sua madre.
E per la prima volta, non ebbe paura a pensarlo.
Al contrario, sentii un potere avanzare nelle membra.

Stava sorseggiando la sua solita bevanda piena di caffeina -che bell'invenzione, la migliore mai creata dopo il Labrinto di Dedalo- mentre scriveva i suoi pensieri su un quadernino, persa completamente nel suo mondo.

<<Annabeth?>>

La voce riecheggiò potente e fragile nello stesso momento, all'interno delle pareti.

Si voltò di scatto, e il tono era proprio quello che non si sarebbe mai aspettata di sentire nuovamente.
Sull'uscio trovò Percy Jackson con le sopracciglia corrugate nel suo solo e unico modo.

Non riusciva a capire.
Stava chiamando qualcun'altro?
Girò la testa un paio di volte guazzando l'area con sguardo affilato, ma i pochi presenti stavano pensando ai loro affari.

Nessuno dei due capiva cosa stesse succedendo, tanto che Annabeth provò ad evitarlo girandosi e poggiando lo sguardo verso il basso.

Ma Percy determinato sul da farsi la chiamò ancora mentre si avvicinava a tutta fretta nel tavolino occupato interamente dalla ragazza.

"Annabeth! Sei proprio tu!"

Percy non riuscì a trattenere la nave di emozioni e si precipitò su di lei, girando a malapena lo sgabello, il giusto per poter farla spofondare nell'abbraccio.

Ad Annabeth girava la testa tanto non riusciva a capirci nulla.
Ma si concesse di rilassarsi definitivamente, al tocco della mano sulla sua testa, dato dal ragazzo che tanto le era mancato.

"Veramente sai chi sono?" La sua voce risuonò strozzata e rotta.

"Che stai dicendo?
Ti ho cercato per quasi un mese.
Nessuno al Campo sapeva niente su di te.
L'unica prova era il tuo biglietto.
Ero quasi convinto al peggio, che fossi partita per un'impresa mortale!"

Annabeth aveva esplecitamente raccontato a tutti i loro conoscenti il volere della madre, anche se chiamarla così non le andava giù.
Probabilmente, presi alla sprovvista dall'avvenimento, avevano mentito a Percy.

Il corvino frugò energeticamente nelle tasce dei jeans finchè non estrasse fuori un pezzo di carta consumato.
La scrittura di Annabeth era inconfondibile.
Era proprio il suo.

Come risposta sputò fuori:
<<Tu non dovresti ricordarti di me>>
Suonò più dura del previsto, tanto da far girare qualche cliente.

E mentre Annabeth raccontava a Percy tutto l'avvenimento lui le prendeva la mano, stringendola più forte di tanto in tanto, come a infoderle sicurezza.
Finito l'epico racconto surreale, Annabeth capii di avere più rabbia dentro di quanto si aspettasse.
Anche Percy non era da meno.
Infatti mentre discutevano animatamente prendendo di mira le divinità, fece saltare in aria -involontariamente- l'acqua con cui il barista stava per servire una bevanda.
E si resero conto in quel preciso istante, che non avrebbero più rispettatto quei giullari dell'Olimpo.
Ne avevano abbastanza di essere marionette.
Nessuno si sarebbe più permesso di giocare con loro due, o sarebbe veramente arrivata la fine.

<<Annabeth ma oggi è il tuo compleanno!>>

Lei lo guardò scettico, con un sopracciglio alzato.
Prese con fare diffidoso l'agenda, stiracchiandosi sopra una bella parte di tavolo per raggiungerla, e quando realizzò che fosse veramente il 12 Luglio rimase a bocca aperta.

<<Io- Io ho perso la cognizione del tempo>>
Per un attimo la sua luce negli occhi si spense come ad auto rimproverarsi per quella disattenzione.

Fu lì che Percy la baciò finalmente dopo tempo.
Assaporandosi le labbra a vicenda, senza una conclusione vicina.
Sembrò ad entrambi di rinascere.
Tutte le speranze erano state riaperte in un nano secondo.
E la parte logica di come il corvino avesse fatto a ricordarsi della bionda era ancora un mistero.
Ma adesso, non importava.

<<Tanti Auguri, Annabeth. Oh mia cara Sapientona!>>
Il suo sorriso classico da piantagrane troneggiava fiero e Annabeth lo colpì sulla spalla con un pungno distratto, per poi prenderlo a braccetto e avviarsi verso la casa di lui.
Per il tragitto potevano solo sentirsi sussuri e leggere risate invadere i viali estivi della calda Londra.

<<Non mi è mai piaciuto il mio compleanno.
Insomma, non è cambiato nulla a riguardo.
Ma questa volta potrei accettarlo un poco di più>>

Annabeth guardò con due occhi profondi e umidi Percy che a sua volta l'ammirò tuffandosi e aggrapandosi a quelle iridi tanto care.

<<Tu mi hai ricordata.>>



Nota d'Autrice:
Tanti Auguri ad Annabeth<3
Un giorno di ritardo nel postarla, ma avevo da fare.
Lei, è tanto importante per me.
Spero di descriverla sempre nei migliori nei modi.
-As

I nostri respiri-Percabeth OneShotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora