Biblioteca smarrita

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Per il palazzo riecheggiavano un paio di stivali, che picchiettavano velocemente e ripetutamente sul marmo, nel silenzio più assoluto di una notte fonda.

Un altro stascichio in lontananza era udibile, più leggero e lento, che seguiva le orme del primo.

L'enorme e pesante portone si aprì, facendo entrare il gelo improvviso della città all'interno.

La sagoma scura non se ne curò, lo chiuse e uscì.

Lasciandosi alle spalle il terrore si immerse nella neve.

Solo la luce della luna regalava visibilità alla donna, che non tirava fiato nemmeno un attimo.

Scappava; scappava da qualcuno.

Fu quando arrivò davanti a un immenso edificio che decise di entrare. Non sapeva bene dove fosse. Ma era aperto, e aveva tutta l'aria di essere un posto pubblico inutilizzato.

~

L'aria ricoperta di polvere la investì in pieno.

Tutto lì dentro sapeva di antico e usato.

Non poteva esserne più felice. 

Su un lungo tavolo di legno completamente vuoto, notò solo una lanterna con tanto di fiammiferi. 

Non esitò ad accenderla, portandosela davanti agli occhi, e girandola per le pareti, capii dove fosse.

Era in un biblioteca.

Essa trasudava di epoca Vittoriana in ogni dove.

Neanche a farlo apposta, era finita nel posto più apposito per lei. 

Ormai tornare a palazzo era fuori questione, perciò iniziò a passare le dite su alcune costine di libri, sussurando tra sé e sé: <<Questo l'ho letto...Questo no>>

~

Ad un certo punto, si sentii un'altra persona entrare.
La donna, temendo fosse il suo inseguitore, si nascose nel posto più remoto lì dentro. Più o meno nel mezzo tra un enorme scaffale e un altro tavolo rotondo.

Ma si stupì, invece, quando dal piccolo angolo, vide un'altra flebile luce accendersi e illuminare il volto di un giovane. 

Incuriosita, si avvicinò.

Si trovava alle sue spalle e esordì con un semplice: <<Salve>>

Ma bastò a far saltare in aria il baldo urlante.

Quando si riprese, si voltò e rimase visibilmente sorpreso di trovarsi di fronte ad una giovane donna, a quell'orario.

<<Salve, posso fare qualcosa per lei?>> l'imbarazzo nella sua voce.

<<Veramente no. Mi piacerebbe sapere il suo nome>> azzardò lei.

<<Piacere madame, il mio nome è Perseus Jackson>> si inchinò come gli avevano insegnato, ma lei lo toccò sulla spalla destra per fermarlo sul posto.

<<Non si inchini. E non mi chiami "madame".
Il piacere è tutto mio, sono Annabeth>>

Non disse il suo cognome, il che fece andare in confusione l'uomo.

Quella strana donna già non apprezzava le solite smancerie e oltre tutto, non riservava l'intero suo nome di nascita. 

Bizzara sì, ma anche interessante.

~

<<Mi dica allora, perché si trova qui, se posso sapere>>

<<Scappavo da mio padre>>

I nostri respiri-Percabeth OneShotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora