VACCI TU!

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"Stai calma, mancano due minuti e arriviamo in ospedale" mi rassicura Fede mettendomi una mano sulla coscia.

"Ma dio, sono mezzanotte e mezzo, com'è possibile che ci siano così tante persone in giro?" urlo senza rendermene conto.

È importante che io ci sia quando questo bambino verrà alla luce. Quando Silvia ha avuto le prime contrazioni di Deva, io ero con lei. Quando ha partorito per la prima volta, io ero con lei. Anche quando ha allattato per la prima volta, io c'ero. Adesso sapere che potrei non vivere le stesse cose con il nuovo arrivato mi distrugge.

"Dai scendi, io cerco parcheggio e vi raggiungo"dice lui, fermandosi proprio di fronte l'ingresso dell'ospedale.

Faccio come mi dice, ma prima di vederlo sfrecciare con la sua nuova Audi gli lascio un bacio sulla guancia. Riesce sempre a sopportarmi, anche quando divento isterica e antipatica.

"Adesso vai" sorride dolcemente lui. È qui con me, con il suo amico anche dopo tre ore di allenamento con la Juve. Non potrei desiderare nulla di meglio.

Riesco ad entrare grazie ad una signora anziana che mi lascia il suo posto nell'ascensore. Probabilmente la mia faccia preoccupata ha fatto breccia nel suo cuore. Una volta arrivata al piano Ostetricia, chiedo a diversi medici di Silvia, ripetendo senza successo il suo cognome.

Poco dopo però vedo sventolare delle mani sulle teste dei papà che aspettano di abbracciare i propri bambini, é Bernardeschi.

"Ha partorito?" chiedo troppo velocemente.

"Non ancora, si sono rotte le acque, siamo corsi qui ma non mi dicono nulla. Sono entrati in quella porta" esordisce indicandomi una di quelle porte enormi, tipiche degli ospedali "Le infermiere mi impediscono di passarla e sto per dare di matto, quindi per favore, provaci tu"

Mi fa così tanta tenerezza, dev'essere una tortura non poter assistere alla nascita di suo figlio. Il senso di colpa inizia a riempirmi le vene. Sono io il motivo per cui questo meraviglioso padre non può vedere nascere la sua creatura.

Mi avvicino alla prima infermiera che vedo uscire da quella fatidica porta, per chiedere informazioni.

"Scusi, io e il mio amico, siamo qui per Silvia Bernardeschi, sta per partorire. Vorremmo avere notizie, non sappiamo nulla, se sta bene. Poi altra domanda: potremmo assistere entrambi al parto?"

"No mi dispiace, la signora sta entrando in travaglio proprio in questi minuti, potrà entrare con lei solo uno di voi. Decidete e chi verrà in sala operatoria indossi questi" dice porgendomi un camice e una cuffia verdastri.

"Sai che c'è? Vacci tu, è importante per te, lo so. Vorrei anche l'opportunità per scusarmi se con Deva non ho lasciato che fossi tu a stare con lei, per questo puoi considerarmi un'egoista" porgo gli oggetti a Federico che mi guarda con le lacrime agli occhi. È felice!

"Non sei un'egoista, Roosmery. Smettila di dire cazzate. E poi grazie per questo, so che anche per te è importante esserci per Silvia"

Indossa la tunica, senza mai smettere di sorridere. Torna a guardarmi e con un gesto del capo lo invito a seguire l'infermiera. Prima che possano scomparire dietro la grande entrata, scatto una foto. Il piccolo, quando sarà grande, potrà vedere quanto era felice suo padre a pochi minuti dalla sua nascita.

Tutto in questo momento porta la mia testa a rimuginare su quello che è successo con la mia famiglia. Forse non saprò mai se il mio papà era così emozionato quando stavo per venire alla luce, se c'era lui a fianco della mamma, che le teneva stretta la mano e le sorrideva. Solo per un dannato litigio. Capita tutti i giorni che delle famiglie litighino, ma non per cavolate, come nel nostro. Io, come tutti i giovani, ho delle ambizioni, che un lavoro al bar non può soddisfare, e mi dispiace tantissimo che lui non riesca a capirlo ma dispiace ancora di più che lui non voglia neppure ascoltare le mie giustificazioni, se così vogliamo chiamarle.

Quando Meno Te Lo Aspetti - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora