Lovers

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Ti ho amato prima di saperlo
e forse è solo così che si ama.
(P.C. Fretais)

***

I corridoi del ministero erano leggermente illuminati, risuonavano solo gli echi dei passi che si alternavano ogni due secondi. Era una camminata calma, pacata, senza fretta; andavano avanti e indietro e sembrava che andassero quasi a tempo con il tic toc dell'orologio da polso.

Alzò lo sguardo e si concentrò per qualche secondo sulla figura poco distante che sedeva a gambe incrociate con una copia dell'ultimo numero della Gazzetta del Profeta che gli copriva il viso.

Quasi nessuno era più negli uffici dei piani superiori, piuttosto erano rimasti solo loro due e ad ogni ticchettio il timore di dover scattare aumentava sempre di più. Eppure sapeva che avrebbe dovuto mantenere la calma proprio per evitare che il lungo appostamento non fosse stato completamente inutile.

Il drin dell'arrivo dell'ascensore gli fece distogliere lo sguardo dall'individuo, per concentrarsi invece sul figura della ragazza che in completo nero era appena uscita dal cubicolo e che faceva battere i tacchi sul pavimento di marmo ad ogni suo passo.

I lunghi capelli si muovevano e ondeggiavano sulla sua schiena, camminava dritta e fiera e si accorse inevitabilmente dello sguardo del ragazzo che si era fermato nel bel mezzo del corridoio.

Sentiva la necessità di sorridere ma si costrinse ad evitare perché sapeva che qualunque passo falso avrebbe mandato a monte il loro piano.

Svoltò a sinistra e camminò in direzione di quel lettore, che neanche in quel caso aveva deciso di abbassare il giornale per controllare chi fosse appena arrivato.

La ragazza si fermò proprio davanti a lui e dopo poco alzò lo sguardo per notare il cenno con la testa di lei che gli intimava di seguirla. Ripercorsero il corridoio a ritroso e invece di risalire con l'ascensore, proseguirono dall'altro lato entrando in una stanza e sparendo dalla vista del primo.

Strinse i pugni e sbuffò, riprese a camminare avanti e indietro attendendo che arrivasse un nuovo ascensore. In men che non si dica il secondo drin annunciò l'arrivo di un nuovo ospite che si stupì di trovare lui e non il ragazzo con il giornale.

«È ancora arrabbiata con me», spiegò il primo mentre si dirigeva verso la porta dove erano spariti gli altri due.

«Vorresti darle torto?» Chiese l'altro seguendolo.

Il primo sbuffò e dopo essersi sistemato gli occhiali, poggiò la mano sulla maniglia e l'abbassò.

La stanza era buia, leggermente illuminata solo dalle luci del corridoio, chiusero poi la porta alle loro spalle e con un Lumos si fecero strada per prendere i loro posti. Sembrava quasi che una fitta nebbia colmasse il locale per rendere impossibile a chiunque di guardare oltre il proprio naso. Grazie all'incantesimo però riuscirono a poggiarsi contro il muro, e così attesero il segnale.

Era possibile sentire la tensione scorrere tra loro, quasi come se fosse una persona, o un serpente che strisciava tra i loro piedi pronto ad azzannarli. La pelle sul suo collo si drizzò, ogni senso era amplificato e la paura che potesse succedere qualcosa a lei lo tormentava come non mai.

La porta principale si spalancò fornendo quella giusta illuminazione per permettere a loro, che erano nascosti, di osservare chi era appena entrato.

Capelli lunghi, neri e ricci ricadevano sulla figura quasi scheletrica della donna, un vestito perfettamente cucito e non troppo largo per non essere ingombrante. Il sorriso diabolico mentre con la punta delle dita della mano libera sfiorava l'estremità della bacchetta.

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