Heartbeat

30 2 1
                                    

Do the universe a favor,
don't hide your magic.
(Anonimo)

***

Rolf Scamander era la persona che odiava l'ordinarietà. Sebbene ritenesse che in un ritmo serrato potesse ritrovare un porto sicuro - certo di non incappare negli imprevisti -, sapeva anche che un ordine eccessivo non avrebbe mai portato a nulla di buono.

Odiava anche gli accidenti, ma quelli sapeva di non poterli prevedere e nemmeno evitare.

Rolf era pianificatore, stacanovista, dotato di una precisione da far paura, eppure dentro di lui - quando si parlava soprattutto di emozioni - vigeva il caos. Unico sovrano del suo io.

Cercava di evitarlo, di far sì che ogni cosa seguisse una cadenza rincuorante, sicura, che non portasse al disfacimento del suo mondo di cartapesta. Perché Rolf era così attaccato al pensiero di dover essere ligio e perfetto - una qualche deformazione dovuta al fatto di essere il primo figlio, sicuramente -, che quando capitava l'imprevedibile il suo intero sistema andava in tilt.

Sembrava il ragazzo perfetto, in un mondo che si stava riprendendo - sebbene fossero trascorsi quasi cinque anni - dalla seconda guerra magica, con la dolcezza giusta e la caparbietà ideale.

Appariva appassionato, amante, indipendente, sicuro, calmo, stabile. E il solo pensiero di dover dire ai suoi genitori che spesso si sentiva perso in una nuvola di fumo, gli faceva battere forte il cuore mentre un milione di domande - Se non fosse all'altezza? Perché buttare quella posizione al ministero per un oblio dagli incerti contorni? E se li avesse delusi? Cosa avrebbe fatto se poi non fosse riuscito? - si schiacciavano una sopra all'altra.

Aveva il vizio di mordersi le unghie, di tirar via le pellicine e continuare a strappare anche quando bruciava o faceva male. Era una conseguenza dell'essere insoddisfatto, lo sapeva.

Alle volte credeva di non riuscire nemmeno a restare in piedi, che bastasse un soffio di vento per abbatterlo. Si sentiva svuotato, il cui unico artefice era sé stesso che - deluso dal procedere della sua vita - aveva cominciato a sabotarsi. Spesso si era ritrovato a guardarsi nello specchio del suo bagno, credeva di star fissando il volto di un'altra persona; lui quel grigiore e quella luce a malapena accesa non l'aveva mai vista.

Si era paragonato a un pozzo, sosteneva che se fosse caduta una moneta, dentro di sé sarebbe risuonato l'eco della caduta. Non avrebbe trovato nulla, nemmeno l'acqua, solo il niente.

Non gli piaceva provare emozioni, lo odiava, lo faceva sentire insicuro tanto da  preferire ignorarle, darsi un pizzicotto e evitarle.

Però poi un giorno il suo petto, disabituato a nutrire qualcosa, aveva sentito un unico battito forte. Era rimbombato da tutte le parti, lo aveva sentito perfino in testa. Era arrivato in gola, nelle mani, nelle gambe.

Quando se n'era reso conto si era guardato attorno, timoroso che anche il resto del mondo lo avesse sentito, che si fosse smosso con lui, che avesse percepito quelle vibrazioni che ancora lo colmavano e sembrava non volessero finire.

Aveva poi fissato il motivo di quel battito scomposto, e ne seguì un altro, forse più intenso del primo. Rolf si era portato una mano al petto ed era scappato, sperando di poter tornare a casa velocemente e accertarsi che non si fosse rotto.

Eppure, per quanto provasse a scappare, a evitare, a far finta che non ci fosse, lui doveva passare di lì. Non c'erano alternative. Il suo cuore sembrava percepisse il momento in cui stava per passare di lì e scappava dal suo petto per schiacciarsi alla vetrina e ammirare il mondo blu e lilla in cui si muoveva - come sulle note di una canzone - quella ragazza dai capelli biondi.

Venti RegaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora