Erika

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Mi metto vicino al caminetto e mi accendo una sigaretta. Me la fumo mentre la osservo dormire.
È incredibile. Ci sono persone che odiano il proprio corpo. Quell'odio lo focalizzano su un punto preciso. Una gamba,un braccio, una mano, un occhio. E talmente che lo odiano che se li amputano.
E poi ci sono altri che quando perdono una parte del loro corpo non si accettano. Si sentono vuoti. Vanno in cerca di qualcosa di irraggiungibile. Piangono nel cuore della notte. Bestemmiano. Odiano. E poi finisco o per accettarsi o per odiarsi.
E poi c'è lei che non ti fa capire se si accetta o se si odia. Ti nasconde tutto. Non ti fa capire niente. Dice una cosa ma te devi interpretarla tutto al contrario,oppure credere a quello che ti dice.
Quante volte l'ho sentita piangere e muoversi nel letto. Affondava il proprio viso nel cuscino. Come se volesse affondare con esso il proprio dolore. Quel dolore che lei stessa mi definì fantasma. Quel dolore di cui lei non mi diceva niente. Quel dolore che io volevo placare ma lei me lo impediva.
In questo anno è stato difficile starle accanto. Non mi faceva dormire nel letto accanto a lei. Non la potevo aiutare. O semplicemente abbracciarla e dirle che l'amavo, e che quello che provavo per lei non veniva dalla sua gamba fantasma, ma dal suo cuore. Dal suo stesso amore. L'amavo e basta. Non c'è senso spiegare il perché si ama una persona. Lo si fa e basta.
Ho patito le pene dell'inferno. Piangevo Anch'io di notte, quando non dormivo insieme a lei. Era il mio unico modo per scaricarmi dalle mie tensioni giornaliere. Per svegliarmi il giorno dopo e portarle la colazione a letto con un sorriso, come tutte le mattine. Non ho mai ceduto difronte a lei, solo per darle forza ma forse lo dovevo fare. Perché lei mi odiava quando urlandomi mi diceva di non amarmi più e che me ne dovevo andare. Invece io rimanevo li ferma. Per poi abbracciarla e incolpare i farmaci. Dirle che non era vero, che parlava cosi solo perché era stanca. La calmavo come una mamma che rassicura il proprio bambino quando si sveglia nel cuore della notte dopo aver fatto un brutto sogno.
Ho combattuto per farsì che lei mi facesse vedere le sue gambe.
Ho combattuto per dormire accanto a lei. Nel nostro letto. Quello con la testiera con il quadro di Klimt. Quella dipinta da lei.
Ho combattuto per fare l'amore con lei.
Ho combattuto per farle capire che non mene importava niente se non aveva più le gambe come prima. Non mi interessava, volevo lei e basta. Quella ragazza di città spericolata amante dell'arte.
Per lei ho cambiato me stessa. Sono diventata calma, paziente, disponibile. Per lei ho fatto di tutto. E lei lo sa. Perché mi ringrazia sempre. Ogni mattina quando si sveglia prima di me, mi sposta i capelli dalla nuca e me la bacia. E poi sussurra un semplice grazie. E per me è tutto. Si alza e va a correre. Ha ripreso la sua Vita anche con con un po di ritardo. Ha due gambe artificiali. Una per correre e l'altra per tutti i giorni. Corre tanto fino a stancarsi. Ritorna a casa e mi trova. Colazione a tavola, vasca pronta per lavarsi. Poi se ne va un 'altra volta. Va al molo della città. Vicino al mare. Lei ama il mare. Dice di essere come il mare. Sempre in tempesta e testardo. Eppure quando sembra essere calmo si agita. Lei sa di mare. I quadri migliori li fa quando sta al molo. Non disegna semplici onde: ma onde della vita. Prende spunti. Vede gente che passa. Le urla dei bambini. Le piace. Passa tutta la giornata li a dipingere a fare schizzi e poi a tarda sera torna a piedi a casa. Anche quando piove. Le ho fatta prendere io questa brutta abitudine. Ha iniziato ad amare la pioggia. Ad amarla come la amo io. Si sente fiera e completa quando ritorna a casa zuppa e mi trova li ad attenderla. Penserete che la mia vita grava intorno alla sua. Beh si! Ormai le nostre vite sono unite come le linee di una mano, che quando si incontrano non si separano e diventano una sola. Ma quando lei non c'è io mi dedico al mio lavoro. Tra conferenze e libri. Tra chiamate e sigarette. Tra casa e ufficio. Ma quando lei sta tornando a casa, torno anch'io. Le cucino. Lei mi fa vedere i suoi quadri. Io le parlo delle vendite dei libri, delle donazioni, e tutto. Poi facciamo la doccia insieme. Tutte e due sotto l'acqua che ci guardiamo. Non ci sono parole. Ma solo sguardi, baci e carezze. E se la serata è giusta facciamo l'amore. L'amore bello. Di quelli che ti prendono e non te ne frega niente del mondo e di cosa accade la fuori. Lo si fa piano,come due adolescenti che hanno paura di svegliare i genitori nella camera affianco. Ma lo facciamo cosi perché è cosi che ci piace. Prendiamo ognuna l'odore dell'altra, il sapore e il calore. E dopo aver trasformato la nostra bramosia di sesso in dolce poesia dei corpi, non ci stacchiamo. Stiamo li abbracciate. Ad accarezzarci oppure a ridere a fare battute stupide a coccolarci. Quando invece la serata non è quella giusta ci accontentiamo di vedere un buon film. Sul divano sotto una coperta, qualunque stagione sia. A gustarci un gelato a ridere o a commentare il film. Sembrerà noioso ma se accanto a te hai la persona che ti prende, la cosa più semplice che puoi pensare con lei diventa sublime.

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