Io

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Si avvicina a me e mi porge il piatto. Ho un buco allo stomaco e non ho voglia di mangiare. Ma adesso devo fare lo sforzo di mettermi in forze. Ho sempre avuto un rapporto molto conflittuale col cibo. Ma adesso non voglio tornare sui miei passi incerti di una ragazzina insicura di tutto e di tutti. Adesso sono diversa. Sono matura e non voglio più compiere gli stessi sbagli. Adesso ci tengo a me, e ho imparato ad amarmi. Dopo anni e anni di sofferenze adesso riesco a guardarmi allo specchio. A guardare Il mio corpo. Quel corpo tanto odiato e tanto torturato. Adesso guardo le mie mani e i miei polsi. Sono stati per troppo tempo il capro espiatorio delle mie pazzie e del mio dolore. Per adesso mi accontento di guadarmi il corpo ma non i miei occhi. Quegli occhi che amavo guardare perché cambiavano colore col tempo. Ora erano castano scuro, ora castano chiaro simile al caramello. Li amavo perché emanavano felicità solo guardandoli. Ma adesso ho paura. Dopo tutto quello che ho fatto a me stessa. Sono diventata il carnefice di me stessa. Dopotutto giudichiamo gli altri, ma non ci accorgiamo di puntate il dito contro uno specchio. Poiché alla fine finiamo sempre per commettere gli stessi errori di quelli che giudichiamo. Io giudicavo il mio carnefice... ma alla fine sono diventata la carnefice di me stessa. Adesso con i miei vent'anni sono consapevole di quello che mi sono fatta e di quello che ero diventata. Potevo chiedere aiuto, ma non lo facevo per il semplice motivo che la voce non mi usciva. Mi sono sempre immaginata racchiusa in una palla. Più tentavo di evadere più mi facevo del male fisicamente. Finivo per andare a sbattere contro le superficie e farmi male. Urlavo a squarciagola e rimanevo senza voce. Allora tentavo di restare ferma ma non era il dolore fisico a turbarmi, ma quello psichico. Più stavo muta più mi sentivo assordire dal silenzio. Mi penetrava nelle orecchie. Non mi lascia.in pace. Il silenzio era un rumore insopportabile. Avvertivo il sangue pulsarmi nelle vene. Mi bruciava e mi dava fastidio, era caldo scottava. Percepivo il mio respiro, a tratti irregolari. Andavo in affanno. Mi mancava l'ossigeno. Mi sembrava di morire ma alla fine mi ritrovavo sempre in quella bolla bianca dalla quale non potevo uscire. Il mio cuore palpitava sotto il petto. Mi stringeva il petto come se lo volesse far esplodere. Piangevo lacrime che solcavano le mie guance, lasciando segni profondi come se fossero fatte di acido ossidante. Il dolore non era fisico ma psichico. Perché nella realtà io ero lì in mezzo a quella palla senza fare niente. Era la mia mente che viaggiava. Ero io che mi immaginavo tutti quei dolori fisici solo per non pensare ai continui pensieri nella mia testa.
Ero come se fossi divisa in due.
Una Viola che mi denigrava, mi sputava in faccia, mi diceva in continuazione che ero una fallita e che non valevo niente. Per lei qualsiasi cosa io facessi era sbagliata. Era sempre li pronta a criticare a puntualizzare ogni mio più piccolo gesto oppure ogni mio più piccolo pensiero. Era insopportabile, opprimente e odiosa.
E poi c'era l'altra Viola, quella che si preoccupava per ogni più piccola cosa, alla quale interessava il parere di tutti e di tutto, quella insicura che si faceva sputare in faccia e non solo chiedeva anche scusa a chi le aveva messo i piedi in testa. Quella che aveva paura di esprimersi di essere se stessa perché temeva l'opinione degli altri. Era la mia parte più debole quella che piangeva e si rattristava per qualunque cosa. Quella che voleva prendere il timone della propria vita ma non sapeva da dove iniziare. Mi sono ritrovata così a essere divisa in due a combattere con me stessa a trovare una pace in me e a spegnere a far tacere quelle voci nella mia testa. Dopo anni e anni di lavori, di alti e bassi, di fallimenti e rivincite, dopo tanto sacrificio e sofferenza... adesso eccomi qua. Con mia moglie nella città che più amo. Nella nostra casa in città. Eccomi qua a essere quello che gli altri giudicavano. Eccomi qua libera da tutti quei pregiudizi e dolore. Eccomi qua a vivere la mia vita a godermela con la mia ragazza, i miei amici e i miei parenti. Adesso ho imparato a vivere a tenere le cose sotto controllo. Adesso sono diversa. Non sono per niente indecisa oppure paurosa. Adesso sono un piccolo micio che ha cacciato i propri artigli. Adesso sono io e il mondo e lo vivo giorno per giorno. Poi amo e amo me. Amo la mia vita e tutte le scelte che ho fatto.
Adesso racconto la mia adolescenza alle ragazze o ragazzi aiutandoli ad affrontare i loro anni migliori e peggiori della loro vita. Ho scoperto che tutto quello di cui avevo bisogno era di aiutare gli atri, e adesso con la mia fondazione DON'T FORGET THE CHILDREN aiuto gli altri e loro aiutano me. Non avevo bisogno di psicofarmaci o altri rimedi, avevi bisogno di aiutare gli altri perché sono loro la mia medicina e niente mi può dare forza di vivere rispetto a un sorriso di un bambino che ho appena salvato....

-Non sapevo che cucinare...per te ho fatto le uova strapazzate con la sottiletta e a me le uova sempre strapazzate però col salame... -mi riporta alla realtà Erika.
-Mmmh sono buonissime amore... - mangio tutto come se fossi affamata. -Io mi andrei a lavare e poi a fare una bella dormita... -le dico.
Lei mi guarda compiaciuta e mi sorride. Mi lavo e mi metto a letto. Neanche il tempo di fare due coccole alla mia morosa che crollo e dormo come un ghiro. Intanto sento lei che mi accarezza i capelli e mi sussurra qualcosa di dolce nell'orecchio per farmi addormentare. Una volta ero io a coccolarla per fatta dormire... oggi abbiamo invertito i ruoli. Ti amo piccola mia. Ti amo.

violet tulipDove le storie prendono vita. Scoprilo ora