«But since you are not able to be my wife, you will surely be my tree. Always my hair will keep you, my lyres will keep you, laurel, my quivers will keep you»
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«Se non puoi essere la sposa mia,
sarai almeno la mia pianta. E di te sempre si orneranno, o alloro, i miei capelli, la mia cetra, la faretra»➤ Glass House - Morgan Saint
C'erano all'incirca una decina di metri di distanza tra la panchina dove era seduta Astrea e la figura di Val.
Una distanza che il moro avrebbe percorso a breve per andare a salutare la ragazza, la quale, nel frattempo, cominciò a pensare ai svariati modi possibili per tentare una fuga.
Uno stupido tentativo per prendersi in giro da sola dato che l'ansia l'aveva terrorizzata così tanto di immobilizzare le sue spalle sullo schienale gelido della panchina.
E poi Val l'aveva vista. Avrebbe fatto la più patetica e vigliacca delle figure ad alzarsi ed andarsene come una bambina capricciosa.
Non che restando qui, riuscirai comunque ad evitare di dare una pessima impressione, ma fa' come ti pare, si ripetè dentro la testa provando a riordinare i pensieri.
Gli auricolari erano ancora attaccati alle orecchie e i segni del pianto erano ancora dipinti nei suoi occhi.
Per non parlare dell'imminente vergogna che avrebbe colorato, di li a poco, le sue guance nel più rosso degli scarlatti.
Decine di secondi sprecati in preda alle paranoie e neanche un briciolo di buon senso impiegato per rispondere al «Ciao» di Val.
Il ragazzo stava in piedi di fronte a lei con le mani sepolte sul fondo delle tasche della sua giacca in pelle. Saltò subito all'attenzione dei suoi occhi, l'evidenza dei grossi pesi di contrizione appesantire l'espressione persa di Astrea.
La ragazza sollevò lentamente il viso verso di lui e prima che potesse aprire bocca, Val le sorrise dicendo «Posso sedermi?» Alluse al posto libero accanto a lei.
Non aspettò che rispondesse al suo saluto, decise di tagliare immediatamente l'imbarazzo che era calato tra loro due perché aveva notato quanto la mettesse a disagio.
Astrea fece un piccolo cenno per acconsentire e si diede più volte della stupida per non essere riuscita neanche a dire una singola parola.
La verità era che non aveva veri motivi per rendere Val così intimidatorio ai suoi occhi, ma porre dei limiti era l'unico modo che aveva per frenare quel rognoso difetto di affezionarsi rapidamente alle persone.
Sollevò la mano sinistra appena sopra il suo mento afferrando con le dita il filo dell'auricolare sinistro. Lo trascinò verso il basso facendolo scivolare oltre l'orecchio.
Val sorrise di fronte a quel gesto perché era come se gli avesse appena dato il permesso di parlare.
D'altro canto Astrea pregava, pregava che quelle stupide domande non arrivassero.
Come stai?
Ma stavi piangendo?
Che ti è successo?
Più pregava di non sentirle e più aveva l'impressione che sarebbero scivolate fuori dalla bocca di Val, come suoni petulanti di rime copiose di una poesia.
Eppure il ragazzo rimase in silenzio.Lui aveva capito che era meglio non intervenire, Astrea non pensava di darlo a vedere, ma era così chiusa a riccio che chiunque si sarebbe ben guardato da porle domande che sarebbero risultate invadenti nei suoi confronti.
Astro faceva parte di quella categoria di persone troppo deluse per poter cambiare idea sulla gente. Non le importava molto di commettere passaggi logici errati di generalizzazione, perché erano ottime armi di difesa contro la qualunque. Purtroppo anche dalle cose buone.
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𝐂𝐎𝐍𝐓𝐀𝐂𝐓𝐋𝐄𝐒𝐒
RomanceCi sono cose che desideri così tanto, che quando finalmente arrivano, alla fine, ti preoccupi solo di trovare un modo per farle andare via. «È perché sei delicata come una farfalla?» © hevbrun