5. Aphrodite

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«Immortal Aphrodite of the elaborately colored throne wile-weaving daughter of Zeus, I beseech thee: do not hold me hostage to sorrowful desire»

«Afrodite immortale, tu che siedi sopra il trono intarsiato, figlia di Zeus, tessitrice d'inganni, ti supplico: non domare il mio cuore con ansie e con tormenti»

Alrighty Aphrodite - Peach Pit

Le labbra rosee e carnose di Selene si inarcarono e separarono quando i gemiti cominciarono a mugolare dalla sua bocca.

La pelle vellutata delle sue guance divampò e assunse un colore roseo come quello delle pesche. I suoi occhi verdi luccicarono, quando le prime luci dell'alba attraversarono il vetro della finestra sul letto del suo minuscolo appartamento, illuminando i bordi delicati delle sue gote.

Le lunghe ciocche caroteniche di capelli, colore del cinabro, giacquero tra il tessuto di cotone delle lenzuola, diramate, come se fossero piume delle ali di un uccello.

E gli occhi del moro, fissi nei suoi, affondarono dentro la bellezza di quel corpo nudo, al pari di una dea, mentre facevano sesso.

Le braccia della ragazza si tesero per cingere il collo di Val, le sue dita scivolarono ripercorrendo le linee scure del tatuaggio inciso sulla clavicola del moro e affondarono con maggiore pressione quando fu costretta a chiudere gli occhi nel momento in cui le sue gambe cominciarono a tremare e la sua muscolatura perineale cominciò a contrarsi.

Il ragazzo, dopo esser venuto, si disfò del preservativo, richiudendolo nella carta argentata. Si accasciò poi sul letto, alla destra della ragazza, quando le forze gli scivolarono di mano.

Avevano ancora le fronti lucide dal sudore e i loro sguardi erano lontani l'uno dall'altra.

I loro petti si alzavano e riabbassavano in sincrono, ad ogni respiro, con le mani premute contro i loro ventri e le palpebre pesanti sui loro occhi, per la stanchezza.

La braccia di Val scivolarono verso il basso alla ricerca del bordo della vita dei suoi jeans, ancora calati sulle cosce.
Non aveva avuto il coraggio di toglierli completamente, perché non voleva mettere a nudo, davanti a Selene, il dannato motivo per cui si erano lasciati.

Cercò di riportarli sui fianchi, insieme all'elastico dei boxer, mentre il suo sguardo rimase bloccato sulla vista di Chapel Hill dalla finestra.

Aveva un macello di rimproveri e sensi di colpa per la testa per il semplice fatto che una parte di lui si sentiva dannatamente bene ad averlo fatto.

Eppure se ne sarebbe pentito, lo sapeva, ma non avrebbe potuto farne a meno.

Le era mancata così tanto che aveva dovuto dimenticare quanto la odiasse, per tornare a Chapel Hill e chiederle di vedersi.

Da quando si erano lasciati, negli ultimi tre anni e dopo tutto quello che era stato costretto a passare da solo, le sue relazioni con le ragazze non duravano più di una notte, perché nella testa aveva sempre lei.

E non gli sembrava quasi vero averla accanto in quel momento.

Selene osservò in silenzio l'atteggiamento perso del suo uomo. Si, perché era consapevole che fosse ancora suo, glielo leggeva negli occhi quando la guardava.

Chiunque sano di mente, avrebbe definito tossica la loro relazione, se lei lo avesse amato veramente, consapevole di non cambiare, a quel punto, l'avrebbe lasciato andare.

Così che potesse ricucirsi le ferite, così che il posto che lei occupava inutilmente nel suo cuore potesse liberarsi per accogliere qualcuna che valesse davvero la pena di amare.

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