6. Achilles

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«So the twain went back beside the ships of the Achaeans, and with them, all unwilling, went the woman. But Achilles forthwith burst into tears, and withdrew apart from his comrades, and sate him down on the shore of the grey sea»

«Mentre ei fanno alle navi achee ritorno, e ritrosa con lor partìa la donna, proruppe Achille in un subito pianto, e da' suoi scompagnato in su la riva del grigio mar s'assise»

Achilles, Come Down - Gang of Youth

Le veniva da piangere, aveva un nodo così stretto alla gola che era in procinto di vomitare perché il panico la stava assalendo.

Il display del cellulare non faceva altro che illuminarsi e spegnersi di continuo al susseguirsi estenuante di notifiche che grondavano sullo schermo.

Aveva le palpebre gonfie, lo sguardo appannato e sommesso dalle lacrime, che tratteneva a stento oltre le ciglia scure.
Erano intricate, come ragnatele impolverate, le corde vocali dentro la laringe costretta; l'epitelio dello stomaco le bruciava, ma le sue mani erano strette intorno ai capelli, così forte da non capire quale dolore ascoltare per primo.

Le dita bloccate tra le ciocche, chiuse e pressanti per provare a bloccare i ricordi dentro la sua testa. Ci stava disperatamente provando ma non riusciva. Non ricordava una singola parola. Niente. Nulla.

E i messaggi continuavano ad arrivare. Ansiogeni, trepidanti e asfissianti. Dannati gruppi whatsapp universitari.

Bastavano poche domande sugli argomenti, indiscrezioni sui comportamenti irascibili dei docenti e Astrea non aveva più il coraggio e la forza di continuare a studiare.

Il cervello le andava in totale blackout. Avrebbe dovuto silenziare le notifiche, dalla prima all'ultima ma non sarebbe cambiato molto, il danno era già fatto.
A questa eterna dannazione, si aggiungeva la rognosa e misera difficoltà di non riuscirsi a ricordare le nozioni che aveva studiato.

La sua lenta e preoccupante discesa verso il fondo della disperazione venne interrotta dallo spalancarsi della porta della sua camera dal campus.

Era Joey, con un sorriso che passava da un orecchio all'altro per la contentezza.

«Ho passato l'esame– esordì facendo il suo ingresso e buttando con non curanza lo zaino per terra –al momento mi sento una divinità scesa in terra.»

La sua schiena cadde spensierata sulle coperte del suo letto e il silenzio della stanza cominciò a ronzarle strano intorno alle orecchie. Perché Astrea non aveva detto neanche mezza parola. Anzi, aveva dovuto bloccare la lingua sotto i denti per evitare di esplodere.

Era una vera fortuna che i capelli le scivolarono ai lati delle guance mentre stava riversa e immobile sul libro aperto sulla scrivania.

In questo modo, quando Joey rotolò a pancia in giù sul materasso, per osservare la sua amica, non si accorse degli occhi rossi e i segni di nervosismo sul suo viso.

Cerca di rimettere questa merda al suo posto, si ordinò Astro, inspirando un profondo respiro. Fece di tutto, prima che qualche domanda di Joey le arrivasse all'orecchio e capire che effettivamente c'era qualcosa che non andava.
Decise di contare fino a tre.

Uno. Respira.

Due. Non scaricare la tua rabbia sugli altri.

Tre. Il mondo domani sarà ancora in piedi, nonostante tutto.

«Sono contenta» mormorò, non capì bene neanche quale dio la aiutò ad aprire bocca senza crollare.

Si era sforzata parecchio per mettere quelle due parole di fila, una dietro l'altra. Ma non era stato abbastanza probabilmente.

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