7:00
*suona la sveglia*
Un'altro giorno da incubo sta per cominciare.
Vorrei restare per sempre accoccolata tra le mie coperte ma non posso, come diceva la mamma: prima il dovere e poi il piacere.
Tutta decisa mi alzo dal letto ma subito dopo mi ricordo che vita di merda ho, e perdo le speranze, quelle che illudono sempre, ma che ti aiutano, giorno dopo giorno a sopravvivere.
Che brutto che è svegliarsi di buon umore e subito dopo rendersi conto che la realtà non è tutta rose e fiori.Mezza addormentata mi incammino verso il bagno, mi dirigo verso la doccia e mi spoglio. Apro il soffione della doccia, aziono l'acqua fredda e mi immergo nei pensieri.
La mattina è l'unico momento della giornata in cui regna la pace, c'è solo il sussurro dell'acqua che rimbomba nel silenzio, è come se volesse dirmi qualcosa, qualcosa di triste, come se i ricordi fossero collegati ad essa in qualche modo.
Esco dalla doccia e mi dirigo verso camera mia, apro l'armadio e scelgo il primo paio di jeans che trovo, li abbino ad una canotta bianca. Ovviamente non possono mancare le mie adorabili vans nere! Finito di vestirmi torno in bagno a mettermi un velo di trucco.
Entro in stanza di Jason, mio fratello, per vedere se stesse ancora dormendo ed avevo ragione, quindi gli do un bacino sulla guancia. Credo che se ne sia accorto perché ha fatto un lieve sorriso, che mi ha fatto sciogliere il cuore, è così tenero il mio fratellone.
Prendo lo zaino e scendo in cucina, trovo mia Zia che sta canticchiando non so che canzone. Non so come faccia ad essere sempre così felice. Forse anche lei ha avuto momenti bui, ma non lo da a vedere. Chi lo può sapere?
«Ciao Jennifer, dormito bene?»
«Solito» rispondo fredda.
«Ti ho preparato la colazione» disse lei con il suo solito tono allegro.
«Non ho fame» dissi.
«Ah» si rattristò alla mia risposta, ma cosa potevo farci se non avevo fame? Avrei mangiato dopo, a scuola.
Si erano già fatte le 8:00, era ora di andare.
Saluto la zia e mi incammino verso le strade della città.
Apro il telefono e faccio partire la musica.
[...]
Arrivata al cancello della scuola, tolgo le cuffie e le metto nello zaino. Sono arrivata in anticipo, come sempre del resto,quindi decido di andare a sedermi nella panchina nel retro della scuola. Non ci va mai nessuno, per questo vado là, e poi bhè, stare da soli non fa mai male a nessuno. Anche se io quando sono sola penso sempre alla mia vita e al passato, alla mia vita a Manchester.
Non so perchè ma la vita, in generale, mi affascina, forse perchè c'è un passato che non si può cambiare, un presente in cui devi fare delle scelte che influenzeranno il tuo futuro. L'idea della morte mi fa sentire male, ma se penso che tutti siamo destinati a morire sto un pò meglio.
Dopo questo momento di riflessione arrivo al rifugio, sento delle voci che non credo di aver mai sentito prima. Mi nascondo dietro un muretto e cerco di vedere quacosa. Scorgo due ragazzi, un ragazzo di spalle, giubbetto nero, con dei ricci ribelli, che parla con un'altro ragazzo di cui vedo solo il ciuffo biondo.
Non riesco a sentire di cosa stiano parlando, ma il riccioluto gesticola e sembra sia parecchio incazzato con il biondino. Non so perchè la voce del riccioluto mi pare familiare, quella voce così bassa l'ho già sentita da qualche parte.
Non faccio in tempo ad ascoltare il loro discorso che suona la campanella. Merda, sono stata troppo tempo qua!
Corro più veloce che posso per riuscire ad entrare nell'edificio. Arrivata al cancello, vedo che la maggior parte degli alunni è ancora comoda a chiaccherare tra di loro. Secondo me non si sono nemmeno accorti della campanella. Sbuffo contrariata al loro comportamento.
Entro nell'edificio e mi dirigo direttamente verso l'aula di matematica, vedo i miei compagni di corso ammassarsi davanti alla porta. Non ho mai capito che senso abbia ammassarsi uno sull'altro solo per prendere posto.
Quando si crea lo spazio necessario per passare dalla porta entro in classe, e come sempre rimane libero solo il primo banco.
[...]
Finite le due ore di matematica arriva la ricreazione e mi avvio verso il bar. Faccio la fila e finalmente arriva il mio turno. La cameriera al bancone, una ragazza bionda, occhi azzurri, piena di tatuaggi mi guarda.
«Caffè e brioche» dico io con il mio solito tono freddo.
«Altro?» mi chiede la bionda con un sorriso a 32 denti.
«No» rispondo.
La ragazza mi guarda male e mi da il caffè e la brioche.
Mi siedo in un posto isolato dal mondo e comincio a mangiare. Intanto non riesco a non pensare al ragazzo che ho visto prima, devo ricordarmi dove cavolo l'ho visto.
Ad interrompere i mie discorsi con la parte pensante del mio cervello è una ragazza del mio corso di fisica, mi pare si chiami Jess.
«Ehi Jen, hai sentito dei due nuovi arrivati? Pare vengano dalla tua città, dico bene?» mi dice con nella voce un pizzico di curiosità.
«Non ho sentito niente di niente, parla» le dico sperando che stia parlando dei ragazzi che ho visto al rifugio.
—
SPAZIO AUTRICE
Salve genteeee! Sono qua con un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Volevo ringraziarvi dei complimenti e se volete potete scrivermi in chat come vorreste che continuasse la storia. Aspetto notizie ;)
Ciaooooo :)
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Tell me a lie.
RomanceEd ora mi rendo conto che quella di prima non era vita. Quella di prima era "cercare di passare il tempo nel peggior modo possibile", facendo strane amicizie e stupidi sbagli. La fase di pentimento è la peggiore, quella che sto attraversado ora, mi...