Away from you

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[Parlami di quando
Mi hai visto per la prima volta
Ti ricordi a stento
O rivivi tutto come
Come fosse allora?
Avevo l'aria stanca
Appeso ad una luna storta
O forse ero attento
A non perdermi negli occhi
Nei tuoi occhi ancora]

[Marc]

[Estate 2011]

Esiste qualcosa di più noioso ed estenuante del dover trascorrere una caldissima giornata di inizio luglio in città, per di più tra una folla di gente in attesa di entrare in una cattedrale che hai già visitato, almeno all'esterno, all'incirca una decina di volte da quando eri piccolo?

Io ne dubito fortemente.

I miei genitori hanno deciso di dedicare questa domenica di luglio alla Sagrada Familia, perché, a detta loro, era inammissibile che io ed Alex non avessimo ancora visitato l'interno della cattedrale.
Anche se in realtà l'abbiamo visitata da piccoli, durante gli anni delle elementari, ma, onestamente, non mi ricordo nulla.

Sbuffo, guardandomi intorno, come se fossi in cerca di una via di fuga.

<<Arrenditi Marc, non c'è via d'uscita, dovremo restare qui per le prossime ore, e io sto iniziando a pensare che ci lasceremo anche le penne sotto questo sole!>> esclama mio fratello, scrollando le spalle, e calcandosi di più il cappellino sulla testa.
Io invece, da gran cretino quale sono, non mi sono neppure portato un cappello.

Sono sull'orlo di una crisi isterica.
Il mare è a un passo, se potessi solo scappare via dagli assurdi programmi organizzati dai miei genitori...
Necessito di fare una bella nuotata, ne ho proprio un bisogno fisico.

All'improvviso, qualcosa attira il mio sguardo.

O meglio, una figura, una figura esile e minuta poco distante da me, attira il mio sguardo.
I miei occhi si fissano su di essa, come se non riuscissi più a staccarli.

È interamente vestita di bianco, in perfetto contrasto con i lunghi capelli castani che sotto la luce accecante del sole, si tingono di decine di sfumature dorate. Un paio di occhiali da sole scuri le coprono parte del viso, ma in quel momento, li solleva per un istante, portandoli sul capo, e resto letteralmente incantato dai suoi occhi.

Sono così scuri, così grandi, così profondi, come un baratro oscuro e talmente penetranti che mi pare quasi di sentire la mia pelle bruciare, nonostante non stia guardando me ma la facciata della cattedrale.
E soprattutto, sembrano in tempesta, pieni di rabbia e delusione.
La vedo chinare il capo verso il suo cellulare, portarsi le cuffie alle orecchie e inforcare nuovamente gli occhiali.

Non posso restare qui immobile, devo parlarle.

Devo assolutamente parlarle.

Ad ogni costo.

Non so perché io senta questa spinta verso una persona che non ho mai visto prima, ma sento di doverla conoscere, sento l'istintivo e sconosciuto bisogno di andare da lei, come se mi stesse chiamando.

Eppure, a giudicare dal suo sguardo di prima, sembra tutto fuorché ben
predisposta a parlare con qualcuno, anzi.

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