Cap 8 Un dolore strano da spiegare

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Emma

Sento il suono della sveglia, sono le 7:30, oggi è il giorno della "Mission Impossible".

Mi alzo e vado in cucina, se non mangio qualcosa appena mi alzo la giornata non è destinata a finire bene. Mi scaldo la mia solita tazza di latte e preparo due fette biscottate con la marmellata, questa è di more, la prepariamo ogni estate con mamma.

Finisco di fare colazione, ovviamente in rigoroso silenzio e vado in bagno a farmi una doccia fresca per svegliarmi. Durante la doccia mi ritornano in mente tutte le nozioni che ho appreso in una settimana, ce la posso fare.

Esco dalla doccia, lavo i denti, raccolgo i capelli in una coda bassa molto tirata e ordinata, mi vesto, decido di indossare un paio di pantaloni a sigaretta neri, una camicia in viscosa bianca e un blazer nero e un paio di stivaletti neri eleganti. Classico, semplice, adeguato.

Successivamente passo al trucco, un leggero velo di correttore e un po' di mascara con effetto allungante.
Mi guardo allo specchio per l'ultima volta, sono pronta, ce la devo fare.

Mentre esco di casa incontro Marta che si è appena svegliata, appena mi vede mi abbraccia forte,mi stringe la mano e insieme urliamo:
- Merda, merda, merda-
Mi abbraccia una seconda volta e senza proferire altra parola mi apre la porta per uscire.

Marta sa quanto io sia scaramantica e sa quanto la voce delle persone mi urti quando sono già nervosa di mio.
Sono le 8:47, prendo l'autobus per non camminare e non sudare, appena arrivo in facoltà sento una strizza allo stomaco, uh l'ansia.

Entro e vedo la docente, è una donna sui cinquant'anni, mora, molto elegante, indossa un completo in tweed scuro,  tiene i capelli raccolti in uno chignon estremamente curato e porta un paio di perle come orecchini.
Alle 9:03 vengo chiamata.

-Buongiorno, lei è la signorina Emma Giulia Nonti?-
-Sì, sono io-
[...]
-Signorina, può andare, mi dia il libretto che le firmo il 28-

Sono le 9:38, sono appena uscita dalla sala e dire che mi senti volare è poco, ho paura che sia un sogno dal quale mi sveglierò tra poco.
Vado a casa a piedi, mi sento leggerissima, arrivo a casa in pochissimo tempo, o almeno così mi sembra.

Entro in casa, Marta mi viene subito incontro.
-Allora? Come è andata?-
Senza proferire parola le passo il libretto con i voti, lei lo apre titubante, dopo pochi secondi le si stampa un sorriso in viso.
-Brava Em!- Urla saltandomi addosso e dandomi un bacio sulla fronte.
-Che facciamo per festeggiare?- Mi chiede.
-Non lo so, intanto devo passare in un posto, però prima vado a cambiarmi- Le rispondo mentre corro in camera a cambiarmi. Metto un paio di leggins neri con una maxi maglia color carta da zucchero, indosso le mie amate vans ed esco di casa urlando:
-Ciao, ci vediamo dopo!-
-A dopo-

Cammino per dieci minuti circa. Vado verso casa di Valerio, voglio dirgli di persona del 28, so che non è al centro della forestale perché Manuela mi ha mandato un messaggio e mi ha detto che suo fratello è a casa perché non si sentiva molto bene.
Quando arrivo davanti casa sua entro dal cancelletto che è sempre aperto e busso alla porta, sento dei passi che si avvicinano alla porta.

Valerio apre la porta ed è senza la maglia, devo dire che ha proprio dei bei muscoli scolpiti, sembra stanco, ha i capelli ricci scompigliati e delle occhiaie profonde.

-Oh, ciao, magari passo in un altro momento- Dico imbarazzata.
-Tranquilla Em, vieni, non mi aspettavo di avere visite- Dice mentre mi fa segno di entrare.
- Siediti, vado a vestirmi e arrivo-
Mentre va in camera a prendere una maglia mi rendo conto che ha dei lividi sulla schiena, chissà come se li è fatti, sembra che abbia anche una ferita.

Appena torno gli chiedo:
- Quelli come te li sei fatti?- Gli chiedo preoccupata.
-Cosa?- Cerca di fare l'indifferente.
-Sai benissimo cosa, ora dimmi la verità e fammi vedere se è grave- Gli dico seria.

Lui si gira si toglie la maglia e mi permette di vedere come sta. Marta mi ha insegnato a riconoscere e medicare le ferite.
-Mi serve del disinfettante, una garza e della gentalmicina- Gli dico.
-Non ho il disinfettante ma ho dell'alcol. È tutto in bagno nel mobiletto a specchio-
-Ok, io vado a prendere le cose, tu intanto pensa a cosa devi dirmi-
Una volta tornata in salone lo vedo lì solo, sento qualcosa proprio nello stomaco, non so cosa sia.

-Rilassa i muscoli e stai fermo, questo ti brucerà un po'- Gli dico mentre imbevo della carta con l'alcol, e glielo inizio a passare sulla ferita. Vedo la sua mano stringere il divano per sopportare il dolore.
-Se vuoi stringi la mia mano, tra poco ho finito- Gli dico dandogli la mano.
Lui prende con entrambi le mani la mia  con una delicatezza estrema. Finisco di disinfettargli la ferita e non si lamenta neanche un po', sembra che abbia sbattuto violentemente da qualche parte.

-Ora mi dici cosa è successo?- Gli chiedo mentre spalmo la crema gentalmicina sui lividi, prendo la garza e inizio ad avvolgerla delicatamente attorno al suo busto, quando arrivo davanti gli chiedo:
-Allora?-
-Ubert- Sospira lui.
Al suo nome mi blocco momentaneamente.

-Che significa?- Chiedo con la voce tremante.
-Dopo che me ne sono andato da casa tua sono andato da Ubert, gli ho parlato, lui negava, diceva che lo hai provocato, ti ha dato della troia e io non ci ho visto più, gli ho dato un pugno e lui mi ha spinto al cancello, ecco come mi sono fatto i lividi e la ferita- Spiega lui tenendomi la mano.
-Valerio, io non so cosa dirti-
-Non devi dirmi niente, non mi hai chiesto niente, io ho fatto tutto da solo- Mi dice abbracciandomi.

Finisco di medicarlo, gli continuo a far girare la fascia intorno al busto per far star più ferma la schiena che ha sbattuto violentemente.
-Come è andato l'esame?-
- Bene, 28, ero venuta qui per dirtelo- Gli dico sorridendogli
Si alza, si gira verso di me e mi abbraccia. Appoggio la mia testa al suo petto, sento il suo cuore battere, sento un'altra volta una fitta alla pancia, ma è un dolore piacevole, strano da spiegare.

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