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                                         II

Dopo il piacevole (per me) pomeriggio nella mia camera d'albergo l'umore di Ethan è notevolmente cambiato.
Sta meditando vendetta.
Lo vedo dallo sguardo astioso con cui mi segue e soprattutto dalla sua irrequietezza: rimbalza da un punto all'altro del tourbus senza trovare pace. Ieri sera ha pure rifilato una microfonata in testa ad una ragazzina arrapata che ha allungato troppo le mani durante il crowd-surfing. Ha i nervi a fior di pelle e non riesce a dormire, lo sento girarsi per ore nella sua cuccetta, le tenda tirata.
Mi chiedo quanto tempo mi resti prima che esploda.
Io, ovviamente, me la godo e sono molto affettuosa con Noha.
Siamo in una fase del tour particolarmente stressante, per sei giorni nessuna pausa: arriviamo, suonano, ripartiamo.
In questo momento manca poco all'arrivo alla quarta tappa ed io me ne sto rannicchiata contro Noha nel divanetto del bus, la testa sulla sua spalla ed il suo braccio intorno alla vita, commentiamo insieme una rivista.
Improvvisamente Ethan interrompe il suo nevoso peregrinare e si piazza davanti a noi, le gambe divaricate, lo sguardo fisso e minaccioso.
Ci siamo.
     « Beh?! C'è una nuova coppia tra noi e non si dice niente? » esordisce
L'espressione sbigottita di Noha gli rimbalza in faccia come una pallonata.
Impallidisce e istintivamente guarda me, che me ne resto in attesa, il mio più bel sorriso ipocrita stampato in faccia.
     « mica stiamo insieme » dico con aria innocente
     « siamo solo amici... » rinforza con inconsapevole crudeltà Noha.
Allora finge di ridere imbarazzato, bravo attore, ma io l'ho visto: il lampo omicida negli occhi.
A questo punto capisco che non posso lasciargli troppo vantaggio, non devo dargli il tempo di riprendersi dallo shock o sarà peggio, perciò mi alzo.
     « vado a stendermi un po' » dico a tutti e nessuno e mi dirigo nella parte notturna del bus adesso deserta.
Pochi minuti e sento la porta aprirsi e chiudersi, la serratura scattare.
Mi alzo in piedi e ho la meravigliosa immagine di lui che si avvicina nello stretto corridoio aggrappandosi alle cuccette per non cadere adesso che il bus sta frenando.
E' furioso, gli occhi che mi fissano come se volesse sbranarmi, li vedo brillare nella penombra. Non mi muovo, resto ferma ad attenderlo bloccata dall'eccitazione e dalla paura.
Gli ultimi metri ci dividono, appena un paio di passi.
Improvvisamente scatta in avanti travolgendomi e mettendomi spalle al muro contro la porta del minuscolo bagno.
     « E' vero? » soffia con un irato filo di voce
     « Sì » rispondo in tono di sfida
      « Mi hai preso per il culo per tutto questo fottuto tempo? »
     « Crudele, vero? Ho imparato dal migliore. »
Se lui fosse ancora in sé adesso si sforzerebbe di ridere, mi farebbe i complimenti cercando di scaricare l'arma che ho in mano, ma improvvisamente capisco che Ethan non è più in sé da giorni ormai: batte un pugno sulla porta a pochi centimetri dal mio viso, chiude gli occhi e fa un respiro profondo nell'estremo tentativo di dominarsi.
Apre di nuovo gli occhi, non sorride. E' furioso, e non con se stesso come sarebbe logico secondo i nostri schemi, ma con me.
Le sue mani scendono rabbiose verso i miei pantaloni, slacciandoli.
        « Cosa stai facendo? »
        « Non farlo » mi intima « adesso non parlarmi »
Mi afferra alle spalle e mi getta faccia in giù nel letto di Noha, si butta sopra di me schiacciandomi nell'angusto spazio della cuccetta. Una mano mi chiude la bocca, l'altra mi strappa con violenza la biancheria.
Capisco cosa vuole fare e cerco di divincolarmi, ma non posso muovermi,  è dannatamente più forte di me.
La presa della sua mano è ferma nonostante i miei tentativi di liberarmi, fa forza fino a inclinarmi la testa all'indietro per immobilizzarmi mentre con l'altra mano armeggia ai suoi jeans.
Non dice niente, si sputa nella mano e me la passa nel solco delle natiche.
Tremo ma non oso muovermi, devo cercare di rilassarmi o sarà peggio.
Un dito scivola in quella via troppo stretta, mi ribello a quella intrusione, ma basta che mi strattoni soffiandomi all'orecchio "non muoverti" in un tono che non è aggressivo, ma complice, perché una vampata di eccitazione pervada il mio corpo,  che è ben presto pronto ad accoglierlo.
Ethan lo avverte ed il suo sesso adesso si fa strada dentro di me.
Il fastidio viene spazzato via dal piacere mentre mi alza la maglietta e inizia a baciarmi la schiena.
Comincia a spingere e gradualmente i suoi colpi si fanno regolari e profondi.
I miei gemiti si spengono contro la presa salda della sua mano che adesso mi trasmette una sorta di sicurezza.
In pochi minuti sento il suo respiro farsi più corto, il suo corpo inizia a contrarsi e io so che il suo orgasmo è vicino.
Si libera dentro di me con poche spinte decise sottolineate da gemiti strozzati e in qualche modo catartici che mi riempiono la schiena di brividi.
Si ritira una manciata di secondi dopo, avvicina la bocca al mio orecchio mentre la mano mi scivola dal viso in una sorta di rude carezza.
« Io ti amo... » mi sussurra e ha una disperazione nella voce che in lui non pensavo di poter sentire e che lo rende umano per la prima volta.
Si alza e se ne va, lasciandomi qui folgorata da quello che ha appena detto.
Mi lascio scivolare sul pavimento, gli fisso la schiena mentre si allontana.
Se adesso si volta a guardarmi, penso con l'ormai certa conoscenza che ho di lui, significa che è stato tutto un bluff.
Che sta giocando.
Invece la porta sbatte alle sue spalle senza che lui abbia trovato il coraggio di farlo.
E in un attimo so che è stato sincero e capisco anche perché in questi ultimi tempi mi sia stato così facile manipolarlo e prevedere le sue mosse: io ero più forte perché lui era vulnerabile.
A questo punto dovrei essere felice.
Il gioco è finito ed io ho vinto contro ogni aspettativa.
E invece no.
Le sue parole mi hanno fatto piombare nella realtà che il potere acquisito su di lui dopo aver tanto sofferto mi aveva fatto abbandonare.
Ho sempre detto di non amarlo e quello che provo non può essere certo definito amore.
Non nel senso comune del termine.
Ma dopo tutto c'è mai stato qualcosa di "comune" tra noi? O in me più semplicemente?
Non lo so.
Non ho più certezze ormai.
In questo momento la sola cosa che so è quello che sento: so che lo voglio e so che non voglio essere di altri che sua.
E forse, in fondo, questa è l'ultima cosa che Ethan mi sta insegnando, che davvero questa è l'unica cosa che conta sapere: che quello che senti... basta.

FINE

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 18, 2021 ⏰

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