APRILE.
Dannazione, è più di una settimana che non mi guarda, che non mi cerca, che mi ignora totalmente.
Ho un bisogno logorante di rilassarmi, di scaricare la tensione... suvvia, chiamiamo le cose col loro nome: ho un bisogno disperato di essere scopata, e di essere scopata da lui.
Eppure tutto andava bene, anzi, avevo decisamente riacquistato terreno dopo che si era addormentato nel mio letto. Praticamente quella notte non ho chiuso occhio per evitare che si svegliasse prima di me e se ne andasse alla chetichella, ma ne è valsa decisamente la pena.
Quando ha aperto gli occhi ero lì, che lo guardavo senza riuscire a trattenere un ghigno malefico.
« Buongiorno » gli ho detto « dormito bene? »
Il salto che ha fatto quando ha capito quello che era successo resterà per sempre impresso nella mia mente come uno dei momenti più goderecci della mia vita, così come il carosello di espressioni che si sono succedute sulla sua faccia: terrore, comprensione, ricerca di una via d'uscita... e infine una splendida rassegnazione condita con rabbia e decine di silenziosi improperi rivolti a sé stesso.
Si è voltato a guardarmi e non ha detto niente, ma dalla sua espressione era chiaro che aveva incassato il primo errore. L'ho contemplato ancora per un momento e poi gli ho concesso di andare... ero abbastanza soddisfatta e poi non sono così crudele... o forse sì? Visto che ho aspettato che aprisse la porta e fosse ormai in parte rilassato dallo scampato pericolo prima di dargli il colpo di grazia:
« Ah, Ethan » ho detto con falsa casualità « lo sai che parli nel sonno? »
Non è vero in realtà... ma perché non avrei dovuto lasciare che si arrovellasse in quel terribile dubbio?
E invece adesso...
Possibile che tutto sia dovuto quella frase? Stavo bevendo il mio solito cappuccino grande con panna di Sturbucks e Adam, il bassista carismatico che di carismatico ha ben poco, mi ha chiesto come facessi a bere qualcosa di così dolce, gli ho risposto che il dolce è un buon surrogato dell'affetto e del sesso. Ethan deve avermi sentito perché più tardi ho trovato sul mio cuscino un cioccolatino. E da allora è stato come se non esistessi più.
Stronzo.
Non riesco a capire se è l'ennesimo giochino in cui cerca di attirarmi, se si è offeso, o se davvero ha ormai perso ogni interesse per me... ma diamine non sarò certo io a cercarlo, so già che me ne farebbe pentire amaramente.
Ho bussato una volta alla sua porta, trattenendomi a stento dall'implorare... non lo farò più.
Cascasse il mondo.
Dovessi andare a fuoco per il desiderio...
Sento dei passi dietro di me e mi volto di scatto, mio malgrado speranzosa.
Ma è solo Noha, il giovane e talentuoso Noha, per cui esiste solo la sua chitarra.
« Ti disturbo? » chiede timidamente
« Ma figurati! » gli rispondo, a volte mi fa proprio tenerezza.
« Si gela qui fuori... mi fai un po' di posto? »
Mi sposto più avanti sull'unica sdraio presente sul terrazzo dell'hotel, senza sforzo passa una delle sue lunghe gambe dall'altra parte e si siede dietro di me, attirandomi poi verso il suo petto e cingendomi con le braccia.
Se fosse stato chiunque altro, se non l'avesse fatto con tanta palese spontaneità, a quel gesto mi sarei irrigidita. Invece mi sistemo contro il suo corpo, rilassata dal suo tepore, da un gesto di affetto che per me è diventato così raro in questi ultimi tempi.
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VELENO
ChickLitLui è il veleno peggiore di tutti: quello che non dà assuefazione, ma dà dipendenza. (scritto nel 2007)