Comunque niente è stato più come prima dopo quella notte.
Se l'onta del porre domande era stata lavata, l'errore di essermi fidata delle sue buone intenzioni la sto pagando ancora oggi.
Fidandomi di lui quel giorno gli ho dato in mano un'arma potente per farmi soffrire. Ho fatto l'errore che mi ero giurata di non commettere: mi sono resa ricattabile.
Avrei voluto che non si presentasse più alla mia porta "per fare due chiacchiere" e proprio per questo lui continua a farlo. Ben sapendo che odio quella situazione, che fa bruciare il mio orgoglio e che non posso permettermi di rifiutarla dopo averglielo concesso una prima volta, salvo dover ammettere di essere vulnerabile nei suoi confronti.
Viene da me ed è simpatico, sagace, colto e straordinario tanto da riuscire davvero a farmi star bene per qualche ora. In quelle occasioni non mi sfiora neanche con un dito.
Poi se ne va, conscio di lasciarmi nella frustrazione di non potermi sottrarre a quegli incontri ravvicinati del terzo tipo, che saranno anche piacevoli ma diventano inevitabilmente odiosi per il fatto di essere imposti.
Lui credo sia molto soddisfatto di sé: è certo di stare portandomi sempre più verso il limite; e credo che sia anche abbastanza curioso di vedere cosa accadrebbe se ci riuscisse... già, onestamente me lo chiedo anch'io.
Non cederò, anche se ho capito che mi ero sbagliata nel credere che il nostro fosse un gioco alla pari: mi sto lentamente trasformando in una vittima.
A questo punto mi è chiaro che non potrò mai essere io a vincere, che posso solo tenere la testa alta e rendergli le cose molto difficili, ma questo lui ancora non lo sa e resterà solo un mio segreto, o lui avrebbe vinto, tutto finirebbe ed io non sono ancora pronta.
È inutile che, come stamattina, mi lamenti di quanto sono stanca di questo lavoro e di tutta questa situazione. Perché non è vero. Io ho bisogno di stare qui, questa nuova esperienza, tutto incluso, mi sta aiutando a fare chiarezza e ad avere uno sguardo diverso sul mondo. A cominciare da questo spostarsi continuamente: gesti, volti, abitudini di gente lontana. Anche rimanendo in occidente le differenze appaiono palesi.
Mondi diversi dal mio che hanno delle consuetudini alle quali sono completamente estranea.
Invece qui è come essere dentro una bolla, una bolla che rimbalza da un luogo all'altro, da cui ho un punto di osservazione privilegiato, bolla in cui gli altri amano spiare ma che raramente riescono a capire, di cui non riescono a cogliere la realtà: la quotidianità folle di questa situazione, che comunque diventa usueta, familiare... è proprio vero che si finisce per abituarsi a tutto.
Per me è sempre stato facile adattarmi alle situazioni più strane.
Lui ne è la prova lampante...
Che strano, ci sono volte in cui il pensarlo non mi genera alcuna emozione, non mi provoca nessuna reazione... retaggio di una vecchia me.
È evidente che io non lo amo... non che la cosa fosse augurabile in effetti. Masochista forse si... ma non certo votata al martirio.
E allora perché lo sto facendo? Che senso ha tutto questo?
Non lo so e non mi importa, non mi sento neanche in colpa... la verità in questo momento è che non sento niente... sono in un assoluto buco nero emotivo, e non è colpa di Ethan, sono momenti che davvero mi caratterizzano... come pensare che altrimenti potrei riuscire a rimanere spietatamente razionale in certe situazioni?
Ma non è che dentro di me ci sia il vuoto, è semplicemente tutto coperto e nascosto dietro un velo che per troppo tempo mi ha fatto davvero tanto comodo tenere al suo posto.
Forse è proprio per questo che sono qui, forse davvero Ethan, senza saperlo, mi è utile.
Perché con lui questa poltiglia maleodorante e sanguinolenta che sono le mie emozioni posso finalmente esplorarle, affondarci le braccia fino ai gomiti, sprofondarci dentro fino in fondo, guardando negli occhi l'abisso; per cercare di capire davvero chi sono, cosa voglio, fin dove posso arrivare... perché la realtà è che io sono perversa e crudele e prima di incontrare Ethan non riuscivo ad accettarlo, preferendo non provare niente.
La verità è che avevo un disperato bisogno di farmi del male, e adesso ci sto riuscendo...
Oddio! se non metto un freno a questo flusso di coscienza finirò davvero per agitarmi, e proprio non posso.
È quell'ora della notte ormai tarda in cui anche una città come questa diventa silenziosa. Non ho chiuso le tende e la luce azzurrina della notte avvolge ogni cosa, smorzandone i contorni.
Me ne sto qui a seguire con lo sguardo il profilo dei mobili mentre la mente vaga tra ricordi e pensieri tristi, o forse solo malinconici... è una di quelle notti in cui non riesco a dormire, e quindi dovrei alzarmi, accendere le luci e mettermi a scrivere per cercare di tirare fuori quello che preme per uscire.
Ma, ripeto: non posso.
Perché?
Perché stanotte mi è stato fatto un enorme regalo ed io non voglio sprecarlo: Ethan dorme profondamente accanto a me, nel letto, un braccio che mi cinge possessivo alla vita. Probabilmente non credeva di essere così stanco, ma è crollato.
E questa è un'incredibile e grave infrazione alle nostre regole... e il fatto che abbia mostrato finalmente un cedimento e che domattina sarà furioso con sé stesso perché è accaduto mi convince a muovermi il più silenziosamente possibile, arriverei a cullarlo intonando una ninna nanna per essere sicura che non si svegli prima che il sole sia alto domani.

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VELENO
ChickLitLui è il veleno peggiore di tutti: quello che non dà assuefazione, ma dà dipendenza. (scritto nel 2007)