Sono passate due settimane, dopotutto è stato facile riprendere la vecchia routine, sia sul lavoro che nel resto. Ormai certi stratagemmi sono talmente rodati che dovremmo brevettarli: gli orari, il modo di bussare, il fatto di portarmi la borsa medica quando sono io ad andare da lui... il contesto, insomma é quello di prima, ma il gioco... quello no, quello é cambiato. In molti modi e per diverse ragioni, soprattutto una.
La prima cosa ad essere mutata, fin dalla mattina dopo il nostro personale modo di riappacificarci é stato, necessariamente, il mio abbigliamento: maniche e pantaloni rigorosamente lunghi e sciarpa intorno al collo; ma non sono stata l'unica ad esservi costretta, del resto.
Alla fine sul labbro finirà per restarmi una piccola cicatrice, ma ne é valsa la pena solo per ascoltare la storia che Ethan ha raccontato agli altri per spiegare quella e la sua mascella blu, che é stata degna di due oscar: migliore sceneggiatura originale e migliore interpretazione.
Secondo la versione ufficiale quando sono andata in camera sua a prendere la famosa t-shirt questa mi é caduta di mano, io mi sono chinata per raccoglierla e lo stesso ha fatto lui in uno slancio di cavalleria (ma andiamo!), nel rialzarmi la mia testa ha finito così per colpire il viso di lui e il contraccolpo mi ha fatto mordere a sangue il labbro che incautamente tenevo tra i denti.
Mi chiedo se nella sua fantasia a sottolineare il tutto ci sia un'allegra musichetta da circo.
Nella mia c'è.
In più quella sera sembra aver preso spunto per un nuovo giochetto e così adesso si diverte a lasciarmi addosso i segni del suo passaggio: graffi e piccoli lividi strategicamente schierati che sono il suo orgoglio ed il mio piccolo, segreto piacere.
Adoro lo sguardo con cui incatena i miei occhi ed il piccolo sorriso sadico che mi rivolge mentre affonda le unghie nella mia carne, il modo in cui mi tiene ferma mentre le sue labbra succhiano la mia pelle per imprimervi il loro segno e amo che abbia preso l'abitudine di premerli e tormentarli con falsa casualità quando siamo in pubblico; ma soprattutto amo il reale motivo che lo spinge a marchiarmi, perché so che lo fa con uno scopo preciso, e di questo ho avuto la certezza ieri notte.
Vedete, sto barando, c'è un particolare che ho omesso di raccontare: non gli ho ancora detto la verità su Noha.
Gli sguardi attenti con i quali segue i nostri movimenti e la nostra innegabile intimità sono nettare per me, evidentemente non l' aveva mai colta prima, o forse, troppo sicuro di sé, non le aveva attribuito quel preciso significato che io mi sono premunita di fornirgli.
E lui adesso soffre, non perché sia geloso, intendiamoci, ma perché Ethan é una persona possessiva. E tutti questi segni non sono altro che la prova fisica della sua frustrazione.
Ieri sera quando siamo rientrati Noha è salito in camera mia e si è intrattenuto due ore. Abbiamo solo chiacchierato, ovviamente, ma questo Ethan non c'è bisogno che lo sappia. Appena Noha si é chiuso la porta alle spalle sono stata un fulmine: ho disfatto il letto più che potevo e mi sono fiondata sotto la doccia senza neanche aspettare che l'acqua diventasse calda... e avevo ragione di farlo, non avevo ancora finito di indossare l'accappatoio che ho sentito bussare alla porta.
Sono andata ad aprire e lui mi è volato addosso, gli occhi lucidi e folli. Mi ha baciata e ha fatto per spingermi sul letto, ma quando i suoi occhi si sono accorti del caos che lì vi regnava ha virato decisamente verso il divano.
Nel fare l'amore adesso é rabbioso e tenero, appassionato più di quanto lo ritenessi capace.
Si è seduto e mi ha attirata sopra di sé, con un gesto sicuro ha sciolto il nodo della cintura e ha aperto l'accappatoio sul mio corpo ricoperto dai segni. Li ha osservati con soddisfazione e poi ha detto:
« Come glieli spieghi questi? »
« Lividi e graffi sono facili da spiegare » ho replicato con noncuranza.
Un lampo di rabbia ha attraversato il suo viso poi mi ha afferrato alla nuca e mi ha baciata.
E più tardi, proprio mentre l'orgasmo mi invadeva potente e assoluto guidato dai suoi movimenti sotto di me, la sua bocca è scivolata sul mio seno ed ha attaccato in maniera nuova, tanto forte da strapparmi un grido rauco e da lasciarmi un segno inequivocabile di denti proprio sopra il capezzolo.
Dopo aver ripreso fiato ha osservato quel morso con gli occhi lucenti di un bambino che guarda orgoglioso il modellino che è appena riuscito a costruire da solo e ha detto:
« Spiegagli questo, a Noha... con tanti saluti da parte mia. »
Come al solito non mi sono infuriata, credo che questo lo confonda tanto da mandarlo in bestia.
« Da come ti comporti si direbbe quasi che sei geloso » ho replicato, sadica, studiandolo divertita
« E' solo che mi piace metterti in difficoltà » ha risposto « se tutta la faccenda venisse fuori cosa credi che accadrebbe? Che Noha lascerebbe la band? No, lascerebbe te. Ed io ti rispedirei a casa nel giro di due ore. »
« Quanto sei stronzo! » gli ho detto per gratificarlo.
Ha sorriso tra sé, allungando una mano verso la bottiglia dell'acqua sul tavolino.
So perfettamente che la pagherò cara quando scoprirà che lo sto prendendo in giro, ma non mi priverei del piacere della vendetta per niente al mondo.
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VELENO
ChickLitLui è il veleno peggiore di tutti: quello che non dà assuefazione, ma dà dipendenza. (scritto nel 2007)