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Ancora Giugno


Il volo è stato tranquillo, interminabile ma tranquillo. Il morale di tutti è decisamente alto, quando ho visto il tourbus mi sono quasi messa a battere le mani come una bambina davanti ai regali di Natale. Non credevo che questo enorme carrozzone, che presto si riempirà di disordine e odori non proprio primaverili, mi sarebbe mancato tanto. Sono felice, in pace col mondo e sono contenta che siamo di nuovo qui, tutti insieme.

Sì, anche Ethan.

Chi se ne frega.

Sono di nuovo in viaggio, è questo quello che conta. Sarebbe dovuto essere così fin dall'inizio, è stato folle complicare in quel modo le cose.

E adesso una nuova camera d'albergo. A lungo andare sembrano talmente uguali l'una all'altra che dà un po' l'impressione di tornare a casa.

Siamo talmente stanchi da stiparci tutti nello stesso ascensore, in questo momento riesco a pensare solo al mio jetlag e anche nelle facce degli altri vedo riflesso il mio stesso bisogno di dormire. Scambio un sorriso con Noha, ma così facendo noto qualcosa che non so come fino adesso mi era sfuggito e che decisamente non avrei voluto vedere:

« Com'è che tu ce hai già? » dico indicando la sua nuova fiammante t-shirt del gruppo non ancora sul mercato, mentre la vena sulla mia tempia comincia a pulsare.

E' troppo bella, l'ho bramata avidamente dal primo momento che l'ho vista in foto.

« Mi ero dimenticato! » si intromette Ethan battendosi una mano in fronte « la tua ce l'ho io, se ti fermi un attimo da me te la do. »

« Come hai fatto ad averla qui? »

La loro distribuzione del merchandising è così capillare da precederci?

« In realtà è rimasta sul tavolo di casa mia per settimane, così alla fine l'ho messa in valigia »

Aspetto quella maglietta da un secolo! Ce l'aveva lui e se l'è dimenticato... non so se offendermi.

No, ok, sono decisamente offesa, ma per il quieto vivere e per le mie coronarie è meglio far finta di niente.

Così scendo dall'ascensore dietro di lui e lo seguo fino alla sua porta.

Per un attimo non me ne sono accorta, ancora in preda alla stizza, ma dopo aver aperto si è fermato e ora mi sta fissando.

I miei occhi incrociano i suoi e capisco, mentre un brivido gelido mi scende dal collo alla punta delle dita, che quella è stata solo una scusa per portarmi nella sua camera da letto.

No. Oddio no. Lasciami in pace. Tu DEVI lasciarmi in pace!

« Ethan, non credo che sia il caso... » dico facendo un passo indietro mentre alla sorpresa si sostituisce il timore.

Mi guarda incredulo.

«Perché no? » chiede sorridendo ed avvicinandosi pericolosamente

« Perché non voglio più » rispondo semplicemente mentre il timore si trasforma in ansia.

« Devo averti trascurato per troppo tempo... scusami, ok? » dice senza ombra di sincerità cercando la mia mano per farmi entrare

« Lasciami! »

Scatto come se la sua mano bruciasse, ritirandomi di scatto.

Errore.

Mi afferra per il braccio e mi trascina in camera.

VELENODove le storie prendono vita. Scoprilo ora