16 - วυℓιєттє

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<< Hey, ragazzino, non si corre! >> richiamai un bambino che correva sul bordo piscina.

Accavallai le gambe e incrociai le braccia sul petto. Mi stavo annoiando a morte. Fare la bagnina in autunno non era affatto come farlo d'estate; ero costretta a restare seduta su una scomodissima sedia di plastica per quattro ore, a fissare una piscina al chiuso, mentre fuori dalla vetrata, il cortile esterno era coperto da una leggera foschia, che rendeva tutta l'atmosfera ancora più deprimente.

Il bambino che avevo richiamato poco prima riprese a correre. Stava cominciando a stancarmi. Mi alzai dalla sedia per andare verso di lui, inspirai e soffiai con forza nel fischietto rosso che portavo legato al collo, per bloccarlo.

<< Hey, ho detto che non si corre! Potresti farti male. Dove sono i tuoi genitori? >>

<< I miei genitori se ne sono andati!>> disse il bambino con una smorfia.

Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo in piena faccia. Sicuramente non le aveva dette con cattive intenzioni, ma non riuscii ad impedire alla mia mente di pensare ai miei genitori. Loro se ne erano davvero andati. Mi avevano lasciata sola ad occuparmi dei miei fastidiosi nove fratelli che non mi avevano mai mostrato un briciolo di solidarietà.
Quando Elsie ci aveva convocati dicendoci che avremmo dovuto trovare un modo per guadagnare soldi, io accettai a malincuore di iniziare il lavoro da bagnina. Certo, riconoscevo il fatto che ci servivano dei soldi, ma trovavo anche ironico il fatto che avevo scelto di fare un lavoro che non mi piaceva per aiutare delle persone che mi ritenevano di troppo e non mi consideravano neanche come loro sorella.

Ripensai a quando mamma e papà erano ancora vivi; anche loro mi rimproveravano spesso di essere poco presente per i miei fratelli, e io non facevo altro che rispondere con alzate di spalle e sbuffi di esasperazione. Avevano ragione: io non c'ero per loro; ma loro non c'erano per me.
I miei genitori erano gli unici all'interno della mia famiglia che mi consideravano come parte di essa. Era solo grazie a loro se mi sentivo davvero parte di qualcosa.
Ma ora era tutto finito. Ero rimasta da sola.
L'unica cosa che avevamo in comune me e i miei fratelli era un trauma, e non era abbastanza per tenerci uniti.

Sentii il calore salire fino alle mie guance quando una figura comparve alle spalle del bambino, sferrandogli una manata sulla nuca.

<< Quante volte ti ho detto di dare retta ai bagnini? >>

Alzai gli occhi sulla persona che aveva parlato. Era James. Il mio cuore saltò un battito.

<< Dai, vai. L'istruttore ti sta aspettando. >>

Detto ciò, il bambino si incamminò a testa bassa, massaggiandosi la nuca, verso l'istruttore di nuoto e gli altri bambini del corso.

<< Scusalo, a volte sa essere davvero una spina nel fianco. Tutto bene? >>

Mi resi conto in quel momento di avere le guance rosse e la vista offuscata dalle lacrime che minacciavano di uscire. Mi ricomposi immediatamente, sfregandomi gli occhi con il dorso della mano e sforzandomi di sorridere.

<< Sì, sto bene. Non mi aspettavo di trovarti qui. >>

<< Accompagno Henry qui ogni settimana per il corso di nuoto. Tu, invece; non sapevo facessi la bagnina. >> disse James indicando la divisa che avevo addosso.

Mi guardai i vestiti: indossavo dei semplici pantaloni lunghi della tuta rossi e una maglietta bianca con la scritta "salvataggio" sulla schiena. Quegli stracci non erano certo l'outfit ideale da indossare davanti a James. Non davano per niente giustizia alle forme del mio corpo.

<< Ho iniziato da pochi giorni. Servivano soldi alla mia famiglia dopo che... >> le parole mi morirono in gola.

<< Capisco. >>
James affondò le mani nelle tasche dei jeans e mi osservò. Io distolsi lo sguardo.
Il silenzio attorno a noi si fece pesante come per rimarcare la distanza che c'era tra noi. Mi faceva male non avere niente di cui parlare con James
Dopo pochi secondi aggiunse:

ℓα ƒαмιցℓια ℓσɕкωσσԃDove le storie prendono vita. Scoprilo ora