I've loved you

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Degli uomini continuarono a tenerlo per delle manette legate dietro la schiena, mentre veniva spinto verso un'altra stanza nella quale solo lui entrò.
Nel momento in cui tutti si voltarono verso di me ripresi conoscenza, rendendomi conto di non essere stata la sola a vedere Justin.
Sospirai infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
«Samantha!» enfatizzò Pattie venendomi incontro con braccia aperte.
Mi trovai impreparata a quel momento, a quell'affetto, ma ricambiai comunque l'abbraccio, credendo, ormai fra le sue braccia, che fosse maleducato non farlo.
Non che io non volessi, insomma, Pattie era sempre stata così carina con me, ma io e Justin non eravamo più... cos'eravamo prima? E poi lui era appena uscito di prigione e... oddio, Justin era realmente stato in prigione. Anche se solo per un giorno, lui era veramente stato in prigione. E per droga e corse clandestine, per di più! Credevo avesse terminato con quella roba, e invece no.
Mi scoppiava la testa; troppe notizie insieme.
Quando Pattie si allontanò forzai un sorriso sulle labbra, tornando a pensare al presente. Lei continuò ad avere un'aria affranta e forte allo stesso tempo. Si vedeva che cercava di trattenere il dolore, la delusione... ma anche il sollievo. Il sollievo nel sapere che suo figlio stesse bene... seppur in prigione.
Quando incrociai lo sguardo confuso di Giorgia dietro le spalle della donna mi staccai immediatamente dall'abbraccio.
«Abbiamo riconsegnato gli effetti personali al ragazzo, potete aspettarlo fuori.» ci avvertì lo stesso poliziotto di qualche ora prima, sorridendo a noi tre prima che uscissimo.
Giorgia, appena dietro me e la madre di Justin, stava sussurrando qualcosa all'orecchio di Ryan, che di tutta risposta alzò le spalle incrociando il mio sguardo.
Era arrivato il momento di scoprire i miei scheletri nell'armadio. Di svelare il mio passato.
Più cercavo di lasciarmelo alle spalle, più tornava a galla nei modi peggiori.
«Vieni, Pattie, andiamo a vedere quando esce Justin.» la spronò Ryan, allontanandosi da noi due insieme alla donna.
Giorgia mi guardò subito con aria interrogativa e sopracciglia aggrottate.
«Tu conosci la madre di Justin?»
«E' una lunga storia.»
Forzai un sorriso, non ancora pronta ad innescare l'ennesima bomba.
«Vedi, io...»
«Sam, dillo e basta. Non so quanto difficile sia stato per te, ma è il tuo passato. Io non ti giudicherei mai per chi eri, non devi avere paura di qualcosa che non c'è più.» Il suo tono era sincero, rassicurante, ma anche un po' impaziente. «Ti prego»
«No, hai ragione. E' il passato quello, e io penso di essere pronta a renderlo anche una parte del mio presente.» Annuii, più per convincere me stessa che chiunque ci fosse intorno. «Non è vero che non conosco Justin. Lo conosco, e conosco anche Pattie. Noi eravamo... amici, diverso tempo fa.»
«E cos'è successo?» chiese, con la stessa espressione che avevo qualche minuto prima io. Come se avesse recepito troppe informazioni in una volta e dovesse scegliere quale domanda porre per prima fra le tante che aveva nella testa.
«Ecco, diciamo che sono successe diverse cose.»
Rimase in silenzio, in attesa che continuassi. Mi avvicinai alla mia auto, poggiandomi contro il cofano e prendendo una pausa. «Io ero innamorata di lui. Ma lui mi ha ferita.»
Alzai le spalle, guardando altrove per non incrociare i suoi occhi.
«Oh, wow.» disse solamente lei. «Be', credo che per oggi possa bastare.»
Riabbassai lo sguardo sui suoi occhi chiari e luccicanti, e le sorrisi, pensando che in quel momento mi avesse capito meglio di chiunque altro.
«Justin!»
Voltai immediatamente lo sguardo, trovandomi davanti la scena di Pattie che abbracciava forte suo figlio mentre lui la stringeva da dietro.
Lei continuava a sussurrargli qualcosa all'orecchio, ma lui rimase zitto tutto il tempo.
Cominciai ad analizzare i suoi numerosi ed aumentati tatuaggi sulle braccia, la maglia larga e i pantaloni dal cavallo largo, e quasi mi sentii mancare il fiato.
Mi era mancato. Dannatamente tanto.
E non sarebbe dovuto essere così.
Si diresse subito dopo da Ryan, scambiandosi un abbraccio da ragazzi e una pacca sulla spalla.
Ryan aveva un'aria molto più leggera di qualche ora prima, e ne fui contenta.
Poi i suoi occhi incrociarono per un attimo i miei, senza più staccarsi. Sapevo di avere l'attenzione di tutti su di me.
Sembrò una follia, ma lui stava realmente camminandomi incontro, fino a che non mi fu esattamente davanti.
E inaspettatamente le uniche parole che pronunciò furono: «Grazie.»
Ma io non avevo fatto nulla, e quello mi distrusse per la seconda volta in pochi giorni.
Aveva chiamato me. Perché aveva chiamato me per andare?
Ero stata la sua prima idea, o forse il primo numero sulla rubrica. La cosa di cui ero certa è che gli ero servita solo per trovare un modo per farlo uscire.
Giustamente, che senso aveva volere che io andassi? Mi ero illusa, ancora una volta.
E la cosa per la quale ero più arrabbiata era il fatto che io continuassi a cadere dentro le sue trappole, passando sopra a tutto quello che era successo.
Avevo sentito un macigno alleggerirsi dal petto quando mi aveva detto 'grazie' come se ci fosse stato un significato sotto, ma quando lo aveva ripetuto la seconda volta prima di voltarsi due secondi dopo e salire in macchina di Pattie avevo sentito quel macigno tornare e portarmi a fondo con lui.
Sospirai più o meno per la centesima volta quel giorno, e per la ventesima da quando io e Giorgia eravamo in macchina. Mi aveva guardata più o meno ogni volta che compivo il gesto, sperando che io ricambiassi lo sguardo e parlassi con lei, ma tutto ciò che ottenne furono note più alte della musica trasmessa in radio.
Ero incazzata, e delusa, e sapevo che se avessi parlato me la sarei presa con lei, e non volevo.
Quando arrivammo al bar cominciammo direttamente un altro turno di lavoro, senza fermarci un minuto neppure per parlare.
Anzi, cercai di evitare il più a lungo possibile quella parte, non incrociando mai lo sguardo di Giorgia. E funzionò alla grande fino all'ultimo turno. Saranno state le due della notte quando pensai di essere sola. La mia collega era ormai andata via, e io l'avevo salutata con un piccolo sorriso forzato prima di ritirarmi in cucina per fingere di dover sistemare delle cose.
La rabbia era sbollita, e anche da un bel po', ma adesso lei sapeva di me e Justin, e sentivo come se dovessi spiegargli qualcosa, quando avrei preferito di no. Odiavo quando le persone facevano troppe domande.
Finii di asciugare gli ultimi bicchieri di vetro per riporli nel ripiano più alto della mensola per i liquori, quando sentii un rumore distrarmi dal lavoro.
«E' chiuso!» annunciai senza neppure alzare lo sguardo da ciò che stavo facendo.
«Mani in alto, questa è una rapina!» scherzò una voce che conoscevo fin troppo bene.
«Justin.» constatai, rimanendo immobilizzata sul posto.
Cosa diavolo ci faceva lì? E come mi aveva trovata?
Alzò le braccia, come a dire "Sono proprio io" senza trovare le parole.
«Cosa ci fai qui? E chi ti ha dato l'indirizzo?»
«Ciao anche a te.» disse con tono sarcastico.
«Perché dovrei salutarti?» chiesi retoricamente, riprendendo il lavoro che stavo svolgendo. «Comunque, io non ho fatto niente. E' stato tutto merito di Ryan.» precisai, sentendo la voce morirmi in gola. «Per la questione di oggi.» Il mio tono era freddo e distaccato, e mi sforzai di mantenerlo così per tutta la conversazione.
Non poteva pretendere di tornare e sistemare le cose con un battito di mani. Si avvicinò alla mia figura, sedendosi su uno sgabello e prestandomi attenzione.
«Lo so, ma sei rimasta.»
Quelle parole mi colsero alla sprovvista.
Sì, ero rimasta... perché?
«Solo perché me lo ha chiesto- Justin, sei ubriaco?» chiesi, già conoscendo la risposta.
«Forse sì, o forse no.» rise, poco sobriamente. «So che te l'ha chiesto Ryan di rimanere, ma tu l'hai fatto di tua volontà.»
Scese dallo sgabello, cominciando ad assumere tono serio. «Perché non vuoi ammetterlo? Quando Ryan mi ha detto che tu eri ancora lì, eri ancora nel parcheggio ad aspettarmi...» Gesticolò con le mani nel buio, cercando le parole per dire... cosa? Come si era sentito? Lui faceva sempre così: quando eravamo sul punto di scoprire le carte in tavola si tirava indietro, ed io ero stanca di tutto quello.
«Justin»
«Se quello non è bastato per farti capire che-»
«Cosa? Cosa vuoi che ti dica, Justin? Che mi manchi? Che ci tengo a te?» Lasciai cadere pesantemente il panno e il bicchiere che avevo fra le mani sul bancone, guardandolo negli occhi. «E' ovvio che è così! E sai qual è la parte peggiore? Che vorrei dimenticarti, e dimenticare quello che mi hai fatto. Vorrei poter pensare a te come ad un brutto periodo della mia vita come realmente è stato»
«Sam»
«Vorrei potermi svegliare la mattina senza dover avere il pensiero di quello che può succedere, perché tu riesci, in un modo o in un altro, a rovinare sempre tutto!» inveii contro di lui, avvicinandomi anche io e lasciando uscire tutto quello che mi ero imposta di tenere per me.
«Sono felice, finalmente. Ho un ragazzo che mi ama seriamente, una mia vita dove la sofferenza non c'è, ma quando arrivi tu sembra azzerarsi ogni cosa e devo fare tutto da capo!»
Il mio respiro era affannato e il battito accelerato. Avevo il viso in fiamme e l'indice puntato verso di lui, che come al solito se ne stava lì fermo e impassibile. E quello mi dava fastidio più di tutto.
Non reagiva, non gli importava! Pensava di poter tornare e sistemare le cose con due frasi, senza lottare!
Cazzo! Avrei fatto di tutto per lui sei mesi prima, avrei lottato se ci fossimo trovati in quella situazione all'inverso!
«Ma devo riuscire a convivere col fatto che tu sarai sempre nella mia mente.
Perché anche io ti amavo, Justin.»
A/N
BOOM!
Ve lo aspettavate? Io non credo. Era ore che glielo dicesse, e non avete idea di ciò che accadrà.
Scusate per il ritardo, ma ho avuto poco tempo nelle ultime settimane, e non sto qui ad annoiarvi con i dettagli della mia futile vita.
Anyway, spero vi sia piaciuto il capitolo. Vi consiglio davvero di ascoltare questa canzone, è meravigliosa; come tutte quelle che vi linko, dopotutto.
Be', non so che altro dire se non ringraviarzi davvero davvero davvero tanto per tutte le belle cose che mi dite. Mio dio, è tutto grazie a voi. Vi amo.
xxxxxxxx

Insanity. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora