Le macchine erano poste in file disordinate contro il muro, in modo da nascondere la visuale agli occhi indiscreti.
E con tutta l'agitazione che avevo in corpo, speravo avrebbero nascosto bene.
Gli unici due lampioni che c'erano si erano probabilmente fulminati, fusi, o forse qualcuno li aveva distrutti per puro divertimento. In ogni caso, in quel posto, il buio ti penetrava dentro le ossa.
In fondo al lungo spiazzo c'era un piccolo capanno, una rimessa, con la vecchia porta leggera di legno ormai distrutta e accantonata da una parte, e l'odore di erba che non sarebbe venuto via nemmeno con l'abbattimento della piccola dimora.
Camminavo come al mio solito con la testa bassa, non per vergogna o insicurezza 'stavolta, ma per il mio solito vizio di guardare i miei piedi mentre si muovevano contro l'asfalto.
Lasciavo raschiare la suola degli stivali contro il cemento per distrarmi dai pensieri che girovagavano liberi per la mia mente, e a cui avrei tanto voluto mettere un freno.
Cercavo di non pensare a quello che aveva detto Giorgia qualche ora prima, sul fatto che quella sera alla rimessa ci sarebbe stato anche il suo amico, Ryan, e probabilmente quel tipo strano, Justin.
E su una cosa aveva ragione: Justin era strano. Lo era stato quella sera alla discoteca: nel comportamento, nelle parole, nello sguardo.
Ma era supposto che a me non ne sarebbe dovuto importare, invece non facevo altro che pensare al perché fosse in Alabama, e a cosa sarebbe successo quando l'avessi visto per la seconda volta.
Avevo cercato per un pomeriggio intero una scusa per non andare, ma alla fine me ne ero fregata, e d'impulso avevo preso ed ero uscita per dirigermi verso casa di Cam.
E così eccomi qui, a camminare al buio, spalla a spalla con il mio ragazzo –era ancora strano chiamarlo così, soprattutto in procinto di rivedere la persona di cui ero stata innamorata fino a poco prima–, cercando una qualunque distrazione nel cielo, nel buio, nel riflesso del mio volto sul vetro di un'auto.
Il vento era aggressivo, quella sera, e aveva distrutto i miei capelli, lasciando sul mio capo una semplice massa di ricci ondulati e flebili.
Gli alberi ballavano emettendo fruscii che non facevano altro che lasciarmi una lunga scia di brividi su tutto il corpo.
«Va tutto bene?» chiese il ragazzo accanto a me. Aveva tenuto per tutto il tragitto le mani in tasca, come se già sapesse che Justin sarebbe stato lì, e sperai non fosse così. Justin e Cam erano come due comete in collisione. Li avevo visti tante di quelle volte litigare fuori dalla clinica o per i corridoi quando comunicavano loro che solo uno sarebbe potuto entrare, o quando chiedevo a Cam di dissuaderlo dal venire. Non avrei mai voluto coinvolgerlo in quella strana situazione fra me e Justin, ma le cose erano sfociate in qualcosa di più profondo, qualcosa di cui non ero a conoscenza.
Alla fine anche io e Justin eravamo due comete in collisione, o meglio, già collise e distrutte fra di loro. E lo eravamo sempre stati. E questo ci rendeva speciali. Forse troppo per poter avere un legame.
E io odiavo quella consapevolezza.
Tirai un sospiro. «Sì, certo» confermai, sorridendogli appena ma continuando a guardare davanti a me il gruppo di ragazzi di spalle che chiacchieravano.
Quando si girarono al nostro arrivo, li scrutai uno per uno, riconoscendo Ryan, Giorgia, due ragazzi che non conoscevo e Justin.
Mi mossi per prima, dirigendomi verso Giorgia.
Quest'ultima mi fece l'occhiolino, portandomi dentro la rimessa.
Io mi guardai indietro un'ultima volta, cercando di catturare ancora quegli occhi che ardevano dentro i miei.
C'era bastato un secondo, un secondo solo, per lasciar ribaltare tutto dentro di noi.
Ma tutto ciò che vidi furono le sue spalle, ancora curve verso gli altri, come se fosse angosciato per qualcosa. A ricoprire il suo petto c'era una semplice maglietta grigia a maniche lunghe che gli fasciava strettamente le braccia. Quest'ultime terminavano nelle tasche dei pantaloni, neri e dal cavallo largo.
Il suo solito stile, al contrario dei capelli che erano confusi sul capo.
Non ebbi il tempo di pensare al fatto che Cam non gli aveva neppure rivolto l'attenzione, che Giorgia mi strattonò per un braccio, esibendo sotto ai miei occhi una busta per la spesa piena di piccoli sacchetti trasparenti, contenenti cocaina.
Ne presi uno e sorrisi compiaciuta per quanta roba avessimo da vendere.
«Che ne dici, eh?» mi sorrise di rimando Giorgia, come se mi stesse mostrando una tinta per capelli di buona marca.
«Non vedo l'ora.» esordii, riponendo la bustina nel sacco e lasciandomi prendere sotto braccio. Quando raggiungemmo i ragazzi, due paia d'occhi si posarono su di me.
«Lei è Sam. Sam, loro sono Trevor e Ricky, fattoni di prima categoria.» li presentò come se ne fosse fiera. Sorrisi ad entrambi.
«Be', penso ti ricorderai di Ryan e Justin» irruppe nei miei pensieri la voce squillante di Giorgia, portando la mia attenzione a spostarsi sulle due figure dietro di me.
«Uhm, sì, mi ricordo di loro.» sorrisi fintamente, cercando di lasciare i convenevoli per un'altra volta e concentrandomi solo sul da fare di quella sera.
Non avrei avuto nulla a che fare con Justin, dovevo solo vendere un po' di roba e poi non lo avrei più rivisto.
«Adesso penso che sia meglio andare.» incitò Cam incamminandosi fuori dalla lunga copertura di auto.
Trevor, un ragazzo biondo e con un cappello a fasciargli la testa, aveva uno zaino in spalla in cui aveva appena riposto la busta.
Affiancai Cam, collocando le mani nelle tasche del giacchetto da uomo che stavo indossando e ricominciando a calciare l'asfalto.
«Allora, Ricky per questa volta ci darà alcune bustine di roba da vendere e terrete i vostri profitti per voi.» spiegò Giorgia, che sembrava essere l'unica interessata a mantenere vivo quel gruppo di persone. «E' mezzanotte adesso, abbiamo due ore, ci vediamo qui fuori per le due.»
Lasciò una pacca sulla spalla di Trevor e Ryan, prese diverse bustine e le infilò nelle tasche del giacchetto, dopodiché entrò nel locale.
Non sembrava che nessuno stesse facendo caso a noi, e probabilmente lo avevano scelto proprio perché erano consapevoli che molta gente avrebbe comprato ciò che avevamo da dare loro.
Presero tutti delle bustine, e alla fine ne afferrai diverse anche io e le infilai nelle tasche della giacca, lasciandoci le mani dentro.
«Allora, pronta?» chiese Cam, facendomi girare verso il suo sorriso ammiccante.
Erano rimasti fuori solo Trevor -con lo zaino in spalla-, Justin, Cam ed io, e improvvisamente mi sembrò che si fosse creato un silenzio assordante.
«Ovviamente.» puntualizzai alzando le spalle e lasciandole circondare dal suo braccio. Camminammo fino all'entrata, barcollando e ridendo, e due minuti dopo io ero nel bel mezzo della folla, da sola, mentre cercavo di capire come diamine ero arrivata a quel punto.
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Insanity.
Fanfiction«Perché di tutte le malattie, tu sei quella che mi ha fatta sentire meno malata.» ➳ Sequel di 'The Monster'. ©drunkonhemvings