1

3.2K 96 9
                                    

Presi il rossetto dalla pochette nera e lo stesi sulle labbra secche, poi andai in camera mia, indossai il maglione bordeaux e i jeans neri, misi gli stivaletti, poi la giacca, andai in cucina e trovai mia madre che trafficava ai fornelli.
«Buongiorno.»
«Ciao piccola.» Continuava a cucinare.
«Ma, tanto per sapere, che staresti facendo?»
«I pancake, sembrano buoni. Prendine uno, ce ne sono due sul piatto.»
Mi mossi verso di lei, presi il pancake tiepido con due dita e lo assaggiai.
«Mh, buono.» Dissi masticando, poi continuai. «Perché li hai fatti?»
«È il tuo primo giorno da universitaria, pensavo di farti una sorpresa.» Sorrise e l'abbracciai. «Grazie,» guardai l'orologio ed erano già le otto, «mamma devo andare, mi perdo la prima lezione.»
La salutai, presi un altro pancake, afferrai la borsa che pendeva dalla sedia e corsi via.

Quel mattino nuvoloso sembrava che tutto funzionasse (o meglio, non funzionasse) per farmi tardare.
«Merda!» La macchina aveva deciso di non partire, provai a mettere in moto, una, due, tre, quattro, cinque volte... ma niente.
Lo sciopero dei mezzi era iniziato il giorno prima e non avevo modo di raggiungere la sede su delle ruote.

Il mondo mi odiava.

Ebbi la magnifica idea di farmela a piedi.
Scesi dall'auto, la chiusi con la chiave e iniziai a camminare.
I miei capelli si muovevano grazie al tiepido vento autunnale di quel giorno.
La lezione sarebbe iniziata un'ora dopo ed io distavo qualche chilometro dalla sede di lingue. Mi maledissi mentalmente più volte e dopo una mezz'ora i piedi cominciarono a farmi male e la voglia di andare alla prima lezione, lentamente, iniziava a scomparire.

«Non ne posso più.» Dissi sottovoce e contemporaneamente cominciarono a scendere delle gocce dal cielo, poi un tuono, e poi, il cielo iniziò a gettare secchiate d'acqua su di me.

-No.-

Presi in fretta l'ombrello dalla borsa e mi fermai.
Avevo freddo, ero bagnata e mi facevano male le caviglie. Mi misi sul ciglio della strada e sollevai un pollice alla disperata ricerca di un possibile santo che avrebbe potuto o meglio, voluto, darmi un passaggio.
Otto macchine mi superarono l'una dopo l'altra, quando avevo ormai quasi perso le speranze, una 500 nera si fermò di fronte a me, il finestrino del lato passeggero si abbassò lentamente.
«Hai bisogno di un passaggio?» Una voce maschile.
«Direi di sì, per la sede di lingue.»
«Okay, mi viene di strada, entra.»
Il ragazzo allungò il braccio e aprì lo sportello, io agitai un po' l'ombrello ed entrai in auto.

«Piacere, Sam.» Gli tesi la mano, e lui la strinse sorridendo.
«Leonardo. Allora Sam, ti porto a lingue?»
«Sì, sì, grazie mille.»
I nostri sguardi si incrociarono per un secondo, il ragazzo aveva gli occhi di un verde intenso, leggermente tendenti al basso, i capelli molto scuri e le orecchie un po' a sventola. Gli sorrisi e lui ricambiò. Rimanemmo per qualche secondo in silenzio a guardarci l'un l'altra e poi lui spostò lo sguardo sulla strada continuando a sorridere.
«Di nulla, andiamo.»
Rimise in moto e ci iniziammo a muovere verso l'università.
Alcuni minuti dopo, a mio malgrado, arrivammo.

«Grazie mille, mi hai salvata.»
«Di nulla,» sorrise di nuovo, con quello splendido sorriso che gli provocava delle fossette meravigliose ai lati della bocca, «ti serve un passaggio anche per il ritorno?»
«Dici davvero?»
«Certo, a che ora finisci?»
«Per le dodici.»
«Okay, mi faccio trovare qui.»
«Grazie, grazie davvero.»
«E di che? Ora devo andare scusa,» scesi dall'auto, «ci vediamo dopo, ciao.»
«Sì, c-ciao.»

La macchina partì ed io rimasi immobile di fronte all'edificio.
Alle 9:10 entrai, lingue e letterature moderne.
Mi sedetti accanto ad un ragazzo un po' in carne, capelli corti, neri e lo sguardo perso nel vuoto.
«Bene ragazzi,» la voce del professore tuonò dal fondo dell'aula, «iniziamo con le presentazioni.»

N.A.
È la mia prima fan fiction, siate clementi, vi prego.

At first sight. || Leonardo DecarliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora