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N.A.
La canzone che vedete qui sopra è quella che vedo meglio per questo capitolo, soprattutto dal momento in cui entrano nel bar, ascoltatela se vi va.
Buona lettura.

P.s. Sono alquanto sconvolta perché Wikipedia mi ha appena spiegato che asciugacapelli, si dice Fon e non Phon.
Piango.

«Sì, stasera.»
«E mi hai fatto muovere da casa perché non sai cosa metterti.»
«Vedo che hai afferrato il concetto.»
«E va bene.»
Lorenzo si buttò sul letto e io iniziai a spogliarmi, presi quattro vestiti e li provai uno dopo l'altro. Ma trovava un difetto in ognuno:
-«Giallo? Mi prendi in giro? No.»
-«Gonna a palloncino... Ad un aperitivo?»
-«Ascoltami, questo con quel fiore che sembra un pene non lo metti.»
-«Questo non lo commento.»

Il telefono trillò dal comodino.
"Leonardo: Ti piace il Colors? Avevo pensato di andare lì"
"Sì, perfetto<3"

Feci leggere il messaggio a Lorenzo.
«Il ragazzo ha buon gusto, è un posto elegante e molto carino. Mi ci ha portato solo un ragazzo, e dico, adesso stiamo insieme da otto mesi, quindi... Spero ti porti fortuna.» Sorrise ed io con lui.

Lorenzo non aveva mai avuto problemi con la sua omosessualità, si era sempre accettato per quello che era, un simpatico gay-nerd-modaiolo, adorava i videogame spara-tutto e di guerra, ma al tempo stesso amava leggere Vogue ogni sera e informarsi sulle ultime tendenze.
Era fidanzato da otto mesi con un ragazzo del nostro vecchio liceo, Mirko, in fondo si erano sempre voluti, ma Mirko era il tipo popolare e non poteva di certo essere gay, si erano scambiati così tante occhiate in corridoio quei due...
Era il miglior amico che tutte desideravano ma solo io avevo la fortuna di avere, mi è sempre stato vicino, anche quando i miei si separarono, era lì, accanto a me, sempre, nella gioia e nel dolore.

«Che devo mettermi?»
«Qualcosa di elegante, tipo il vestito che ti ho regalato?»
«Quale? Me ne hai regalati un centinaio.»
«Quello nero con lo scollo a barca, le maniche a tre quarti e la gonna fino al ginocchio a mezza campana.»
«Ah, sei così gay Lore.» Ci mettemmo a ridere, poi io presi il vestito dall'armadio.

Sapevo cosa mettermi, come truccarmi, avevo a disposizione Lorenzo che mi avrebbe persino fatto la messa in piega, ma ero terrorizzata.
«Se sbagliassi qualcosa?»
«Cosa?»
«Non lo so, sei tu quello che ha avuto un casino di appuntamenti...»
«Non tirare fuori il mio passato da puttaniere.» Rise. «Andrà tutto bene, non devi preoccuparti di nulla, sei una persona meravigliosa, ti basterà essere te stessa.»

Mi lanciai su di lui e lo stritolai in un abbraccio che lui ricambiò subito.
«Ti voglio bene.»
«Piccola, te ne voglio anch'io.»

Alle sei cominciai a prepararmi, mentre io mi truccavo cercando di rendermi più "lucente" possibile, Lorenzo mi sistemava i capelli con spazzola e fon.
Indossai il vestito, le décolleté lucide e il braccialetto d'argento che mi aveva regalato mia madre per il mio quindicesimo compleanno.

Alle otto il telefono squillò.
«Sono giù, ti aspetto.»

«Fammi gli auguri.»
«In bocca al lupo.»

Salutai Lorenzo e mia madre ed uscii, appena di fronte al portone trovai Leonardo ad aspettarmi: giacca nera fit e pantalone coordinato, t-shirt bordeaux e scarpe bianche.
Era così dannatamente bello.

«Sei meravigliosa.» Si fece sfuggire un complimento appena mi vide ed arrossì un secondo dopo ed io con lui.
«Grazie.»
«Vieni.» Mi prese a braccetto e mi accompagnò alla sua auto, il tragitto silenzioso mi mise una quantità incredibile di ansia.

Quando arrivammo al locale prendemmo posto in un angolo appartato, ordinammo e appena il cameriere servì l'aperitivo iniziammo a fissarci sorridendo, non sapevo che dire, ero ammaliata dal suo sguardo e dalle sue labbra.
«Beh, come ti sembra?»
«È un bel posto.»
«Anche tu sei molto bella,» iniziò a tossire e io non potei fare a meno di ridere, «cioè... Come va a casa? Hai un coprifuoco o roba simile? Tuo padre vuole che torni verso le dieci?»
Gli sorrisi.
«Non ho un coprifuoco, e mio padre non vuole che torni alle dieci, a lui non importa poi tanto di me.»
«Scusa... ne vuoi parlare?»
Guardai il tavolo, molto simile a quello della libreria, circondato da questo divanetto che mi permetteva di stare vicina a Leonardo.
«I miei hanno divorziato quando avevo dodici anni. Mia madre scoprì che mio padre aveva un'amante da cinque anni che aveva persino messo incinta.» Sorrisi al ricordo del giorno in cui li sentii urlare in cucina per evitare di piangere. «Ehm, mio padre rinfacciava a mia madre il fatto di non essere perfetta come altre donne ogni giorno, una volta la trovai in lacrime sul suo letto. Quando lei scoprii la cosa dell'altra donna decise che quello era il limite e non avrebbe sopportato altro, chiese il divorzio. Mio padre non ha contatti con noi da quando hanno firmato le carte, lo odio,» delle minuscole lacrime iniziarono a rigare il mio viso e Leonardo mi tirò a sé per stringermi fra le sue braccia, «ma mi manca. Mi manca da morire, ricordo quando eravamo felici e mi fa male.»
Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi ricolmi di compassione, si avvicinò a me, sfiorò il mio naso col suo e adagiò le sue labbra morbide sulle mie, mi prese il viso fra le mani e le nostre lingue iniziarono a danzare abbracciate l'una all'altra.
Un formicolio partì dalla schiena fino ad arrivare in mezzo alle gambe, le strinsi sperando che quel desiderio sparisse, ma servì a poco.

Uscimmo dal locale e iniziammo a camminare mano nella mano sotto i raggi splendenti della luna, camminavamo in silenzio, mentre le nostre dita si incrociavano le une alle altre e i nostri sguardi si fondevano.

At first sight. || Leonardo DecarliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora