CAPITOLO XXVII.

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Riaquisisco pian piano il controllo sul mio corpo.

Sono consapevole di essere sveglia da qualche minuto, ma solo ora inizio a riuscire a muovere le dita.

Le mie orecchie tornano a sentire e riesco ad aprire gli occhi.

Cosa inutile, dato che sono al buio.

Aguzzo l'udito, cercando di captare dei rumori attorno a me, ma non avverto niente: mi sa che sono sola.

Provo a muovere un braccio, per capire dove mi trovo, ma la mia mano sbatte contro qualcosa: sembra un'asse di legno.

Cercando di fare attenzione, seguo la linea dell'asse e scopro che mi circonda.

Alzo leggermente le braccia: è anche sopra.

Spalanco gli occhi rendendomene improvvisamente conto: sono in una bara.

Muovo anche le gambe, confermando così la mia teoria: sono bloccata qui dentro.

Cerco di rimanere calma: agitarmi mi fará solo sprecare ossigeno.

Mi sembra di sentire degli spifferi d'aria, per cui la cassa dev'essere leggermente bucata per impedirmi di morire soffocata, ma meglio comunque non rischiare.

Devo concentrarmi su come uscire di qui.

Appoggio le mani sul coperchio sopra di me e lo spingo con forza, ma non accenna a muoversi.

Dev'essere bloccata da qualcosa.

Per un attimo temo di essere sottoterra, ma non ne sento l'odore, per cui escludo questa possibilità.

La via migliore è spaccare i lati della cassa, oppure servirmi di uno dei buchi per uscirci.

Mi concentro, cercando di trasformarmi in una coccinella, ma sento un dolore atroce in tutto il corpo e sono costretta a fermarmi.

In particolare, la fitta sembra partire dal collo.

Per quanto la cassa me lo permetta, mi porto la mano sul punto dolorante: se non sbaglio, qui è dove mi ha morso quella farfalla.

La farfalla che, per tutti questi anni, ha tenuto d'occhio la mia malattia per conto dell'uomo che stava fingendo di curarmi mentre in realtà mi sottraeva la vita.

In effetti, mi sento piuttosto stanca; probabilmente il suo quirk sta agendo anche adesso.

Per quanto ci provi, non riesco a trasformarmi: assumere le sembianze di un animale non mi servirà.

Forse però, potrei riuscirci se... Diventassi l'animale.

È pericoloso, ne sono consapevole: anche se ci riuscissi, non so se potrei tornare umana.

Però, quando ho provato a trasformarmi completamente l'ultima volta, la malattia per un attimo si era arrestata.

Quindi forse potrei farcela.

E sicuramente, preferisco vivere come coccinella per il resto della mia vita, piuttosto che continuare a fare da rifornimento vitale per un assassino.

Ha ucciso sua madre. Ha ucciso una donna innocente.

E se non lo fermo, ucciderà anche me, Tamaki e Kirishima.

Non gli permetterò di farlo, è una promessa: io li salverò.

Con questo pensiero in mente, chiudo gli occhi.

Provo ad immaginare il mondo diventare più grande rispetto a me: penso di avere un paio d'ali sulla schiena che mi permettono di volare libere in cielo, penso di potermi posare sui fiori senza paura di spezzarli, penso di poter vivere a contatto con la natura.

TAMAKIXREADER-LA MIA RAGIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora