<< All I did was try my best | This the kinda thanks I get? | Unrelentlessly upset | They say these are the golden years | But I wish I could disappear | Ego crush is so severe | God, it's brutal out here. >>
Quando mi svegliai la mattina dopo decisi che quello non sarebbe stato un giorno da vestito nero, beige, o tutti quei colori che uccidono la voglia di vivere anche ai bambini che ti vedono passare al parco: tolsi dall'armadio un bel completo rosso, la mia YSL nera e andai a lavoro con il sorriso stampato in faccia, pronta a dare la notizia a Maeve e Lou. In verità non era ancora successo niente di emozionante, ma se glielo avessi tenuto nascosto mi avrebbero uccisa. Letteralmente.
Il taxi parcheggiò accanto all'edificio vetrato sulla 5th Avenue, sopra il quale la grande insegna recitava "Moore Design and Architecture"; all'interno era pieno di ampi spazi arredati con uno stile minimalista e articolati tra sale meeting, uffici e varie aree relax, di cui c'era un gran bisogno in alcuni momenti critici.
Mi recai al settimo dei 12 piani e a passo spedito verso l'ufficio che condividevo con i miei amici e qualche altro collega, quando passando accanto alla sala riunioni notai tutto il personale radunato attorno al grande tavolo al centro della stanza.
Merda - pensai - si prospetta una giornata diversa da quella che speravo.
Entrai di soppiatto pregando che fossero tutti troppo concentrati per accorgersi di me, fallendo miseramente:
<< Ben arrivata, stavamo appunto discutendo del vostro cantiere; c'è un problema, e anche bello grosso. >> disse John rivolgendosi a me e facendo voltare tutti nella mia direzione.
John Moore, architetto a capo dell'azienda nonché cotta ufficiale di Maeve. Come biasimarla: era un uomo di bell'aspetto, 38 anni, capelli neri, occhi azzurri e muscoli che i suoi vestiti a malapena riuscivano a contenere; come facesse a trovare tempo per la palestra nessuno lo sapeva, dato che l'impresa era in continua espansione e lui aveva messo in chiaro che sarebbe rimasto personalmente a controllare tutto ciò che succedeva al suo interno, invece di delegare il lavoro a qualcuno e starsene in costume su un'isola delle Baleari come chiunque altro avrebbe fatto.
Il cantiere di cui stava parlando non era di mia diretta competenza, ma ci stavo lavorando insieme a Maeve, Lou e Darlene, la direttrice responsabile.
<< Che succede? >> chiesi flebilmente io, imbarazzata per il ritardo e tutti gli occhi puntati addosso.
<< I pezzi d'acciaio che dovevano arrivare stamani non verranno consegnati perché la ditta è "occupata con un altro lavoro urgente", come mi hanno comunicato poco fa. A me non interessa un emerito cazzo dei loro problemi, il nostro lavoro deve andare avanti perciò esigo che qualcuno di voi trovi un rimpiazzo entro stasera, o i ritardi si accumuleranno. Non ci pagano per perdere tempo. >> affermò.
Poche volte lo avevo sentito così arrabbiato, e di solito aveva sempre ragione. Normalmente era una persona tranquilla e molto socievole, cercava sempre di far sentire tutti a proprio agio, cosa che di rado ci si aspetta da un capo.
<< Faremo tutto il possibile. >> disse Maeve, con gli occhi a cuoricino e un sorriso ebete stampato in faccia.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di dire a John come si sentiva, e lui non si era mai accorto di nulla - ovviamente - ma confidavo che prima o poi sarei riuscita a farla confessare.
<< Ne sono certo. >> rispose lui, guardandola con aria dolce.
La riunione si concluse e John salutò uscendo dalla porta per dirigersi nel suo ufficio, la stessa cosa fecero tutti gli altri; io e i miei compagni di malefatte fummo gli ultimi, in modo da rimanere soli e poter parlare senza essere ascoltati.
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LOVERS BY THE WINDOW • Chris Evans fanfiction
FanfictionElizabeth si è laureata in architettura a New York e adesso lavora in uno studio insieme ai suoi due migliori amici; vive in uno di due condomini gemelli a Manhattan, e quando un giorno si accorge che l'appartamento di fronte al suo non è disabitato...