<< Ti fermo alle luci al tramonto | E ti guardo negli occhi e ti vedo morire | Ti fermo all'inferno | E mi perdo perché non ti lasci salvare da me | Nego i ricordi peggiori, richiamo i migliori pensieri | Vorrei ricordassi tra i drammi più brutti | Che il sole esiste per tutti >>
Erano passate due settimane.
Due settimane in cui mi ero chiusa in me stessa, non avevo fatto altro che lavorare, tornare a casa, mangiare (poco), piangere e dormire, in loop. Sopravvivere, in pratica. Non riuscivo a convincermi di essere degna di lui, un uomo gentile, altruista e intelligente, ne del suo amore; tutto ciò che meritavo nella mia mente era ciò che è stato, ciò che mi ha fatto del male più di ogni dolore fisico avessi mai provato.
Avrei voluto reagire, ma non avevo la forza fisica o mentale per farlo. Avrei voluto bussare alla sua porta e dire 'non sono scappata perché non volevo che mi baciassi, sono solo terrorizzata di amare di nuovo'.
Terrorizzata di amare. Che cosa stupida, è impossibile aver paura di un sentimento così bello, così puro. Eppure era vero, avevo paura che se mi fossi avvicinata troppo avrei finito per fare del male ad Aaron, e non me lo sarei mai perdonato; in un certo senso l'avevo già fatto negandogli quel bacio, ma meglio ferirlo adesso che non c'è niente di concreto tra noi; gli passerà presto, mi dissi.
Ero rannicchiata sul divano con la televisione accesa in sottofondo quando il telefono squillò: era Maeve. Lei e Louis mi erano stati accanto cercando di tirarmi su di morale, e dopo aver sfoggiato qualche sorriso palesemente finto pur di farli smettere si erano rassegnati; mi sentivo una merda anche per questo, solo che non volevo si preoccupassero. Non c'era niente per cui esserlo.
<< Ei. >> risposi al telefono.
<< Tesoro, come stai? >> disse lei, con voce turbata.
<< Tutto a posto, stavo per andare a dormire. >> mentii.
<< Se ti va, noi domani andiamo a fare un giro in centro. Non voglio metterti pressione, vieni solo se ne hai voglia, ci troviamo sotto casa mia alle 20. >> disse.
Sapeva che se fossi stata veramente bene non avrei mai rinunciato ad un'uscita con loro.
<< Ci penserò su, ti ringrazio Maeve. E non preoccuparti per me. >> le risposi, sperando di rassicurarla.
<< Sai bene che non è possibile. Se tu ti vedessi da fuori capiresti come mai sono in ansia. >> ribattè.
<< Capisco, ma passerà con un po' di riposo, te lo giuro. >> continuai io.
<< Lo spero Eli, o sarò costretta a portarti fuori di casa anche se sei struccata e in pigiama. E sai che non scherzo su queste cose! >> disse facendomi sorridere.
<< Adesso si che ho paura. >> le risposi, facendole uscire una risata che svanì subito dopo.
<< Buonanotte, e grazie. >> dissi, e attaccai il telefono.
Erano le dieci di sera e la fame iniziava a farsi sentire, soprattutto perché non mangiavo da almeno otto ore, così decisi di ordinare una pizza da asporto che dissero sarebbe arrivata entro mezz'ora. Passati 15 minuti circa il campanello suonò, presi il portafoglio e mi avvicinai alla porta d'ingresso per ritirare la cena e pagare il fattorino; aprii senza guardare chi fosse mentre estraevo una banconota da 20 dollari, e non appena alzai lo sguardo il cuore mi saltò in gola.
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LOVERS BY THE WINDOW • Chris Evans fanfiction
FanfictionElizabeth si è laureata in architettura a New York e adesso lavora in uno studio insieme ai suoi due migliori amici; vive in uno di due condomini gemelli a Manhattan, e quando un giorno si accorge che l'appartamento di fronte al suo non è disabitato...