Capitolo 6

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POV AMANDA

Fortunatamente avevo trovato Galahad e mi aveva salvata portandomi con lui al banchetto.
Odiavo quei ricevimenti, tutti che ti guardavano male per le tue origini, tranne ovviamente i padroni di casa e i loro cavalieri che erano abituati alla mia presenza.

14 anni prima, avevo solo 5 anni quando c'era stato un conflitto tra due accampamenti druidi e le voci erano arrivate al castello.
Purtroppo Ser Lancillotto e i suoi uomini erano arrivati troppo tardi ed era tutto esploso.
I superstiti erano fuggiti per non esser catturati ed io mi persi nella confusione.
Mi trovò Ser Lancillotto che mi salvò portandomi al castello come sua protetta e sono cresciuta con Galahad e Xavier che era figlio di un amico, di un'altro Regno, di Sua Maestà Re Artù.
Eravamo come fratelli ma nessuno, apparte Merlino, sapeva che praticavo la magia, di nascoso.
Merlino non mi aveva mai smascherata e questo lo apprezzavo.
Non avrei mai voluto tener nascosto alla mia "famiglia" il mio dono ma non potevo rischiare tutto.

Quando mi sedetti vicino a Galahad e altri cavalieri mi sentì a casa mia. Tra la gente che combatteva per proteggere i più deboli.
Era così bello vederli ridere e giocare come dei bambini mentre si prendevano in giro, parlavano di donne, come se io non fossi lì, e bevevano.

-Me la sono sbattuta così...- cominciò Galvano.

-Ehi ehi, calmi, c'è una signora- gli ricordò Galahad ridendo.

-È stata così tanto tempo con noi che non penso si scandalizzi- fece segno di spostare una mosca con la mano.

-Eh si, conosciamo così bene tutti le abitudini di Galvano. Sicuramente la sua amata fidanzata non sarebbe affatto sorpresa se glielo dicessi, vero?- dissi malefica.

-Ti ricordo che sono io che ti salvo il deretano ogni volta che combini qualche pasticcio o scompari senza avvisare. Potrei sempre dire a Merlino che la sua amata assistente tre lune fa era scomparsa per i boschi- sogghignò.

-E io potrei dire che in realtà ero con te e passaresti comunque tu i guai- alzai le spalle e notai che tutti gli altri ridevano mentre vidi lo sguardo di Syon posarsi su di me e sorridere.

Syon era uno dei cavalieri più giovani.
Era qui da circa cinque anni, inizialmente come apprendista per imparare l'arte della spada dal mastro di lame di corte, per poi divenire un vero e proprio cavaliere grazie ai meriti conseguiti.
Varie imprese portate a termine con onore.
Non era di famiglia nobile, ma era proprio un bell'uomo.

Tra me e lui era tutto così confuso ma da qualche mese la nostra amicizia aveva preso una svolta e sembrava volermi corteggiare.
Ci eravamo baciati qualche volta ma non sapevo ancora cosa ci fosse tra di noi.
Per me era sempre e solo stato un grande amico.

Distolsi l'attenzione da Syon quando sentii la risata calda di Galahad.
Probabilmente se ne accorsero tutti del mio rossore perchè le risate aumentarono.

-Lasciatela stare- disse Syon sorridendo a mò di mio paladino.

-Io ho da fare- si allontanò dal tavolo velocemente Galahad.

-Ti accompagno?- gli chiesi ma lui era già andato via.
Mi ricordai che avevo lasciato sola Lidia cosí la cercai con lo sguardo nella confusione ma quando la vidi era già di fretta.
Stava andando via verso la sua stanza.
Sarebbe stata al sicuro.

Feci per alzarmi quando -vai via?- mi chiese Syon -ti accompagno?-

-Si, grazie- gli sorrisi.
-Buonanotte, miei signori- feci un inchino ironico ai "signori".

-Dove andiamo?- gli domandai raggiungendolo.

-A fare un giro- rispose e mi prese la mano.
Arrivammo nel giardino e ci buttammo sull'erba per guardare le stelle.
Erano da quando ci conosciamo che andavamo nel giardino per passeggiare, ogni volta era per prendere coraggio e raccontarmi qualcosa di importante come la sua prima volta, una sua cotta, il suo primo scontro ufficiale o le punizioni che gli venivano inflitte. Cose che quando combini tanti guai accadono spesso.

Dopo circa un'oretta a guardare le stelle mi decisi, per affrettare i tempi, e gli chiesi
-tutto bene? Devi dirmi qualcosa?-

-In realtà si- disse senza smettere di osservare il cielo così mi appoggiai su un gomito per guardarlo negli occhi.

-Mmm..?- cercai di spronarlo.

-Penso di essermi innamorato- cominciò e sentii un vuoto al cuore. Non mi era mai capitato. Probabilmente ero solo gelosa perchè non sarebbe stato più solo mio.
Non era "mio" ma sembrava esser preso da me, o così pensavo. Ed era la mia prima storia dopo la rottura con Johan.

-Perchè lo pensi?- chiesi quasi senza voce.
Cosa? Perchè la voce mi tradiva.

-Perchè non faccio altro che pensare a lei, mi sveglio e mi dico "ah, un'altra giornata sotto i comandi del mio signore", cioè, il nostro Re è un ottimo regnante ma avvolte è cosí nervoso e apprensivo, poi sento la sua voce e il sole sembra più luminoso, l'aria quando è con me è meno asfissiante, i suoi occhi mi incantano e quando parla con qualcuno vorrei rapirla e dire al mondo che è solo mia, che solo io posso toccarla ma poi ricordo che lei non mi vede come vorrei- spiegò senza guardarmi.

-Perchè non provi a parlarle?- chiesi prendendogli il mento per costringerlo a guardarmi.

-Perchè ho paura dei suoi occhi- rispose sbattendo le palpebre, come se si fosse appena accorto che si stava confidando con me.

-Se la ami dovrai rischiare- dissi con voce roca e lui mi baciò.

Inizialmente non risposi perchè ero troppo sorpresa.
Me? Non può essere che ami me. Ci conoscevamo da anni e non si era mai mostrato particolarmente entusiasta di passare il tempo con me.
Ma il suo bacio mi sciolse, ricambiai e mi strinse nelle sue braccia.

Lo baciai ma non sapevo cosa stavo facendo.
Lo facevo perché l'amavo?
No, non pensavo di amarlo. Era mio amico e ne ero gelosa, particolarmente perché si era mostrato particolarmente propenso nei miei confronti e lo vedevo come un'ultima opzione, come alternativa alla mia solitudine ma amarlo? No. Non lo amavo.

Mi allontanai dalle sue braccia e misi distanza tra di noi.

-Scusa, devo pensarci. Mi hai presa alla sprovvista e... ed è così presto. Scusa- dissi prima di correre via.
Correre verso la mia stanza.

Come avrei fatto a dirgli che il suo amore non era ricambiato?
Sperai che fosse una delle sue solite esagerazioni e che non mi amasse tanto quanto raccontava.

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