Capitolo 19

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POV AMANDA

Controllai l'ultima volta la sala con i feriti che ormai stavano dormendo e aprii la porta.

-Amanda, non dovresti andare in giro con dei feriti in sala- mi richiamò Merlino che finiva di fasciare la gamba di Galvano.

La sua era stata una ferita abbastanza grave.
Aveva una lacerazione alla fibra muscolare che aveva causato l'uscita di un bel po' di sangue.
Avevamo ripulito la ferita e decidemmo che non era il caso di usare la magia.
Era una ferita abbastanza grave, avrebbe dovuto causare una cicatrice non indifferente.
Se si fosse ritrovato con la pelle immacolata sarebbero sorti dei dubbi così l'avevamo risvegliato, per sicurezza, e avevamo chiuso la ferita col fuoco.

Il suo viso già angosciato si contorse per il dolore e così decisi che un piccolo aiuto non avrebbe allarmato nessuno.
Gli diedi la mano e cercai di allontanare la sensazione di dolore.
Il dolore era molto forte quindi non riuscii ad allontanarlo del tutto, anche perchè sarebbe sembrato strano non soffrire, ma il sopportabile.

Adesso, visto che avevamo già curato tutte le ferite avevo deciso di andare a dare una controllatina nell'archivio per scoprire qualcosa su Randon.

-Non starò via troppo a lungo, ho bisogno di prendere aria, tutto questo mi angoscia- spiegai guardandomi intorno.

Fece sdraiare Galvano che ormai era svenuto e tornò a fare un giro dei lettini.

Non mi aspettavo una risposta, sapevo non me l'avrebbe data, non serviva.
Il messaggio era chiaro "non fare guai".

Appena uscii mi imbattei in Melissa, era una maschera di preoccupazione.

-Come sta?- mi chiese appena mi notò.

-Si riprenderà ma non dovresti essere qui, non ne hai il permesso. Ti farei entrare, lo sai, ma si è appena addormentato, sarebbe inutile- cercai di spiegarle.

-Non importa, voglio solo vederlo.
Devo sapere che sta bene- disse nascondendo le lacrime con un fazzoletto nel momento stesso che cadevano.

-Merlino di arrabbierà- l'avvisai.

-Amanda- mi pregò con lo sguardo.

-Fa subito e spera che non ti veda Merlino- ricevetti da lei solo un leggero assenso con la testa prima che entrasse.

"Oggi sono tutti di poche parole, eh".

Quando arrivai in archivio impiegai una buona mezz'ora a provar a convincere il custode a farmi entrare.

-Amanda, non ne hai l'autorità.
Non puoi entrare- disse per l'ennesima volta.

-Lutio, non ci metterò molto, mi serve un documento importante. Non lo porterò nemmeno via, lo guardo e vado- provai di nuovo.

-Il problema non è che non puoi vederlo è che non puoi entrare e lui non può uscire- disse pragmatico.

-E se lui stesse dentro e io fuori?- continuai speranzosa.

Lutio era un anziano che viveva nel castello ormai da tutta la vita.
Il Re si fidava ciecamente di lui, per questo gli aveva affidato gli archivi e lui, non trasgrediva mai alla regola.

-Non farmi perdere tempo, bambina- sbuffò tornando a leggere qualcosa sulla sua scrivania.

-Come se avessi di meglio da fare- bofonchiai prima di uscire dalla stanza.

Non mi sarei arresa così facilmente ma per ora non avrei potuto fare nulla.

Non volevo tornare nella stanza che ormai utilizzavano per curare i feriti della Giostra, così decisi di uscire a prendere aria, questa volta realmente, e vedere come era messa la situazione la fuori.

Ero rimasta tutta la giornata in quella stanza quindi non avevo idea di chi avesse vinto.
Anche se potevo immaginare.

-Amanda.-
Appena mi voltai mi ritrovai il viso familiare di Johan, il fratello maggiore di Melissa.

Mi mancò un battito, rimasi sorpresa a guardarlo.
Erano tanti anni che non veniva al castello.
Come figlio ereditario gli spettava il compito di imparare gli insegnamenti del padre e rimanere nel palazzo di famiglia, poteva mancare per brevissimi periodi, mentre Melissa poteva decidere di rimanere con le balie e finire l'istruzione o seguire il suo promesso. Per conoscerlo meglio, molti anni prima, aveva deciso di venire al Castello.
A volte capitava che Johan venisse a trovarla con la scusa di essere ambasciatore presso il padre.

Mi ripresi appena notai che piano piano il suo sorriso diventava un ghigno.
-Buonasera Johan.-

-È questa l'accoglienza che riservate ai vecchi amici?- domandò con le ciglia aggrottate.

-Cosa vi aspettavate, mio signore?- risposi cercando di sembrar più indifferente di quello che ero in realtà.
Non volevo che notasse il mio nervosismo, non si meritava il mio dolore.

Lui si avvicinò tanto che sentivo il suo respiro sul collo.

Si accostò al mio orecchio per dirmi -un tempo mi avresti detto "mio signore" in altre situazioni.-

Riuscivo a sentir sfiorare i suoi denti sul lobo e la rabbia mi si montò dentro.
Mi scostai malamente e ne ricavai una piccola risata derisoria.

-Forse un tempo- dissi.

-E cos'è cambiato dall'ora?- continuò lui.
Doveva fargli bene la mia compagnia visto che non faceva altro che ridere e sorridere, o meglio, sogghignare.

Mi sentivo come un giocattolo nelle sue mani, esposto e completamente incapace di fermare il gioco.
C'era un unico modo per fermare il gioco cioè distruggere il giocattolo.

Era sempre stato così con lui, anche prima che partisse per stabilirsi definitamente nel suo palazzo, quando aveva deciso di trascorrere qualche mese al Castello.

Si divertiva a stuzzicarmi, spingermi, giocare con me, finché non si stancava e passava ad un'altro gioco dimenticandosi completamente di quello vecchio che un tempo era il suo preferito.

-Pressoché nulla, ne avete solo l'aspetto- risposi inacidita sperando di nascondere quel velo di paura che i suoi occhi freddi mi portavano.

Lui e Melissa avevano in comune solo l'aspetto.
La ragazza adorava il fratello, sosteneva che ogni donna dovesse cercare un uomo come lui, il suo eroe.
Per sua fortuna Galvano era anni luce lontano da Johan, due caratteri completamente differenti.

-Neanche voi siete cambiata, la vostra lingua tagliente è ancora li.
Per mia fortuna, perchè mi sarebbe mancata- sogghignò.

-Johan, non dovresti far attendere troppo la tua famiglia, sicuramente ti staranno aspettando al Castello- dissi ansiosa, non lo vedevo da tanti anni e se anche avessi avuto il dubbio che qualcosa di lui mi mancasse, adesso che lo avevo rivisto avevo la certezza del contrario.

-Hai fretta di liberarti di me?- mi chiese e senza nemmeno aspettare una risposta si voltò e disse -perchè non avverrà tanto presto- prima di dirigersi verso l'ingresso del Castello.

Non se ne sarebbe andato tanto presto.
C'erano i tre giorni del vincitore.

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