Capitolo 10

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Al banchetto mi ritrovai seduta con Xavier, un Amanda in un altro mondo, Galahad, Randon, il Cavaliere assurdo Galvano e altri Cavalieri di cui conoscevo a mala pena il volto.

Non feci molto caso all'entrata dei Reali ricevendo una gomitata da Xavier per farmi alzare.
Non feci caso alla cena.
Ne alle chiacchiere.
Ero molto confusa, il sogno non voleva vedere di finire quindi cominciavo a credere di non star sognando ma di essere in coma.
Cosa a dir poco assurda visto che non potevo aver avuto un incidente in una biblioteca ma sicuro era meno assurdo di pensare che questa fosse la realtà.
O ancora peggio, ero morta e questo era una sorta di limbo.

Ero spaventata per quello che aveva potuto pensare Randon ma chiacchierava come se nulla fosse e molto incuriosita per Amanda ed era l'unica che sembrava più tetra ma dopo poco si unì alle chiacchiere dei Cavalieri.

Sembravano una famiglia.
Questo mi faceva pensare sempre di più che mi sentivo un'estranea, che non li conoscevo e che non avrei dovuto essere lì.
Era tutto assurdo.
Ma avevo tanta voglia di imparare a capire quel mondo, non era certo facile ma ci avrei provato.

-Lidia, tuo cugino è arrivato in finale, hai visto?- mi chiese Amanda cercando di coinvolgermi nel discorso.

-Ehm...certo, bravo- dissi notando che mi guardavano tutti come se si aspettavano qualcosa di... di più.

Xavier appoggiò la sua mano sulla mia gamba per darmi sicurezza ma mi fece l'effetto opposto, ero la personificazione di una stampella.
Tesissima.

Se ne rese conto e mi prese la mano sotto il tavolo stringendola.
Mi voltai e vidi che mi guardava preoccupato, probabilmente avrebbe voluto sapere che mi passava per la testa ma poi inclinò la testa come per scrutarmi e capire tutto e sperai non ci riuscisse.

-Randon, come va il busto?- chiese Amanda per non far notare a tutti cosa facevamo e attirare l'attenzione su se stessa.

-Bene, ma queste bende danno un fastidio! Quando me le toglie il sommo Merlino?- chiese il mio nuovo amico.

-È fuori città per trovare delle erbe, te le cambierò io stasera- rispose lei causando molte risate tra i Cavalieri.

-E come la prenderà Syon?
È un tipo geloso- rise Galvano.

-Ah, anche Melissa. Quando le metti l'anello al dito?- continuò facendo cominciare un battibecco che sembrava non aver fine.

Non potevo credere che quell'imbecille era l'amore di Melissa.
Quando parlava di lui le si illuminavano gli occhi.
Era una ragazza così dolce, non poteva rovinarsi la vita con un uomo che andava solo a donne.

-Spero non lo faccia mai- risposi ricevendo molte occhiata dubbiose.

-Perché mai?- rispose l'imbecille in questione.

-Beh, non la meriti. Lei mi è sembrata una ragazza dolce, solare e piena d'amore che non può essere dato a chi la sottovaluta e va a cercarsi altre donne.-

-Sicuramente non voglio nessun consiglio da voi e voi non avete motivo per impicciarvi della mia vita ma se lei accettasse mai di sposarmi sarei l'uomo più felice al mondo- rispose scuro in volto ma invece di rispondere sorrisi.
Forse sarebbe stato un buon marito.

-Ah, Lidia, domani vengo a prenderti presto così guardiamo i Giochi insieme visto che io non dovrò giocarli e mi annoierei un mondo da solo- disse facendomi intendere che avremmo dovuto parlare.

-Si, certo. Tu riposati e... e nulla- dissi.
Stavo per dirgli di pensare a quello che avevo detto ma forse era meglio se l'avrebbe dimenticato.

-Lo farò- disse come se in realtà avesse capito di cosa parlavo.

-Lidia, devi essere stanca. Ti accompagno nella tua stanza?- mi chiese Alissa provando ad allontanarmi da tutto quel testosterone.

-Anche tu sei stanca, non hai fatto che curare persone tutto il giorno- l'apostrofò Galahad.

-Allora grazie- gli sorrise e si allontanò.

Grazie per cosa?

Lo vidi sbuffare ed alzarsi ma capii cosa intendeva solo quando mi chiese -cosa aspettate a seguirmi?-

Accelerò così il passo che mi fu difficile mantenere il suo, e pure era stato tutto il giorno tra Giostra ed esercizio, non era stanco.

Eravamo davanti la mia porta quando mi passarono per la mente le immagini del bosco e divenni rossa, speravo solo non riuscisse a leggere le emozioni, poi mi venne un idea.

-Ti va di insegnarmi ad usare la spada?-

-Perché vorresti?- chiese ironico -non è una cosa da donne, prova con il cucito- mi beffeggiò.

-Perché non dovrei?- puntai i piedi.
Volevo imparare, sembrava una cosa stupenda poter prendere a calci quei montati con la spada, ma a calci non potevo quindi "e spada sia".

-Perché è più probabile che ti mozza una mano tu da sola con una spada che con un ago da sarta- rispose ovvio.

-Certo, è anche più probabile che io mi impicchi con una corda invece di legarci il bestiame ma non vuol dire che lo farò.-

-Valuterò il da farsi- disse solo.

-È un no?-

-È un "cercherò di non cestinare la faccenda"- e poi fece dietrofront e se ne andò.

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