28; reflection

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«Thomas?» ero paralizzata, avevo anche la bocca aperta, «Il famoso Thomas, finalmente ho il piacere di conoscerti» in faccia Carl non è affatto contento, ho la sensazione che si metterà molto male, «Tu sei Carl?» «In carne ed ossa» si avvicinò al ragazzo e gli porse la mano, Thomas guardò la sua mano e la strinse «Come mai quattro scatoloni di pannolini?» indicò il portico di casa mia «Daisy è-» «Alla sorella di Carl, Debbie, servivano pannolini ma accidentalmente ha esagerato a prenderli, potranno bastare per un intero mese» interruppi immediatamente il mio ragazzo, non so il motivo per cui non glielo volessi dire.

Lo feci accomodare in casa, gli offrii del caffè e qualche biscotto rimasto di ieri.

«Allora...non ho avuto più tue notizie e mi hai fatto preoccupare abbastanza» disse Thomas posando la tazza sul tavolo della cucina «Oh che carino, ti sei preoccupato e hai fatto un lungo viaggio dal Canada fino ad arrivare a Chicago» si guardarono entrambi in cagnesco, «Come mai sei passato da qui?» provai ad abbassare la tensione tra loro due ma so che non ci riuscirò, «Io e i ragazzi abbiamo un concorso di skate qui a Chicago e mi è venuto in mente di farti una sorpresa» «Wow un concorso di skate, non pensavo che esistesse» disse Carl «L'hanno aperto un mese fa» rispose Thomas «Se posso chiedere, che cosa si vince?» chiesi «Penso soldi» mi guardò negli occhi e si toccò i capelli, «Scusa se te lo dico ma l'ultima volta che ti ho vista eri più magra» «Hey!» si alzò dalla sedia Carl, lo fermai prendendolo dal polso «Scusa non volevo» «Tranquillo Thomas, certe volte Carl esagera -lo guardai con gli occhi storti- . Comunque hai ragione, l'ultima volta ero molto più magra ma tranquillo è solo il mio periodo e sto andando avanti solo di dolci» «Perdonami di nuovo, non volevo offenderti» «È ok» sorrisi.

Mezz'ora dopo Thomas se ne andò visto che aveva questo concorso di skate.

«Perché non gliel'hai detto?» chiusi la porta d'ingresso «Dirgli cosa?» tolsi la tazza dal tavolo e andai in cucina a posarlo nel lavello e subito dopo sciacquarlo col detersivo dei piatti, «Che sei incinta» disse ovvio «Potresti passarmi la pezza per favore?» chiesi gentilmente, mi passò la pezza in modo aggressivo «Potresti rispondermi almeno?» mi fece girare verso di lui «Non lo so perché non gliel'ho detto, forse perché vede il South Side in un'altra prospettiva dalla nostra. Cioè quando gli ho parlato di noi e della tua famiglia gli ho fatto vedere una nostra foto di tutti noi quanti e quando gli ho detto che Debbie ha una figlia è rimasto perplesso e dunque avevo paura che mi guardasse in quel modo» posai la tazza e la pezza «Tu che hai paura dei giudizi altrui» ridacchiò e mi abbracciò da dietro lasciandomi tanti umidi baci nel collo, «Fiona mi ha prestato l'auto e pensavo di dare qualche occhiata alle case» mi girai «Davvero? Non ti dispiace abitare lontano dalla tua famiglia?» «Se la sapranno cavare senza di me e poi io avrò tutta una mia famiglia a cui badare» mi baciò il naso e toccò la pancia «Ti amo» dissi «Ti amo anche io».

Dopo essermi preparata scesi di sotto.

Carl mi prese per mano e uscimmo da casa mia.

Mezz'ora dopo arrivammo in una casa, mura bianche e col un bel po' di fiori all'esterno, in mezzo ad essi c'era un cartello con scritto Vendesi.
Sembra davvero carina all'infuori.
Dalla casa uscì una donna di colore, vestita elegante e con uno chignon ordinato, tra le mani ha dei fogli e una penna.
«Salve, io sono Dott Harmon, siete qui per vedere la casa?» chiese la signora sorridendo «Si, volevamo dare un'occhiata veloce» rispose Carl «Perfetto, accomodatevi pure» ci fece cenno con la mano di entrare.

Giunti all'entrata, mi guardai attorno, il parquet di legno bianco, abbastanza luce nelle varie stanze e c'è un piano superiore.

«Come potete vedere c'è una cucina open space e si può intravedere la sala da pranzo, i mobili li hanno lasciati i vecchi proprietari» seguimmo la signora in un'altra stanza «Il salotto» disse, ci possono stare ben due televisioni in queste pareti.

Dopo aver finito il tour della casa andammo in auto.

«Che ne pensi piccola?» mi chiese mettendosi la cintura «È splendida però costa troppo» «Sono solo ventimila dollari» rispose mettendo in moto «E dove li troviamo ventimila dollari Carl?» non rispose «Abbiamo ancora altre due case da vedere» disse fermandosi al semaforo «D'accordo».

Le altre case erano fuori città e superavano ogni nostra aspettativa.

Adesso siamo fermi in un parcheggio a riflettere.

«Possiamo lo stesso prendere la casa accanto ai tuoi» dissi «No, voglio che la nostra casa sia lontana da tutti» mi guardò «Così quando ti scoperò potrai urlare il mio nome quanto vuoi» mi fece l'occhiolino, ridacchiai, «Tralasciando il sesso e la casa, giorno ventidue ho una visita per il bimbo, vuoi venire con me?» «Certo» mi prese per mano e la baciò.

«Posso farti una domanda? Non c'entra nulla con questo discorso» mi chiese «Certo» lo guardai «Non voglio essere ripetitivo ma in Canada, dopo che è successo quello che doveva succedere, hai avuto rapporti sessuali?» «No, perché?» «Nulla, solo pensieri» si girò, feci girare il suo viso con la mano «Ora me lo dici» dissi «Di come Thomas ti guardava e da come ti ha presa dai fianchi quando ti ha salutata» «Carl te lo giuro, non ho avuto altri rapporti io in generale. È successo solo quel piccolo inconveniente con Floyd e poi basta» ed era tutto vero, non so cosa gli sia preso, «Ma come mai questa domanda Carl?» «Te l'ho detto, pensieri» «Va bene» lo baciai in bocca.
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Arrivato il giorno della visita ero parecchio agitata.

Carl mi tenne per tutto il tragitto la mano, mi accompagnò anche mia madre.

Compilai altri moduli.

«Perché ci vuole così tanto?» chiede sbuffando il ragazzo, «Siamo arrivati solo da venti minuti» gli rispose mia madre.

Mezz'ora dopo uscì la dottoressa.

«Mills» io, mia madre e Carl ci alzammo.
Entrammo dentro la stanza, mi sistemai sopra il lettino, la dottoressa mi alzò la maglietta lasciando scoperta la pancia.
Passò sopra ad essa il gel, appena fece contatto con la pancia mi vennero i brividi, era fredda.

«Si sa il sesso o no?» chiese Carl «Ancora no, è troppo piccolo» rispose la dottoressa guardando lo schermo dove si poteva intravedere il piccolino.
«È tutto ok?» chiese mia madre «Si tutto ok, questa visita era solo per controllare il feto e direi che è perfetto, poi vedremo più avanti» la dottoressa mi passò un fazzoletto sulla pancia e abbassai la maglietta.
Spero che andrà tutto bene.

We Are Chemistry ; Carl GallagherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora