🌜 Lettera di Chandra 🌛

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Caro sconosciuto,

dicono sia terapeutico scrivere in un diario i propri pensieri, persino quelli che ci mettono più paura.

Io non ho un diario, ma ho te. Non mi interessa sapere la tua faccia. E so che è da persone egoiste dirlo, ma non mi interessa nemmeno sapere la storia della tua vita. Ti sto usando come se fossi il mio diario.

Ed è meraviglioso, perché tu mi rispondi. E ciò rende speciale questo momento. So che avrei dovuto risponderti con un'altra lettera altrettanto "ridicola", ma non sono dell'umore.

E no, non l'ho trovata affatto banale. Mi hai fatto sorridere per tutto il tempo.

Ma adesso non sono in vena di sorrisi. Non sono in vena di vivere. Non sono in vena di guardare le persone in faccia, di parlare, di fingere di stare bene.

Tu mi capisci, no?

Il mio petto brucia. Il dolore preme sulla mia pelle e la mia mente è stremata.

E adesso, mentre scrivo con il pensiero rivolto ad una faccia anonima, la tua, penso a quante volte i tuoi occhi abbiano incrociato i miei; chissà cosa si saranno detti in silenzio... Chissà se hanno riconosciuto il mio dolore. Quella sera, lì sul tetto, io ti ho odiato, sai? Ero lì per farla finita, ma poi ho visto te.

Cosa ci facevi lì?

Vorrei sapere il tuo nome, ma so che rovinerebbe tutto. Per me rimani un'ombra illuminata dal riflesso della luna. Ricordo soltanto i tuoi anelli mentre brillavano al buio. Ero troppo presa dai miei pensieri per badare alla tua voce, alla tua presenza. Ero soltanto con me stessa in quel momento. Non c'era nessun altro nella mia testa. E adesso provo un po' di rammarico, perché la curiosità scava dentro di me come impazzita, vorrebbe riportare alla luce i dettagli a cui non ho fatto abbastanza caso quella notte.

So che le cose citate nell'altra lettera potrei farle con qualcuno un giorno, ma la vera domanda è: vorrei vivere abbastanza a lungo da poterle fare?

Forse la risposta la conosciamo entrambi.

Sai, ogni giorno penso a quanto la mia esistenza sia diventata un peso nella vita di alcune persone. Non me l'hanno detto esplicitamente, ma le loro espressioni parlano chiaro.

Mi sento come se il mondo mi stesse comprimendo piano piano, fino a farmi sparire.

Ho urlato i miei pensieri all'universo e lui li ha usati per abbellire il cielo di notte.

Mi piace pensare che sia così; che dopotutto, questo dolore ha un senso. Mi piace pensare che quando la sera sollevo lo sguardo verso il cielo, qualcun altro, in un'altra parte del mondo, stia leggendo il mio dolore tra le stelle, e pensi al suo.

In fondo, il cielo assiste al dolore di tutti in silenzio, mantiene il segreto, e poi ci accoglie uno ad uno.

Ogni notte ascolto una canzone e mi lascio cullare come una neonata tra le braccia della madre. E piango ancora di più.

È così triste quando passi il tempo a rendere invisibile il tuo dolore agli occhi degli altri.

E poi, basta una una piccola distrazione per renderlo visibile e ti rendi conto che anche in quel momento non importa ugualmente a nessuno. 

Per questo preferisco che lui sia invisibile, che rimanga nascosto agli occhi di tutti, che si fossilizzi definitivamente tra qualche parte tra  il cuore e lo stomaco, in modo che io sia l'unica a percepirlo, in modo da sentirlo mio, nonostante mi squarci il petto ogni volta.

E sì, caro sconosciuto, io preferisco volare in alto sulla luna e spegnermi lì, dove la mia luce non sarà più in grado di raggiungere nessuno. Una scintilla che non diventerà mai più una fiamma.

Voglio rimanere in silenzio ad ammirare i crateri su quella sfera luminosa, a contarli come se fossero le sue cicatrici, e lasciare che la mia anima scivoli sulla sua scia di luce lattea che si riversa sul mare, fluttuando fino a sentirmi libera e in pace con me stessa, senza avere sensi di colpa.

Dimmi, chiedo tanto?

Sai, quando osserviamo il cielo e notiamo una stella cadente, è bene ricordare che non è quello il momento esatto in cui muore davvero. Ci mette miliardi di anni per spegnersi, e poi noi la vediamo morire all'improvviso e ci sembra un evento meraviglioso, imperdibile, perfino da fotografare. Ma, in realtà, quella stella è morta già chissà quanti anni fa. È così anche l'essere umano, penso. Inzia a spegnersi quando sta ancora brillando. Si lascia avvolgere dal dolore. Spegne le emozioni. Muore dentro senza fare rumore. Poi alla fine lo vediamo sparire davvero e ne rimaniamo sconvolti.
Forse è l'unica cosa che le persone come me hanno in comune con le stelle.

P.s. la canzone è Heal, di Tom Odell.
Buon ascolto.

Un bacio dall'altra parte della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora