23. Guardami

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What do I say
To make me exist?
Ooh, stranger

Still don't know my name

-Labrinth

 

«Ma dove diamine ti eri cacciata?», grida Riley, venendomi incontro. Dal solco evidente sulla sua fronte deduco che sia arrabbiata con me, e non poco. Ha il naso leggermente arricciato, le labbra assottigliate e i pugni stretti. I capelli sciolti ricadono come sabbia fine sulle sue piccole spalle, lo sguardo ottenebrato.

«Mi dispiace, sono state delle ore difficili per me», cerco di spiegare senza spingermi nei dettagli.

Riley serra gli occhi ed esibisce un sorriso da statuetta. «Non te la caverai con poco. Cosa è successo di preciso?», seppur i miei occhi cerchino di concentrarsi unicamente sul suo sguardo esasperato, non posso fare a meno di non notare il suo strano abbigliamento.

«Volevi travestirti da evidenziatore?», le chiedo, lasciando cadere l’argomento di poco fa.

Lei abbassa lo sguardo per analizzare il suo outfit e poi sorride compiaciuta. «Equivale ad un pugno negli occhi per Aretha, quindi mi aspetto che se li cavi del tutto», si stringe teatralmente nelle spalle.

Io scuoto la testa, divertita. «Sei davvero malefica».

«È per quello che ti ha fatto al falò. La deve pagare, quella stronza», solleva il mento in un motto di stizza e poi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio . «Ma ora voglio sapere come stai e cos’è quella cosa che hai sulla guancia», muove un dito in senso orario davanti al mio viso, indicandomi la ferita.

Deglutisco e mi umetto le labbra, quasi mi mancasse l’aria.

«È stato un gatto randagio», mento, cercando nel frattempo di sostenere il suo sguardo. «L’ho preso in braccio e purtroppo mi ha graffiato».

I suoi occhi si spalancano poco a poco. «Dio, spero tu abbia disinfettato quella ferita!».

Sorrido. «Ovvio».

E sono felice che lei abbia abboccato alla mia stupida bugia. Non posso di certo dirle che ieri sera, non appena sono tornata a casa, Ruth mi ha tappato la bocca e poi mi ha schiaffeggiato il viso, graffiandomi la guancia con le sue stupide unghie. Avrei dovuto intuirlo prima. Una parte di me sapeva che l’avrebbe fatto. In fondo Ruth sarà per sempre soltanto Ruth. Io non sarò più la sua sorellina. Mi detesta, l’odio le corrode le ossa, la pelle, gli organi. Ogni volta che pronuncia il mio nome è come se mi mandasse al patibolo. Ruth è così. Ma spero che non si tiri indietro. Spero che cerchi aiuto, nonostante tutto.

Adesso mi odia più di prima. L’ho messa nei casini con nostra madre. Non è più la figlia responsabile, quella che fa sempre le scelte giuste e impartisce lezioni di vita agli altri. È tanto vulnerabile quanto me, ma non lo vede. Non vuole vederlo. Forse la sua rabbia si sta lentamente avvicinando alla psicopatia.

È riuscita a rovinare l’unico vero sorriso che avevo sul volto ieri sera.

Perché con Sasha sono stata così bene che per un attimo mi sono dimenticata perfino della mia famiglia.

Non ho avuto il coraggio di dirglielo una seconda volta. Non ho avuto nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi a lungo e fingere che quella frase non sia mai uscita dalla mia bocca.

Quell’istante folle di coraggio che mi ha attraversato il corpo mi ha fatto sentire invincibile. In quel lasso di tempo mi sentivo parte del mondo, giravo insieme a lui. Non ero più ferma ad aspettare. Non ero più sola sulla giostra. Sasha mi ha fatto sentire come se tutti i pianeti si fossero allineati e avessero creato uno tsunami di emozioni dentro di me. Ero in cima ad una montagna di sentimenti che premeva dentro di me e mi sono sentita libera.

Un bacio dall'altra parte della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora