Capitolo Due: Un, due, tre, stella!

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Il silenzio aleggiava pesantemente all'interno della stanza, e sembrava essere talmente impetuoso da rimbombare contro le mura bianche ed asettiche della struttura.

I letti in quel momento erano totalmente vuoti, disfatti e con le lenzuola bianche stropicciate, mentre le persone si trovavano riunite nel grande spiazzo al centro della stanza, con lo sguardo rivolto verso le misteriose guardie mascherate. Nessuno osava fiatare, né muoversi, Harry e il ragazzo dagli occhi blu si trovavano vicini, il primo col naso sanguinante, il secondo con un labbro e un sopracciglio spaccati. Lunghe scie di sangue colavano fluenti sul volto di entrambi, ma nessuno dei due parve prestarci attenzione, poiché avevano la mente offuscata dalle parole pronunciate dalla guardia.

Cosa significava tutto ciò?

Sette giochi in sette giorni? Che tipo di giochi? E perché erano stati portati lì e non ricordavano assolutamente nulla di come fosse avvenuto?

"Come facciamo a fidarci?" Qualcuno parlò tra la folla di persone dopo pochi secondi di silenzio tombale, la voce tremante di paura e di rabbia al tempo stesso. Era una domanda lecita, d'altronde erano stati portati lì senza il loro esplicito consenso e, molto probabilmente, erano anche stati narcotizzati.

"È vero, ha ragione! Ci avete drogati, vestiti con queste strane tute, rinchiusi qui dentro come degli animali in gabbia e noi dovremmo credervi?"La voce coraggiosa e risoluta di una donna fece eco nella struttura. Gli animi iniziavano a scaldarsi piano piano, e il clima di confusione e sbigottimento lasciò il posto al panico e alla rabbia più pura.

"Sono state prese delle misure di sicurezza con estrema riluttanza, al solo ed unico scopo di portarvi qui con la massima riservatezza." Annunciò il quadrato con la sua voce metallica, talmente distorta da causare una fitta di brividi lungo la schiena di Harry. E più la ascoltava, più si rendeva conto che stavolta era finito nei guai fino al collo.

"Ci avete anche rubato le nostre cose! Dove sono il mio cellulare e il portafogli?" La voce di una terza persona accompagnò le lamentele delle precedenti, era un uomo, probabilmente incoraggiato dal fatto di essere coperto dall'ammasso di persone e dunque non in bella vista.

"Le vostre cose vi verranno restituite al termine dei giochi." Pronunciò il quadrato. Le sue risposte erano precise e calcolate, sembrava esserci una persona priva di anima e carattere lì dietro, una marionetta predisposta a dire e fare determinate cose e basta. Come se fosse un computer preimpostato a specifiche risposte, senza mai rivelare troppo, soltanto il necessario di cui era lecito sapere. E tutto ciò era schifosamente raccapricciante da vedere.

"E perché avete quelle maschere?" Chiese Harry, in un impeto di coraggio. La sua voce apparve debole e tremolante e rimbombò flebilmente lungo ogni parete della stanza.

Il ragazzo dagli occhi blu al suo fianco lo guardò di sfuggita e poi roteò lo sguardo al cielo, mormorando un qualcosa su quanto fosse stupida quella domanda. Harry tentò di ignorarlo, arrossendo lievemente.

"Non ci è permesso rivelare le identità né i dati personali dei nostri dipendenti. Utilizziamo le maschere per poter interagire con voi senza la necessità di mostrarci. È una misura presa per il bene del gioco e della privacy. Cercate di capire, per cortesia." La voce metallica proveniente dal quadrato concesse l'ennesima risposta decorosa, ma comunque insoddisfacente per tutto il resto delle persone lì dentro.

"Io non credo ad una sola parola." Stavolta parlò il ragazzo accanto ad Harry, il tono severo ed aggressivo. Quest'ultimo deglutì a fatica quando si rese conto che la sua voce risuonava aggraziata e soffice anche da arrabbiata.

"Ci avete rapiti, derubati, drogati. E ora state inventando delle subdole scuse per proteggervi dalle azioni illegali che avete compiuto! Datemi solamente un buon motivo per credervi, avanti!" Pronunciò seccamente l'altro, continuando la sua sfuriata di comprensibili lamentele, le sopracciglia corrucciate e i pugni serrati in una morsa dolorosa. Non poteva credere di ritrovarsi in quella situazione talmente assurda da sembrare surreale, un sogno, o per essere più precisi, un incubo.

Through The Nerve [L.S.] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora