~ Toren ~
Non è solo il modo in cui mi sfida a intrigarmi. Quando rinuncia al controllo, mi disarma.
La sto tenendo tra le mie braccia e mi sto sentendo fottutamente fortunato. Abbiamo dormito così, pelle contro pelle. Non abbiamo avuto nessuna barriera a dividerci. Ci siamo solo noi. Ed è talmente perfetto da non riuscire a credere di essere riuscito a sentirmi così bene da volerne ancora. Da desiderare per il resto della mia vita, attimi come questo.
Dentro di me è scattato un istinto primordiale che mi ha spinto a chiederle di provare. Ma mentre lo facevo, continuavo a sperare che non mi rifiutasse.
Ho dormito con tante donne, mai così.
Le bacio la spalla e si riscuote in un attimo. «Che ore sono?», chiede sbadigliando, cercando il mio viso con la mano.
«Ciao». Raggiungo l'orecchio e glielo mordo con delicatezza, avvertendo la tensione del suo corpo. «Tra poco ti porto a vedere l'alba».
«Sicuro che sia l'alba e non le stelle? Perché c'è qualcosa che continua a strofinarsi tra le mie chiappe».
Ridacchio sentendo la sua voce già affannata, dovuta alla mia mano in movimento incastrata tra le sua cosce.
«Quindi vuoi vedere qualcos'altro?»
Muove il sedere e il mio membro pulsa. Fa così male che mi irrigidisco. «Se fossi in te non rifarei il movimento. Potrei... come dire senza essere volgare... uhm, farti cadere accidentalmente sul mio cazzo».
Si volta. Le sue mani piccole, delicate e curate si piantano sul mio petto. Quando penso che stia per spingermi, con una lieve pressione mi fa sdraiare supino e si posiziona su di me.
«Sì. Sei volgare, Terminator».
«Perché mi guardi in quel modo?»
Abbassa il viso e comincia a baciare il mio petto con calma, fino alla pancia. I suoi capelli solleticano come piume i miei muscoli contratti e le sue mani accarezzano il mio petto rendendo il tutto così sensuale da farmi annebbiare la vista.
Raggiunge l'elastico dei boxer giocandoci con le dita.
Un fuoco mi divampa dentro, concentrandosi proprio in mezzo alle mie gambe, appena la sua lingua sfiora uno dei tatuaggi che ho inciso sulla V.
Che cazzo fa?
La tiro su con un certo impeto, prima che non risponda più delle mie azioni. «NO», dico con voce roca.
«Pensavo...», mi guarda confusa aggiustando i capelli che le sono appena ricaduti sul viso arrossato.
«No», ripeto schiarendo la gola. «Sono a posto così, Miele».
In realtà mi sto sciogliendo e a breve potrei venire nei boxer come un ragazzino alle prime armi, ma continuo a torturare me stesso dando prova di resistenza e coraggio a quella parte di me che vorrebbe cedere.
«Sei crudele».
Vorrei rimanere serio, ci provo all'inizio, ma la sua espressione a tratti confusa, a tratti mortificata, mi fa ridere a crepapelle. Già, rido come non facevo da molto tempo. Gli angoli degli occhi si fanno umidi e li asciugo in un gesto sbrigativo riprendendo fiato. Sento persino dolore ai muscoli. Ma è una sensazione diversa rispetto a quando concludo un allenamento.
La cosa che adesso mi preoccupa però è l'espressione carica di disagio di Luna.
Non immagina la ragione del mio rifiuto e so che sta immaginando il peggio.
Le faccio una carezza sulla guancia. «Io crudele? E allora tu che mi salti addosso? Devo ricordarti che sei nuda e sei un grosso problema per il mio uccello? Volevo solo che dormissimo così. Non che ti approfittassi di me».
Smette di dimenarsi aggrappandosi ai miei capelli, consumata e corrosa dai battiti soverchianti e deleteri dei nostri cuori, spinti al limite.
Si è appena salvata dalla caduta lungo il bordo di un precipizio che conduce alla perdizione. Perché non mi sarei fermato.
Prende un breve respiro. Crea invisibili ghirigori sul mio petto. Non mi dispiace il modo in cui si è adagiata su di me e mi sta toccando. Eppure noto che non è propriamente a suo agio. Ha tirato un po' il lenzuolo per coprirci.
Dio solo sa se è attraente ai miei occhi in questo istante.
Le mie dita si spingono verso il suo interno coscia. Trattiene il fiato strizzando le mie braccia. «Tranquilla, non commetterai atti impuri, piccola bacchettona».
Nasconde il viso tra le mani sbuffando sul mio petto. «Che idiota!»
«Sei sveglia adesso?»
«Credo di sì».
Il silenzio avvolge il soppalco, mentre dal piano di sotto si sente Floppy scorrazzare festoso per il soggiorno.
Starà sicuramente giocando con il suo peluche preferito facendolo balzare da una parte all'altra.
«Tor?»
Non usa spesso il mio nome con la sua voce calda, bassa e sensuale. Quando lo fa riempie un buco dopo l'altro nel mio petto. Mi sento come se la mia anima in qualche modo smettesse per qualche istante di essere piena di crepe. Mi riempio di lei.
«Possiamo parlare di quello che è successo?»
Inarco un sopracciglio sottintendendo la domanda.
«Lo sai. Tua sorella...»
Le mie dita accarezzano la sua schiena. La sua pelle nuda è esattamente come appare: morbida, delicata, invitante, reattiva. Profuma delicatamente di lavanda e fiori. Assonnata è dannata e bella, come un raggio di sole all'alba a sfiorare la pelle impreparata al calore.
Si inarca rimanendo in attesa. Non so che cosa fare. Solitamente ho la soluzione a tutto. Sono bravo in questo. Ma con lei non posso fare giochetti perché riuscirebbe a capire e mi anticiperebbe. Proprio come ha appena fatto. Mi sta mettendo alle strette.
«Hannie non dirà niente».
Solleva il sopracciglio. «Ne sei così sicuro?»
«È mia sorella. Mi ha dato la sua parola prima di uscire dalla porta. Senti, tu non la conosci ma io sì».
Storce le labbra smettendo di accarezzarmi il petto. Sono quasi sul punto di supplicarla di riprendere il contatto quando la verità mi arriva come un pugno nel petto togliendomi il fiato.
Luna non si fida di me.
«E di quello che stava succedendo prima che ci interrompesse che mi dici?»
È sempre così attenta da risultare snervante.
Le afferro le natiche e vedo le sue pupille guizzare, i suoi capezzoli indurirsi. «Non stava succedendo niente».
Vedendola pronta a darmi battaglia, la faccio scivolare sotto il mio peso e le mordo il collo, quel punto sotto l'orecchio che le provoca un gemito abbastanza sonoro da farle serrare le dita sulla mia schiena fino a graffiarla, e stringere le ginocchia sui miei fianchi.
«No?»
«Uhm uhm...», confermo distratto dal suo collo, con un'erezione imbarazzante tra le gambe. «Che ne dici se adesso ci alziamo? Ho del lavoro da fare».
Divincolandomi sguscio dal letto, infilo un paio di boxer puliti e il resto degli indumenti cercando di darmi un contegno.
Appoggiandomi alla ringhiera del soppalco, la guardo con malizia, godendomi ogni singolo attimo della visione del suo corpo, delle sue forme, del seno che sobbalza a ogni movimento.
Non dovrei nemmeno osare guardarla. Ma l'ho fatto. L'ho persino toccata e non me ne pento.
Non provo la minima vergogna per quello che ho fatto, per quello che penso di voler fare e per quello che sto immaginando senza sosta.
La odio. Dio, quanto la odio. Così tanto da avvertire una strizzata al cuore per il fatto che trovo tutto questo enorme errore: mio. Solo mio.
La sento mia. Il suo corpo, i suoi movimenti, la sua voce, i suoi sguardi. Tutto di lei mi sta avvertendo e attirando in una trappola, chiedendomi esplicitamente di non pensare a niente e di accettare quello che mi ha fatto sentire sin da quando l'ho vista.
La odio e lei odia me. Siamo destinati ad avvicinarci. Così vicini da sfiorarci. Così tanto da non riuscire più a separarci.
Tira dietro di sé il lenzuolo facendo un passo avanti. In un gesto spontaneo mi circonda le braccia intorno al collo e sollevandosi, tenendosi in equilibrio sulle punte dei piedi, fissandomi negli occhi senza mai smettere, sfrega una sola volta la sua intimità contro i miei pantaloni.
La stringo al petto. «Stai giocando con il fuoco. Non fare mosse azzardate».
Le labbra si avvicinano impavide al mio orecchio e lascia uscire un sospiro arrampicandosi maggiormente su di me. Stavolta divarica di più le cosce. Il mio corpo si surriscalda e le mie dita si serrano rischiando di lasciarle un livido sulle natiche.
«Lo vuoi davvero?»
Morde il mio mento. «Sì», la sua mano scivola tra noi, sbottona i pantaloni. «Adesso».
«Tor?»
Mi riscuoto e...
Che cosa diavolo è successo?
Luna si è cambiata e sta aspettando una risposta.
Passo una mano tra i capelli. Ho appena avuto un sogno erotico a occhi aperti. Merda.
Si è insinuata tra i miei pensieri, li ha toccati. Mi ha tolto ogni controllo. E adesso, adesso mi sento un uomo naufragato in un posto arido e deserto. Lo sono sotto il suo sguardo limpido, caldo e accogliente.
«Ti senti male?», protende le dita sfiorandomi la fronte per misurarmi la temperatura.
«Sto benissimo».
«Allora perché mi fissi in quel modo?»
Non provo nemmeno a ricompormi o a rispondere. Attualmente mi sento un idiota imbambolato e ancora scosso dalla visione a occhi aperti avuta proprio mentre la fissavo.
Sto letteralmente impazzendo. Presto mi toccherà trovare una soluzione.
«Non ti fisso in alcun modo», scendo le scale in fretta dirigendomi in cucina.
Riempio due tazze di caffè caldo. Recupero la panna dal frigo e ne spruzzo un po' in entrambe le tazze, spolverandoci sopra della cannella.
Appoggiato al bancone della cucina osservo Luna sedersi composta sullo sgabello, prendere la tazza che le ho offerto e godersi ogni sorso.
Mi sto eccitando, di nuovo.
Chiudo gli occhi e tracanno il liquido bollente, sperando di svegliarmi in fretta e non commettere nessuna delle cazzate che al contrario potrei voler fare.
«Allora, non vuoi dirmi che c'è?»
Si è fatta pericolosamente vicina e togliendomi la tazza vuota dalle mani lava pure quella mettendola ad asciugare.
«Non c'è niente».
«Sei evasivo. Che cosa fissavi prima?»
Mi chino verso di lei. «Ho capito che mi piace guardarti. È un problema?»
Mi tira il panno in faccia ridacchiando. «Devi smetterla di prendermi in giro. Prima o poi dirai qualcosa di vero e non ci crederò», replica.
Incrocio le braccia al petto. «Non sto affatto scherzando, Miele».
Arrossisce lievemente. «Sai, dovresti tenere a mente che non si fissa come un maniaco una donna mentre è intenta a rivestirsi e a parlarti. Non hai sentito niente di quello che ho detto».
Gratto la nuca. Anche se non lo ammetterò mai nemmeno sotto tortura, mi sento un po' in imbarazzo.
«Se la donna in questione non voleva essere guardata poteva benissimo andarsi a rivestire nel bagno», mi avvicino al suo orecchio. «La verità è che le è piaciuto essere divorata dal sottoscritto».
Solleva il mento. «Sei esasperante, oltre che un grandissimo pervertito».
La guardo avviarsi alla porta. I miei occhi scivolano sul suo sedere sodo, a forma di pesca e lei mi becca in flagrante.
Un sorrisetto si fa strada sulle mie labbra. «Non mettermi alla prova, piccola verginella», la stuzzico passandole davanti.
Apro la porta e dopo averla fatta passare ed essermi assicurato di avere attivato l'antifurto, le videocamere per la sorveglianza, nel caso in cui qualcuno entrasse; avere dato da mangiare e da bere a Floppy, mi dirigo verso il mio pick-up.
Luna salta su impettita. Qualcosa mi dice che il cambiamento d'umore abbia a che fare con la mia battuta. Attendo che sia lei ad affrontare l'argomento, magari quando smetterà di fare la ragazzina ferita.
«Non dovresti lasciare uscire ogni tuo pensiero senza il minimo filtro», interrompe le note musicali di una hit trasmessa in radio.
Facendo attenzione alla strada mi volto lanciandole uno sguardo di fuoco. «Perché? Ho forse detto qualcosa che ti ha turbata?», reggo il suo gioco.
Stringe le dita in grembo. «Odio quando i pregiudizi superano qualsiasi interesse o amicizia».
Inserisco la freccia svoltando piano a destra. «Ho solo fatto una battuta. Sei permalosa stamattina!»
«Dovresti riflettere prima di esprimere il tuo giudizio affrettato sulla gente».
«Che cosa ti ha fatto incazzare? Parla chiaro, Miele».
«Se fossi stata vergine avrei fatto quello che ho fatto con te? Ti avrei permesso di toccarmi in quel modo? Mi sarei offerta di farti un...»
Il pensiero che lei non sia vergine mi attraversa come un lancio perfetto, colpendomi duramente.
«Pompino. Si dice così. Credimi ci sono vergini che farebbero di tutto per...»
Sbuffa. «A volte sei pure ottuso», mi interrompe. «La questione è un'altra: non hai limiti».
Massaggio la tempia. Prevedo l'arrivo di un brutto mal di testa. «Solo perché ti sbatto in faccia verità che non sei pronta ad accettare non significa che io sia ottuso o un mostro. Sono solo sincero e dico quello che penso. Non ho bisogno di nascondermi come fai tu o fanno quelli che ti circondano. Io non compiaccio nessuno. Nasconditi pure dietro quella perfezione, le ferite io le vedo lo stesso dentro di te e stanno ancora sanguinando».
Scende dall'auto in fretta e senza riflettere la seguo verso il cancello. «Miele...»
«Grazie del passaggio».
Non dimentica mai le buone maniere.
Questa è una delle tante cose che apprezzo, anzi amo di lei. Non è mai scontata. Non è mai sprezzante. Anche quando ha ragione e tu torto marcio riesce comunque a essere di una gentilezza mostruosa, facendoti sentire un verme il doppio.
«Mi stai cacciando? Hai paura?»
Scrolla la testa. «Ho anch'io i miei problemi, okay?»
Ficco i palmi dentro le tasche dei pantaloni. Mi avvicino e lei raddrizza le spalle. Mi abbasso sul suo viso e chiude gli occhi, lasciandomi sfiorare le sue labbra.
Sta tremando dentro, ha i brividi e la sua mano si adagia sul mio petto respingendomi come se il gesto le costasse fatica.
«Come tutti», mi avvio verso l'auto proprio mentre dal cancello esce a passo di marcia Alissa. Le mani sui fianchi come se fosse sua madre.
Taglio la corda prima che possa sfogare la sua frustrazione del tradimento dell'amica sul sottoscritto e guido in direzione di casa per abbracciare mia sorella, chiarire un paio di cose con lei e vedere come sta mia madre.
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Moonlight - L'amore non ha antidoto
ChickLit"Redenzione o perdizione? Condanna o assoluzione? Siamo sempre stati un connubio. Così dannatamente diversi eppure uguali. Parti non compatibili eppure complementari. Un vero disastro che conduce verso la strada della distruzione." Toren Connor, ha...