Capitolo 13

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~ Toren ~

Mentre inferno e paradiso bruciano, io non so da che parte stare.
Luna appare come una stella, intoccabile, lontana, eppure sospesa e sorprendentemente vicina al cielo. Un desiderio che può essere espresso una sola volta.
Non so perché l'ho fatto. Darle le chiavi di casa e permetterle di riposarsi è stato un azzardo. Ma la notte scorsa non ha chiuso occhio. Era evidente dal suo sguardo, dalle sue parole, quanto fosse stanca. In realtà nemmeno io ci sono riuscito. Come avrei potuto dopo quanto è accaduto?
A fine giornata, saluto i miei amici, i quali non hanno risparmiato i dettagli sulla festa e i commenti sul casino in cui mi sono ritrovato con Ben e mi avvio verso casa in moto.
Il mio pick-up è posteggiato in linea sul vialetto. «Quantomeno non è salita sulle aiuole ancora in fase di costruzione», mi dico trattenendo un sorriso.
Non vedo il signor Jenkins nei paraggi, pronto a rifilarmi qualche battuta, pertanto faccio il mio ingresso sfilando subito le scarpe.
Floppy non corre a salutare e non vedo Luna accoccolata sul divano. Sposto immediato lo sguardo sul soppalco e...
Oh cazzo!
Strofino gli occhi e mi fiondo in bagno dove spero di alleggerire la pressione che mi si è innalzata.
Avere Luna sdraiata nel mio letto complica le cose.
Mi spoglio con gesti automatici, gettando gli indumenti macchiati dentro il cesto dei panni sporchi. Prima di mettermi a letto mi toccherà fare il bucato, altrimenti dovrò uscire nudo nei prossimi giorni.
Sotto la doccia combatto contro una dolorosa erezione che si è fatta avanti non appena ho guardato verso la mia stanza.
Cosa diavolo ho fatto? Perché continuo a mettermi nei casini?
Le mie mani scivolano lente sull'addome insieme alla schiuma. Sollevo il viso lasciandomi coccolare dal getto caldo.
È stata colpa mia. Non ho riflettuto. Quando stamane si è presentata con quei pantaloncini aderenti a vita alta e quella canotta nera, i capelli legati e in disordine e lo sguardo corrucciato, tutta la rabbia si è sciolta in qualcosa di diverso.
Volevo proteggerla, non ferirla. Anche se alla fine l'ho fatto lo stesso perché sono un fottuto disastro.
Mi rendo conto di essere poco coerente, ma con lei il mio cervello va a farsi benedire.
Adesso mi toccherà risolvere una questione importante prima di uscire da qui dentro e raggiungerla.
Impugno il mio membro e provo a soddisfare l'impellente bisogno di una scopata. Da quanto non vado a letto con qualcuno?
Concentro i miei sensi e regalo al mio corpo un po' di pace. Ma, nonostante lo sforzo, i miei pensieri ancora una volta vengono attirati verso il proibito. Focalizzo la sua bocca invitante, rosea, il suo seno sodo, quel culo...
Esplodo in tanti piccoli pezzi. Con affanno fisso incredulo la mia mano, la macchia di liquido sulle piastrelle e scuoto la testa facendo un passo indietro.
Sarà una brutta e lunga nottata per me.
Ancora tremante, accorgendomi di avere appena oltrepassato uno dei miei limiti, sono costretto a riprendere il controllo delle emozioni. Indosso di nuovo la mia corazza intimidatoria, fredda ed esco dalla doccia.
Metto in ordine e pulisco il bagno, getto gli indumenti sporchi dentro la lavatrice e con un asciugamano stretto in vita salgo di sopra per cambiarmi.
Infilo subito un paio di boxer, lasciando l'asciugamano all'angolo e mi volto rimanendo senza fiato.
La guardo e un desiderio ardente, pulsante e terribile si fa strada in mezzo al petto. Mi basterebbe avvicinarmi, tendere lievemente il braccio e muovere le dita per toccarla. Le mani mi prudono e sono costretto a chiuderle a pugno in vita. I boxer diventano stretti e lo sfregamento del mio membro contro il tessuto manda una fitta di dolore in tutto il mio corpo.
Sta succedendo tutto questo a causa dell'immagine che ho davanti, riguarda la persona che non dovrebbe stare qui e che è capace di sedurmi senza nemmeno rendersene conto.
Luna se ne sta sdraiata su un fianco, la mia maglietta addosso, le gambe slanciate, nude e Floppy tra le sue braccia. Ha tanto l'espressione di chi sta dormendo profondamente e non vuole essere disturbata.
E adesso?
Le mie ossa protestano al pensiero di dormire sul divano. Non mi comporterò nemmeno da ragazzino chiedendole di andare via.
Facendo attenzione, mi infilo sotto il lenzuolo coprendole le gambe per non avere ulteriori tentazioni. Mi volto dall'altro lato e provo a dormire.
Floppy, avvertendo il mio profumo, scatta subito in piedi e con un balzo e un verso simile a un ringhio si avventa su di me. Sorrido e nella penombra, facendo piano, lo accarezzo prima di lasciarlo andare quando la sua attenzione si concentra altrove.
«Dove sei stato per tutto questo tempo?», sento mormorare da una voce bassa, dolce.
La guardo e tiene gli occhi chiusi. La sua mano si è adagiata sul cuscino e lo sta accarezzando.
Mi stava aspettando?
Una parte di me lo vorrebbe.
«Ho lavorato fino a tardi», mi ritrovo a darle una spiegazione come se fosse una cosa nostra, normale da fare. «Tu che ci fai ancora sveglia? Il mio letto non è di tuo gradimento?»
«Affatto. Il tuo letto è così comodo e le tue coperte sono così morbide. Non riesco a credere che mi piaccia più del mio», emette un sospiro e mi irrigidisco.
Non è così che doveva andare. Nel mio immaginario lei doveva continuare a dormire e io avrei fatto lo stesso. Invece mi ritrovo vicino, troppo, e il suo respiro regolare raggiunge la mia pelle surriscaldando i miei sensi.
«Pensavo che le lenzuola fossero ruvide per la tua pelle delicata».
«No, sono perfette. Le adoro», sbadiglia strusciando la guancia sul cuscino.
Mi ritrovo a sorridere. Sbircia con un occhio e lo richiude avvicinandosi di colpo e senza ragione.
Che cosa diavolo sta facendo?
«Grazie ancora per avermi permesso di dormire qui».
«Figurati», replico irrigidito.
Si solleva, stiracchiandosi, alzando le braccia sulla testa.
Alla luce della luna che rischiara la stanza dalla finestra sul tetto spiovente, noto il lembo di pelle quando la mia maglietta le si solleva e il tessuto in pizzo delle mutandine mi si presenta davanti dando uno scossone alle mie parti basse.
Cristo, mi vuole morto?
Chiudo gli occhi. Premo un braccio sul viso per essere certo di non sbirciare.
C'è silenzio. Troppo. Quando torno a guardarla si sta mordendo il labbro. «Vuoi che me ne vada, vero?»
Il mio corpo urla un sì immediato, è quello che dovrebbe fare, ma la mia bocca traditrice quanto il peccato che vorrei compiere, replica: «No. Resta».
Rimane immobile, poi scivola sul fianco adagiando di nuovo la guancia sul cuscino. È così vicina da riuscire a vedere le pagliuzze verdi dei suoi occhi chiari, nonostante il buio.
«Vuoi parlare o vuoi dormire?»
«Non c'è una terza opzione, magari più divertente?»
Finge di pensarci. «Uhm... no, non direi».
«Perché?»
«Perché sono già a letto con te», sorride timida.
Il mio cuore sussulta. «Ah sì? Allora perché non sei sotto o sopra di me?»
Cerca una risposta decente da darmi. «Perché... non sono il tuo tipo».
La bolla scoppia improvvisamente. Un momento, cosa? Ma si è guardata allo specchio? Nessuno potrebbe resisterle. Nemmeno il diavolo.
«Non sapevo di averne uno», mi fingo offeso.
Sospira. «Quando ti ho nominato Vivienne hai sorriso in quel modo», preme l'indice sulla mia guancia per poi ritrarlo come se si fosse scottata.
«E con questo che cosa stai insinuando?»
«Che sei attratto dalle donne, come dire, mature e fisicamente come lei e Foxy. Quindi io non sono il tuo tipo».
Non sai quanto ti sbagli, Miele. Vorrei tanto dirglielo. Ma impongo subito a me stesso di non illuderla. Almeno questo posso farlo, dato che ho mandato il resto a puttane.
«Aggiungi che sei piccola alla lista delle stronzate che pensi».
Arrossisce dandomi un colpetto sul petto, sollevandosi sul busto. «Sono seria. Non hai neanche negato».
Mi stendo supino. Anche se tenta di non farmene accorgere, so che mi osserva di sottecchi. Sta studiando i miei tatuaggi. I suoi occhi scivolano languidi su ogni muscolo del mio corpo soffermandosi spesso sulle vene. «Non significa che io sia d'accordo. Non posso negare di essere stato un paio di volte con Foxy o Vivienne, che mi sia piaciuto, ma... ti sbagli sul mio tipo».
Leggo un certo scetticismo nel suo sguardo. «Davvero?»
Mi avvicino al suo viso. «Davvero», le sussurro a fior di labbra.
Nel preciso istante in cui le nostre labbra si sfiorano, una scintilla fa innescare qualcosa di diverso, di imprevedibile.
Tutto si ferma. Ogni cosa fa il suo corso, mentre noi siamo qui in questo piccolo universo dove il cuore non si arresta, ma continua a battere privo di controllo.
Le sue pupille si dilatano per poi restringersi in un guizzo. Una scarica elettrica mi si schianta sul basso ventre, andando proprio dritta sulla punta del mio membro. Rimango immobile perché potrebbe accorgersi dell'enorme cambiamento avvenuto sul mio corpo, adesso in tensione.
«E com'è il tuo tipo?»
Le mie dita le tolgono una ciocca fastidiosa dal viso portandola dietro l'orecchio. Indugio sulla sua pelle, accarezzandogliela. Il suo respiro cambia, accelera e le sue labbra si schiudono. Due boccioli delicati, apparentemente morbidi e da mordere.
«Una persona testarda, indisciplinata nonostante appaia debole e insicura. Una vera spina nel fianco», mormoro bocca contro bocca, senza mai toccarla. «Fammi indovinare il tuo prototipo. Un figlio di papà senza sentimenti, egocentrico, piagnucolone e privo di spina dorsale?»
Le sue narici si dilatano. Agita le gambe sollevandone una, andando a sfiorare per errore la parte dei boxer dove vi è il rigonfiamento. «Stai descrivendo qualcuno in particolare?»
«Non direi».
Coglie al volo i miei pensieri. «Io avrei detto spietato, diretto, sicuro. Un lupo solitario capace di sbranarti. A differenza della tua spina nel fianco però, il mio prototipo è capace di sorprenderti con dei gesti davvero generosi. Ah, quasi dimenticavo, essendo anche egocentrico dice di essere gentile».
Sorrido guardandole la bocca. Le mie dita continuano ad accarezzarle la pelle. Le si rizza e il suo petto fa su e giù più in fretta. Le sue dita indugiano dapprima, infine avanzano, mi sfiorano la faccia e...
Dio, non voglio che smetta.
Giro la testa e le bacio il palmo. Lei non lo ritrae, lascia solo uscire un verso strozzato simile a un gemito.
«E dimmi... ti eccita questo lupo solitario?», sibilo quando le sue dita scivolano pigre sul mio petto.
Sta toccando ogni parte di me. La pelle, i tatuaggi, le ossa, l'anima. Non si accorge di essere corrosiva.
Il bisogno di sentirla addosso supera qualsiasi pensiero e con uno scatto che la fa sussultare, la sistemo a cavalcioni su di me. Adagio la schiena contro la testiera imbottita del letto e lei si agita, ma solo per qualche istante, perché sentendo l'erezione sfregare a contatto con la sua intimità, trattiene il fiato tenendosi in equilibrio sulle mie spalle.
«Sì, ma...»
Faccio in modo che si strusci ancora su di me per vedere come arrossisce. In risposta le unghie si conficcano sulla mia carne. Mi piace e sta piacendo anche a lei questa mia iniziativa autodistruttiva.
«Sei eccitata, Miele?»
Deglutisce. «No», la voce le trema carica di insicurezza.
Sorrido ampiamente. «Quindi se adesso faccio scorrere le mie dita su questi slip non li troverò umidi?»
Mordicchia il labbro. «No», mente.
«Sicura?», lascio scendere la mano lungo il fianco fino al bordo del tessuto.
Geme. «Okay, qualunque cosa tu stia facendo smettila», gracchia.
Ridacchio sul suo orecchio. «Cosa sto facendo?»
Afferra la mia mano. «Mi stai provocando e forse anche prendendo in giro e non vale. Così sei scorretto».
«Non ti piace?», premo le dita sul tessuto e i suoi occhi si spalancano, la schiena le si inarca e il seno balza in avanti nascosto dal tessuto della mia maglietta.
È fradicia, proprio come sospettavo.
Mugola. «No. Cioè sì, ma non possiamo», ribatte in stato confusionale.
«Non puoi o non vuoi?»
Chiude gli occhi avvertendo il tocco del mio pollice che sfrega in cerchio sul tessuto. «Stai mentendo. Ti stai trattenendo e lo vuoi. Vuoi provare tutto questo. Altrimenti perché avresti accettato il mio aiuto? Perché saresti salita qui nella mia stanza quando potevi benissimo dormire sul divano?»
Muove i fianchi. «Tor...»
Ansimo. «Ti piace».
Scosto gli slip e l'accarezzo con un dito.
Si irrigidisce, avvolge il mio collo tra le braccia, poi geme a occhi chiusi, e la sensazione appagante che mi si insinua addosso è inspiegabile, specie quando allarga le cosce.
Pessima mossa la sua.
Con il dito supero i petali trovandola calda, umida e pronta. I suoi fianchi oscillano. «Fermati!», balbetta poco convinta.
«Sei tu che ti stai scopando le mie dita».
Rendendosene conto stringe le cosce e ridacchio di fronte alla sua reazione tanto impacciata. È così tenera.
«Rilassati», provo a metterla a suo agio.
Scuote la testa. «Non posso. Io...»
«Apri gli occhi e guardami».
Lo fa e mi spiazza il desidero che lascia intravedere attraverso il suo sguardo. «Da quanto non ti tocchi?»
Evito di pensare a qualcuno che possa averla scopata o lei da sola impegnata ad appagarsi.
Arrossisce, ma non evita di rispondere. «Da un po'».
«Non vuoi un aiuto?»
«Non sei mio amico. Poi perché dovresti farlo?»
«Non voglio esserlo», muovo le dita in cerchio, avvicinandomi all'apertura. «Rimarrà tra queste mura».
«Ma tu hai detto che...»
La inchiodo al mio corpo tenendole il viso con la mano libera e l'altra la sposto repentinamente sulla sua natica. «Credi che inventerei una cosa simile solo perché non ti sei presentata in officina? Stavo solo giocando con te. Certo, mi sono irritato e non poco dinanzi la tua ostinazione. Ma vedo che continui a spaventarti e a respingermi».
Rilassa le spalle riflettendo. «Non sono spaventata. Non voglio che tu abbia dei problemi».
«Ti preoccupi per me?», sollevo un sopracciglio, stupito.
«Ovvio. Davvero non lo dirai a nessuno?»
Muovo la testa sfiorandole la punta del naso con il mio. «No», rispondo roco.
Inspira gonfiando il petto. «E in cambio? Cosa vuoi?»
Spingo più in dentro l'indice e lei sussulta. «Allora? Abbiamo un accordo?», aggiungo un secondo dito.
«Ci andrai piano?», ansima.
«Neanche per sogno».
Sorride. «Posso pensarci?»
«Vuoi un assaggio? Un incentivo? Puoi scegliere». Senza attendere muovo le dita in fretta e mi approprio della sua pelle baciandole il collo, dopo avere inalato il suo odore come un tossico.
Lei spalanca la bocca e si avvinghia al mio corpo come se dovessimo fonderci. Il mio cazzo pulsa dolorosamente e non mi aspetto il suo gesto quando infila la mano nei miei boxer toccando il mio membro teso.
«Anche tu puoi scegliere».
Emetto un verso roco e lei ansima sempre più bagnata. Tocco quel bottone in maniera rude, mordendole sotto l'orecchio e viene in un attimo. Dovrebbe fermarsi e riprendersi, ma il mio ardore la spinge a muovere le dita sulla mia asta con vigore e pochi attimi dopo sono suo.

Moonlight - L'amore non ha antidotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora