Capitolo 24

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~ Luna ~

Ho fatto il carico di giornate silenziose, di attimi tristi e solitudine. Ho sopportato a lungo senza mai lasciarmi schiacciare al suolo dal dolore. Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per essere forte, per non cedere, per non vedere distrutta la mia anima.
Eppure continuo a ritrovarmi al punto di partenza. Come se stessi scontando una pena all'inferno per tutte le volte in cui questo cuore stanco ha incassato un altro duro colpo.
Posate d'argento, bicchieri di cristallo. Bottiglie del migliore champagne, del vino più pregiato. Aragoste, ostriche.
Poi ancora lanterne accese, drappi attorcigliati alle aste dei tendoni bianchi. Piante alte dalle foglie di un verde acceso.
Una lunga passerella all'entrata, con il tappeto rosso e le candele disposte sul sentiero. Poi ancora petali di rose sparpagliati ovunque.
I miei non hanno badato a spese. Più che una cena per festeggiare il loro anniversario di matrimonio, sembra un meeting di lavoro. Tanti sono i personaggi di spicco presenti e in giro per la villa. Molti dei quali non ho mai visto in vita mia.
Avrei fatto volentieri a meno di partecipare, in particolare dopo essere stata obbligata a indossare questo tubino rosa malva con un fiocco di tulle sulla spalla destra e i tacchi, che mi causano un dolore atroce ai piedi.
Sono passate due settimane e rischio di impazzire. Avevo dimenticato quanto fosse faticoso avere a che fare con la mia famiglia.
Inoltre, se dovrò continuare a essere seguita a ogni passo da una guardia di sicurezza, pronta a lanciarsi su di me per proteggermi, potrei seriamente valutare l'opzione di non tornare più.
Il mio telefono è sparito il mattino dopo avere avuto la discussione con Peter e non sono proprio riuscita a contattare in tempo nessuno, tantomeno a recuperarlo.
Non che abbia qualcuno con cui parlare dopo avere litigato e troncato i rapporti con Alissa.
L'unica persona con cui ho avuto a che fare per gran parte del tempo è stata Kellie.
Sospetto sia stato proprio mio fratello a metterla alle mie calcagna dopo averci spedite fuori da Santa Cruz, nella villa dei miei nonni, assenti per un viaggio in Europa.
Non so cosa sia successo. So solo che ho pensato tanto, forse troppo a Tor e mi è mancato. Avrei dovuto contattarlo quella notte stessa. Che stupida!
Mi piacerebbe vederlo. Avvicinarmi a lui quel tanto che basta da abbracciarlo senza più il terrore di spezzarmi tra le sue braccia.
In mezzo a questo sfarzo, a questa gente che non vede il mondo per quello che è davvero, mi chiedo se mi perdonerà mai, se ha pensato a me anche solo per un minuto o se è già passato oltre.
Sospiro guardando mesta il fondo della piscina. Qui non mi trovo a mio agio.
Lui mi farebbe sentire come se fossi esattamente dove dovrei essere.
In qualche modo mi fa da perno per tutte quelle volte in cui rischio di perdere l'equilibrio.
«Luna, tesoro», mio padre si avvicina con un uomo dalla folta barba bianca e un bastone da passeggio. Puzza di naftalina. «Morrigan lei è mia figlia Luna».
L'uomo mi rivolge uno sguardo languido, proprio come quello del resto degli invitati che mi sono stati presentati. Molti di loro vorrebbero farmi conoscere i loro figli.
Quando riesco a scappare dalla conversazione sul mio futuro e quello dell'azienda di mio padre, entro finalmente in cucina.
Appoggiata al ripiano marmorizzato, lancio corrucciata un'occhiata verso il giardino. Seguo mia madre, la quale continua a prendere piccole boccate d'aria per non iperventilare e a sorridere fintamente.
Un vassoio di tartine si trova proprio sotto il mio naso. Hanno un aspetto delizioso, ne prendo una mangiucchiandola del tutto assente.
Ho avuto lo stomaco chiuso, ho mangiato poco, spiluccato ogni piatto che Kellie mi ha messo davanti, e l'insonnia più e più volte è tornata spingendomi a stare male internamente.
«Ti nascondi da qualcuno?»
La voce roca, profonda di un uomo giunge alle mie spalle.
So a chi appartiene ancora prima di voltarmi e affrontarlo.
Tra gli invitati c'è Chester Connor, zio di Toren, con cui non avevo ancora avuto modo di scambiare qualche parola.
Sorrido sorpresa di vederlo qui dentro e non impegnato a parlare con qualcuno. È uno degli invitati più chiacchierati e ricercati.
«Risponderò di sì solo se non andrai a spiattellarlo a qualcuno. Soprattutto a mia madre. Potrebbe crollare definitivamente».
Chester è un uomo elegante. Indossa un abito Armani. Ha una corporatura slanciata, le spalle grandi e i capelli corvini sono pettinati elegantemente all'indietro.
Trasuda potenza da ogni poro. Quel tipo di potere che destabilizza qualsiasi persona si trovi nel raggio di qualche metro.
Se non sapessi già del grado di parentela, lo assocerei comunque a Toren. I due hanno persino lo stesso tono di voce. Forse è per questo che sto avendo i brividi da quando mi ha rivolto la parola.
E mi rendo conto che lui è in ogni parola che non sono riuscita a dire per paura di essere fraintesa. In tutti i baci che non ho saputo dare. In ogni notte in cui non sono riuscita a dormire.
Ha un sapore amaro questa distanza. Questa solitudine.
I giorni scorrono lenti e sembrano tutti uguali, incolori. Ma mi è stato utile. Ho capito che incontrarlo era ciò che mi serviva per imparare ad amare ed essere forte abbastanza da potere lasciare la presa. Solo che è sempre più difficile non rischiare del tutto il cuore.
«Anch'io mi sto nascondendo, da tuo padre. C'è spazio per me? Che cosa abbiamo di buono qui?»
Gli faccio cenno di accomodarsi. Lui gira intorno all'isola, trascinando con sé la traccia della colonia e di un lieve profumo delicato di arancia.
Non è affatto come lo descrive la gente. Sembra affabile e gentile.
Gli offro una tartina.
Chester adagia il calice sul ripiano e assaggia senza tante cerimonie.
Apprezzo questa sua naturalezza. Non c'è niente di artefatto in lui.
«Ho saputo che ti sei avvicinata a mio nipote nell'ultimo periodo».
Non mi aspettavo fosse diretto come lui. Mi irrigidisco. «Come hai fatto a saperlo?», deglutisco a fatica.
Mastica lentamente. I suoi occhi grigi mi si schiantano addosso e per un momento mi sento disorientata.
«Non fare niente se non vuoi che si sappia. Allora, che ha combinato?»
Pulisco gli angoli della bocca. Mi sento in diritto di difenderlo. Tor non è come credono. «Chi dice che abbia fatto qualcosa di sbagliato?»
Prende un sorso di vino soppesando le parole. «Lo conosco, Luna. Mio nipote non è un santo. Commette errori perché è impulsivo e poi non sa come chiedere scusa. O meglio, lo sa, ma si ostina a fingere che non gli importa. Per rispondere alla tua domanda inespressa, ho notato dal tuo sguardo che qualcosa non va con lui».
«Non ha fatto niente. È impulsivo, vero, ma ha un gran cuore e lo tiene ben nascosto».
Mi sorride e non capisco. Devo apparire confusa perché mi dà una spiegazione. «Stavo solo cercando di capire se potevo fidarmi di te. Penso tu sappia che non sono poi così ben visto da queste parti. Chiunque potrebbe essere una spia», dice paranoico.
Mi sgonfio come un palloncino. «Bel modo di testare la fiducia. A ogni modo non uscirà niente da questa bocca».
«Usa quello che fa male e avrai vinto», mi suggerisce con un sorriso cortese. «Sono felice che Tor abbia qualcuno disposto a difenderlo e che vada oltre le apparenze».
Arrossisco. «Noi non siamo...»
«Davvero?», passa la mano sul filo di barba.
Confermo un po' imbarazzata. «Non stiamo insieme. Dubito che la mia famiglia lo permetterebbe o che lui sarebbe disposto a rischiare per una come me».
Beve e annuisce come se comprendesse il senso delle mie parole. «Fossi in te non rinuncerei a ciò che mi fa stare bene».
«Lo dici come se avessi rinunciato a qualcosa di importante».
Rimango spiazzata mentre si allontana senza darmi una risposta. Ma ho notato il modo in cui i suoi occhi si sono un po' incupiti.
Peter entra in cucina nel medesimo istante in cui Chester raggiunge una donna in tailleur che ha richiamato la sua attenzione. «Che ci facevi qui dentro con Chester Connor? Sai chi è? Dovresti stare insieme a nostra madre. Non vedi che è disorientata?»
Da quella notte non riesco a guardarlo in faccia. Dentro di me si risveglia quell'istinto incontrollabile di farlo a pezzi con le parole.
«No, è divertente quando inizia a ridere senza motivo e papà è costretto a inventarsi una scusa per trascinarla via dalla festa», replico con un sorrisetto malefico. «Ha già ingoiato una manciata di pillole e bevuto qualche bicchiere in più. Sai come funziona su di lei».
Peter contrae la mascella. «Cosa stai facendo?», sibila sorridendo a due ospiti quando ci passano davanti.
Prendo il suo calice e bevo un sorso. «Mi assicuro che la serata sia meno deprimente, dato che devo restare qui. Peccato, non hai organizzato un altro viaggio improvviso dai nonni questo weekend, mi sarebbe piaciuto stare lontana da voi e non dovermi sorbire questi teatrini».
Mi sottrae il bicchiere dalle labbra. «Non sei prigioniera e dovresti comportarti da adulta. Ho convinto papà a mandarti dai nonni perché ne avevi bisogno. Non eri più lucida».
«Stai dicendo che sono stata traviata solo perché sei geloso? Ti ascolti quando parli? Hai esagerato e continui a non capire che mi devi delle scuse e devi ridarmi il mio cellulare», provo a fare un passo avanti e lui mi ferma afferrandomi per il braccio.
«Luna...»
«Non so la ragione del tuo ritorno, tantomeno il perché tu sia tanto spaventato da tenermi incatenata. Sei andato fuori di testa sottraendomi il cellulare e mandandomi come un pacco in un altro posto. Mi hai isolata credendo che sarei tornata e mi sarei comportata da bambola proprio come nostra madre. Ma ti sei sbagliato. Io non sono lei», divincolandomi mi sposto in giardino proprio mentre compare Alissa, in abito giallo canarino, accompagnata da Declan.
«Perfetto», dico ad alta voce. «Ci mancavano solo loro per completare il triangolo. C'era da aspettarselo».
Peter mi sente e mi punta addosso quei suoi occhi carichi di rimprovero. «Cerca di essere educata con i nostri invitati, sorellina», sorride ad Alissa e Declan.
Vago in cerca di un appiglio, ma non ne trovo e allora non mi resta che rimanere ferma, lasciando che i due ci raggiungano.
Alissa mi rivolge un cenno con la testa, i suoi occhi castani scrutano intorno e sorride a un paio di persone.
I suoi genitori sono a pochi metri dal buffet e sembrano divertiti.
Deduco non abbia ancora detto loro che non siamo più in buoni rapporti. Scommetto che l'ha fatto solo per riuscire a organizzare quella dannata festa per l'inaugurazione del pontile.
Declan saluta Peter e i due si lanciano in una conversazione su una recente partita.
Un cameriere passa e porge loro dei calici.
«A questa serata e all'amicizia», pronuncia mio fratello.
Non riesco a frenare il commento: «Stai abusando di una parola importante. Attento fratellone, le pugnalate arrivano quasi sempre dai cosiddetti amici. E le persone che hai davanti non lo sono», mi allontano di un passo sotto lo sguardo nervoso dei nostri genitori.
Alissa digrigna i denti. «Vuoi proprio farlo qui davanti a tutti?»
Le sorrido raddrizzando le spalle. «Perché? Così puoi continuare a fingere di essere mia amica per trarne vantaggio? Non hai ancora detto ai tuoi genitori cosa hai fatto?»
Sentendomi, ci raggiungono chiedendo una spiegazione.
Alissa, le guance paonazze, scuote la testa per fermarmi.
«Vostra figlia mi ha sempre usata e non siamo più amiche, quindi se proprio volete permetterle di fare qualsiasi cosa, vi toccherà assicurarvi che non sia circondata dalle persone che per anni ci hanno derise. Ah, già, dimenticavo, Alissa era una di loro. Era d'accordo quando mi picchiavano dentro uno spogliatoio».
«Che cosa?»
«Sorellina, smettila!», sibila Peter schiarendo la voce. «Non è il momento».
Lo guardo come se fosse un parassita. «Non è il momento neanche di dire che sei vicino a un ragazzo che ha tentato di drogarmi a una festa e mi ha messo le mani addosso di recente? Bene, allora ho finito».
Quando Peter si avvicina, pronto a fermarmi, mentre i genitori di Alissa cominciano a tempestarla di domande e i miei a sedare gli animi spostando l'attenzione di tutti altrove, qualcuno mi si piazza davanti costringendolo a retrocedere.
«Signorina Maddox, speravo di parlarle. So di interromperla ma ho una proposta per lei».
Chester Connor mi sorride e il mio cuore si accartoccia.
«Volentieri».
Ci allontaniamo per sederci a un tavolo abbastanza isolato. Mio padre ci scruta da lontano nascondendosi dietro un sorriso e un calice.
«Non mi serve una guardia del corpo. Ne ho già un paio», nascondo le mani che tremano.
«Credi che non lo sappia? Ho solo evitato che tuo fratello perdesse il suo naturale autocontrollo. Sai, ho un ricordo nitido dell'ultima volta».
Mi faccio subito attenta. «Hai visto...»
«Sono andato a recuperare mio nipote quella notte e credimi, tuo fratello non ha imparato proprio niente», lo guarda con sdegno. Aggiusta la giacca dell'abito e i polsini.
Non so ancora la ragione di quel litigio.
«Di recente hai incontrato Tor?», non resisto all'impulso. Devo sapere.
Gioca facendo oscillare il liquido rosso dentro il calice. «Non passo molto tempo da queste parti. Ma quando riesco, i miei nipoti sono una priorità. Non posso dire lo stesso di Ben. Mio fratello non sopporta la mia presenza in casa sua. Tornando alla tua domanda, sì, sono stato a cena con lui».
«E come sta?», chiedo con agitazione evidente.
Chester soppesa il mio sguardo. «Come uno che è stato lasciato all'improvviso da solo e ha dovuto proteggersi di nuovo».
Corrugo la fronte. «Credo ci sia stato un malinteso. Peter ha convinto i miei a mandarmi dai miei nonni, che per inciso non erano neanche in casa. Non avevo dietro il mio cellulare, non potevo nemmeno muovermi a causa delle guardie. Non so a memoria i numeri e non sono riuscita a mettermi in alcun modo in contatto con lui per spiegarglielo», racconto per la prima volta a qualcuno.
Annuisce. Beve un sorso scandagliando il giardino. «Hai bisogno di aiuto, Luna», picchietta l'indice sulle labbra.
Il mio cuore si ribella. «Che cosa intendi?»
«Che devi uscire da qui. Tuo padre è un odioso idiota del cazzo e tuo fratello una grossa spina nel fianco».
«Come faccio a uscire da qui? Peter continua a seguirmi come un segugio».
Sorride e mi manca il fiato.
Sono identici.
«Troveremo una soluzione a questo. Ma io intendo che hai bisogno di allontanarti dalla tua famiglia per molto più tempo. Prima avrebbero dovuto sbattere fuori gli Spencer e i Wells, soprattutto difenderti, non farti passare per isterica».
«E tu... hai intenzione di aiutarmi?»
«Farò il possibile. Ho capito perché mio nipote tiene molto a te».
I miei occhi si riempiono di lacrime. Sono così emozionata e sorpresa da sentire il labbro tremare. Per anni nessuno si è fatto avanti, nessuno mi ha teso una mano. «Grazie».
Si solleva. «Adesso fammi ammaliare un altro po' questa folla. A tuo padre non fa piacere non trovarsi al centro dell'attenzione. A fine serata ricordati di reggermi il gioco. Per il resto, prova a divertirti», mi indica qualcosa o per meglio dire qualcuno.
Sulla soglia, un po' impacciata, con un tubino color oro, i capelli mossi legati con cura, si ferma Summer.
Chester mi fa l'occhiolino raggiungendo mio padre con un ampio sorriso perfido. Io mi sposto verso Summer.
«Ciao, non pensavo saresti venuta quando ti ho mandato l'invito».
«È difficile ignorare una busta tanto graziosa quando arriva», sorride prendendomi subito a braccetto. «Ed è bello vederti. Ho saputo che hai avuto dei problemi. Mi dispiace».
Le sorrido. Per la prima volta in così tanti giorni, ritrovo la forza per farlo.
Ho invitato anche Toren, Rio e JonD ma non hanno risposto e non si sono presentati. In parte capisco la ragione. Ma non volevo si sentissero esclusi, dato che ho invitato anche Summer.
«Sei splendida», mi complimento con lei facendole fare un ampio giro su se stessa.
Ridacchia. «Anche tu. Prendiamo da bere e parliamo un po', ti va?»
Ci dirigiamo verso il tavolo delle bevande. Prendiamo un calice di champagne e siamo pronte a spostarci in disparte.
«Chi lo avrebbe detto che avresti trovato una nuova amica tanto presto». Alissa si versa del punch assumendo una posa da snob. La mano sul fianco e un sorriso da arpia. Non ha gradito quello che le ho fatto prima. «Sfigata come te».
Il sangue mi ribolle dentro ma ci pensa Summer a reagire, evitando che io le versi addosso il contenuto del mio bicchiere. «Da quello che mi risulta qui l'unica sfigata sei proprio tu. Dove stanno le tue nuove amiche? Ah già, avevano impegni più urgenti stasera. Luna, andiamo?»
Seguo Summer in direzione del portico. «Scusami, non la sopporto».
«Come facevi a sapere delle sue nuove amiche?»
«La gente parla in questo posto. Ho lavorato un paio di volte in un piccolo chiosco e non sai quante cose sono riuscita a sapere».
Bevo un sorso. «Puoi dirmi come sta?»
«Il solito brontolone. Adesso un po' più cupo e silenzioso del solito. Gli manchi».
«Anche lui», sospiro.
Arrossisco non appena mi rendo conto di quello che ho appena rivelato. Schiarisco la voce. «Ehm, mi manca parlare con lui».
Mi molla una spallata affettuosa. «Con me non devi mentire».
«È solo... complicato», scuoto la testa.
«Che ne dici di andare ai falò in spiaggia dopo?», propone. «Sono sicura che lo incontrerai lì e potrai parlare con lui».
«Accetto. Spero tanto di vederlo».
«Adesso però dobbiamo dare il nostro contributo a questa festa», sorride radiosa trascinandomi verso il fondo del giardino dove un DJ sta animando la serata.
Summer, con scioltezza, richiede al ragazzo una canzone, poi mi spinge in mezzo alla gente.

Moonlight - L'amore non ha antidotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora