Capitolo 2

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~ Luna ~

Quando sei circondata da persone che non si accorgono di niente, alla fine cominci a credere di essere invisibile.
Potrei mettermi a urlare quello che sento. Non sono sicura mi sentirebbero. E anche solo simulare un sorriso diventa difficile.
Finita.
Fatta a pezzi.
Cocci incompatibili pieni di fragilità, me li tengo dentro. Li accumulo come perle in un portagioie. In un abisso senza fondo, infinito come il buio.
Ho ingoiato talmente tante boccate d'aria, da sapere restare in apnea quando le situazioni lo richiedono.
Questo è decisamente uno di quei momenti. Mi ritrovo a cena con i miei genitori e sto letteralmente impazzendo.
Guardo distratta dalla vetrata.
I raggi del sole hanno creato bellissime sfumature dorate sull'acqua increspata dalle lievi onde che raggiungono la riva in un via vai tranquillo. Il cielo si sta tingendo di rosso, rosa e arancio preparandosi al tramonto. È così piacevole da sembrare lo sfondo di un film irripetibile.
La voglia di aprire la vetrata e lasciare entrare in casa l'odore dell'oceano, il calore della giornata che volge al termine, quello della libertà, è tanta. Ma non approverebbero.
«Tesoro, mi stai ascoltando?»
Distolgo lo sguardo dalla vetrata. Mio padre attende una risposta con aria severa.
«Certo. Continua pure», mento.
Quale era l'argomento? Da quanto sta parlando?
Ector Maddox non è un uomo qualunque. Come dice sempre sua madre: da quando è nato è destinato al successo. Il che ha un fondo di verità.
Non fa che parlare di affari, dei suoi successi, degli impegni e di ogni singola cosa riesca a metterlo al centro dell'attenzione.
È un uomo competitivo e incline ad ottenere con qualsiasi mezzo quello che vuole. Tradotto nel gergo dei comuni mortali: è un egocentrico del cazzo. Per mia madre invece, è un genio di talento, ma solo quando può spendere come e quando vuole i soldi che lui guadagna.
Rigiro la forchetta nel piatto pieno di asparagi e una salsa simile al budino accanto al purè di patate.
Mi si è chiuso lo stomaco quando hanno iniziato a parlare di feste e così tanti eventi a cui partecipare, da farmi venire una forte emicrania.
Non pensano a nient'altro. Non vedono che soldi, amicizie o nuove alleanze da stringere, affari da concludere.
Per un po' avevo quasi dimenticato quanto fosse snervante tutto questo, la mia vita in generale. Mi sono illusa di avere assaggiato un po' di libertà.
Non so nemmeno io perché mi trovo a Santa Cruz e non ancora a Berkeley. Lì almeno avrei potuto decidere da sola cosa mettermi addosso senza sembrare un manichino per una comunissima cena o cosa mangiare senza avvertire la nausea ad ogni boccone.
Nella mia stanza, tra le mie cose, avrei guardato una serie TV o ascoltato un audiolibro. Mi sarei sentita la vera Luna. Non una creatura dei miei genitori.
Ricevo un messaggio da parte di Alissa. Una sorta di sos che leggo di nascosto.
A tavola non è consentito usare i cellulari. Ma questa regola vale solo per la sottoscritta. E per mio fratello, se solo si fosse degnato di raggiungerci almeno per qualche giorno. Ma a Peter è stato concesso di stare lontano dalla famiglia per potersi divertire insieme ai suoi nuovi amici della squadra.
Da un lato è colpa mia se mi trovo qui. Sono stata io a seguire Alissa. L'ho fatto senza riflettere su come mi sarei sentita una volta avere rimesso piede in questo ambiente.
Attualmente, abbiamo entrambe bisogno di uscire e di allontanarci dalle nostre famiglie. Non che qui i posti siano tutti sicuri e le persone che abbiamo rivisto dopo tanto tempo a quella festa in spiaggia gentili. Ma tutto è decisamente meglio di una cena con i Maddox. Correrei qualsiasi rischio.
Schiarisco la voce. «Papà», attiro la sua attenzione, interrompendo per un momento il suo sproloquio.
Mia madre, sbattendo incredula le ciglia finte, mi rivolge la sua attenzione guardandomi come se avessi appena affrontato un argomento scottante.
Lei è sempre così perfetta, posata, incipriata. Una sorta di bambola gonfiabile remissiva.
Durante l'adolescenza ci sono stati momenti in cui avrei tanto voluto scuoterla e farla riprendere, supplicarla di comportarsi da genitore e non da viziata e moglie trofeo dell'anno. Soprattutto quando c'erano delle riunioni o eventi importanti a scuola e lei continuava a mettersi in mostra tralasciando un fatto importante: me.
«Posso prendere la tua auto? Io e Alissa usciamo un po' stasera».
«Ma certo, prendi pure la Mustang rossa, tesoro. La trovi in garage», continua a parlare con mia madre come se niente fosse. «Torna presto, mi raccomando. Non mi piace vederti rientrare come una ladra all'alba. E niente ragazzi in camera. Sai bene che...»
Sbuffo e mi allontano da tavola senza nemmeno ascoltarlo quando nomina i Wells, la famiglia di Declan.
Vado a cambiarmi, indossando degli shorts in denim chiari e a vita alta, insieme a un top color acquamarina con la schiena scoperta e i miei gioielli preferiti: una collanina con il ciondolo a forma di stella e due anellini che tengo sulle falangi del pollice e dell'indice.
Una volta in garage, avvolta dall'odore di olio, lucido da scarpe e pulito, invio un messaggio alla mia amica, avvisandola che tra non molto sarò da lei.

Moonlight - L'amore non ha antidotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora