Mi svegliai nel momento in cui la limo si fermò sotto casa mia. Andrew non era in macchina con me, per cui mi lasciai andare ad un sonoro sbadiglio e mi stiracchiai per benino tendendo le braccia verso l'alto.
<< È arrivata a destinazione, signorina Hart >> disse l'autista, probabilmente nel tentativo di farmi lasciare l'auto; ma io indugiai ancora un po'.
<< Sì, lo so >> dissi, guardandomi le scarpe - le mie adorate ballerine - e sorridendo beatamente:
Michael Jackson mi aveva invitata a casa sua.
Non riuscivo a crederci. Avevo sognato quel momento per così tanto tempo che mi ero lasciata consumare da quel desiderio logorante: eppure neanche nelle mie fantasie più sfrenate avrei potuto immaginare che mi avrebbe invitata a casa sua; tantomeno alla prima sera dopo esserci ritrovati.
<< Signorina Hart, sono le venti in punto >> fece l'autista, interrompendo i miei pensieri. Mi ricordai che il suo orario di lavoro scadesse esattamente alle venti, per cui ritornai alla realtà e mi feci forza per abbandonare il caldo e confortevole abitacolo della limousine.
<< Grazie per avermi avvertita >> dissi all'autista. Senza aspettare che aprisse per me la portiera, sgusciai fuori dall'auto e corsi verso la residenza. Quando arrivai in casa, mi lasciai andare ad uno sfogo di gioia. Presi a saltellare e a canticchiare per tutto l'appartamento, ballai il walzer da sola e intonai canzoncine d'amore. Mi sentivo esattamente come Cenerentola.
Fu uno sguardo all'orogolio a riportarmi alla realtà: erano le 20:45; non mi restava che poco più di un'ora per rendermi presentabile per la serata più bella della mia vita.
Decisi in fretta di fare un bagno caldo, per scaricare la tensione accumulata in quella giornata; abbondai con i sali da bagno e utilizzai i saponi più profumati che avessi. Raccolsi i capelli, perfettamente acconciati dai miei hairstylist, in uno chignon, per evitare che si bagnassero. Poi mi immersi nell'acqua tiepida, e mi godei un po' di sano relax.
Quindici minuti dopo lasciai la vasca. Avevo un'odore inebriante, di pesca e vaniglia. Pensai comunque di stendere della crema idratante su tutto il corpo, di profumare il collo e i polsi e applicare due diverse maschere di bellezza sul viso. Con un asciugamano avvolto attorno al corpo e una crema verdastra sul volto, mi recai alla cabina armadio per scegliere cosa indossare.
Mai decisione fu più difficile: mi sentivo impazzire.
Non sapevo né che stile adottare, né che colori usare. Formale o sbarazzina? Composta o sexy? Dolce o aggressiva? Rosso o oro? Blu oltremare o azzurro cenere?
A ridestarmi da quella profonda indecisione fu un'occhiata all'orologio: erano le 21:30, e io avevo ancora la maschera sul viso, ero ancora struccata e senza un outfit.
Alla fine decisi di vestirmi alla carlona, presa dalla fretta, e optai per una maglia attillata verde bottiglia, con lo scollo a barca, dei jeans e le ballerine nere in pelle.
Nella restante mezz'ora, mi concentrai sul viso: risciacquai più volte i residui della maschera di bellezza, e mi truccai con i toni caldi del marrone e del bronzo. Nel momento in cui stavo applicando un gloss lucido, sentii il clacson di un'automobile suonare sotto casa.
Mi precipitai alla porta, afferrai un cappotto nero dall'attaccapanni, e sciolsi i capelli mentre scendevo correndo per le scale; mi assicurai che cadessero in morbide onde così come la mia hairstylist preferita aveva previsto, quella mattina, e poi mi fiondai all'uscita della residenza.
Rimasi allibita scoprendo che la macchina che mi avrebbe portata a casa di Michael fosse una Rolls Royce.
Davanti a quell'auto stupenda, fui colta da un attacco di panico. Mi sentivo incapace di muovermi, e iniziarono a sudarmi pesantemente le mani. Di lì a poco avrei rivisto Michael Jackson. Avevo un appuntamento con lui. Io e lui soltanto.
Mi sentii mancare.
Trassi due profondi respiri, nel tentativo di calmarmi e di farmi forza. Quando mi decisi ad avanzare verso l'automobile, trovai l'autista pronto ad aprirmi la portiera. Era un uomo alto, sulla sessantina, dall'aria molto elegante. Mi rivolse un grosso sorriso accompagnato da un lieve inchino.
<< Grazie mille >> gli dissi, timidamente. Lui rispose alzando leggermente il cappello; aspettò che entrassi in auto, e poi richiuse la portiera dietro di sé.
Quello fu il nostro unico scambio di battute: l'autista non proferì parola durante tutto il viaggio, e nonostante avessi pensato più volte di parlargli - sia per distrarmi dall'ansia, sia per scoprire qualcosa in più riguardo il suo datore di lavoro - ogni volta che provassi ad aprire bocca mi sentivo impedita da un inspiegabile timore.
Il tragitto non durò molto, ma fui molto stupita nell'accorgermi che avevamo imboccato una strada completamente periferica, che sarebbe sfociata poi in campagna. Continuavamo ad inoltrarci in zone sempre meno illuminate e sempre più distanti dal centro; iniziai a preoccuparmi: dove diavolo mi stava portando?
Presto scomparve ogni forma di illuminazione artificiale e ci ritrovammo in una strada buia, rischiarata esclusivamente dai fari della Rolls Royce. Prima che potessi fare una qualsiasi domanda, l'autista svoltò a destra e fummo in un meraviglioso viale alberato. Era una strada ampia, lastricata, costeggiata da alberi di pesco a cui erano appese lanterne luminose che contribuivano a rendere il luogo un posto "fatato". Mentre mi perdevo ad ammirare il paesaggio suggestivo, il viale sfociò in uno slargo zeppo di aiuole fiorite e perfettamente curate, in cui spiccava un meraviglioso cottage di campagna in stile inglese. La zona era piena di verde e di alberi dalle dimensioni più svariate; notai come il perimetro del cottage fosse occupato da cespugli e siepi, e come dei graziosissimi lampioncini vittoriani illuminassero l'esterno della casa.
L'autista venne ad aprirmi la portiera, distraendomi dalla contemplazione di quel luogo fiabesco.
<< Mademoiselle >> disse con grande professionalità , accennando un inchino.
Scesi immediatamente dall'automobile e seguii il sentiero ciottolato che conduceva al cottage. Mi sentivo frastornata per quanto mi piacesse quel luogo.
Senza neanche rendermene conto, fui davanti alla porta di casa. Chiusi la mano a pugno per bussare e farmi aprire, ma prima che le mie nocche toccassero il legno, la porta si aprì, e mi ritrovai davanti Michael Jackson, per la prima volta in abiti casalinghi; niente smoking, niente costume di scena, niente vestiti eleganti: indossava semplicemente un golfino blu, dei jeans e gli immancabili mocassini neri - che, da quanto avevo capito, erano ormai parte del suo stile - ed era bello da mozzare il fiato.
<< Ti stavo aspettando >> mi disse, rivolgendomi un sorriso abbagliante. Un brivido mi percorse mentre sentivo il mio cuore sciogliersi alla vista di quegli occhi. << Vuoi entrare? >>
<< Non sapevo che abitassi in una radura di fate >> replicai mentre entravo nel cottage e ne ammiravo l'arredamento in perfetto stile inglese.
<< Non ci abito >> gli sentii dire, un secondo dopo aver chiuso la porta << mi ci rifiugio solo quando voglio un po' di pace >>. Lo guardai in viso e mi resi conto di come il suo sorriso meraviglioso si fosse colorato di una sfumatura malinconica.
<< È stupendo >> risposi, in compenso << mi piace da morire >>. I suoi occhi brillarono in modo da farmi impazzire.
<< Sono contento che ti piaccia. Cosa ti andrebbe di fare stasera? >> La sua voce era talmente suadente che ogni qual volta mi parlasse avevo l'impressione che mi si fondesse il cuore, e che lui gli desse una forma nuova.
<< Tu che programmi avevi? >> cercai di nascondere l'emozione nel mio tono di voce, ma fu impossibile, e la frase mi rimase strozzata in gola.
Michael si pizzicò il mento con due dita e scrollò le spalle << Nessun programma >> disse << Solo un po' di relax con la Thriller girl migliore che potessi scegliere >> mi guardò dritto negli occhi e mi rivolse un altro sorriso disarmante. Io arrossii violentemente, ma nonostante ciò sostenni il suo sguardo. Ancora una volta cercai di osservare i suoi lineamenti e di focalizzarmi sulle caratteristiche del suo viso. Il naso mi sembrava più sottile rispetto a quando lo avevo incontrato un anno fa. Che lo avesse rifatto?
<< Che ne diresti di guardare un film? >> esordì Michael interrompendo la mia analisi. Mi si avvicinò e mi prese la mano per condurmi ad un divano di fronte all'enorme televisore, dall'altro lato della sala. Io lo seguii e intanto, cercando di essere più lieve possibile, gli diesgnai dei cerchi immaginari sul dorso della mano. Evidentemente lui se ne accorse, perché lo sentii stringernela più forte. Dio, quanto mi piaceva.
Si fermò davanti a un mobiletto in legno intarsiato.
<< Qui dentro ci sono alcuni dei miei film preferiti >> disse, indicandolo << a te l'onore di scegliere >>. Lo guardai tra le ciglia, e mi chinai ad aprire le ante del mobile senza profire parola. Rimasi di stucco quando mi balzò all'occhio una fila di film di Charlie Chaplin.
<< Ti piace Charlie Chaplin? >> chiesi, rivolgendomi a Michael. Sentii il mio volto distendersi in un sorriso di stupore.
<< Certamente. I suoi film sono i miei preferiti in assoluto >> si chinò anche lui, per guardarmi negli occhi. Dovetti coprirmi il viso con le mani per evitare di commuovermi.
<< Non può essere >> sussurrai.
<< Piace anche a te? >> disse Michael, sfiorandomi la guancia col dorso delle dita, e incitandomi a scoprire il viso. Lo guardai seria.
<< Lo adoro >>.
<< Assurdo >> sussurrò, accennando una risata cristallina. Rivolse per un attimo lo sguardo ai film, poi di nuovo a me.
<< Quale preferiresti guardare? >> le sue dita percorsero l'intera fila di videocassette, ognuna contrassegnata dal titolo di un film, finché non trovarono le mie, ferme già da qualche secondo su quella la cui etichetta recitava "Il monello". Michael sorrise adorabilmente. Rimanemmo qualche secondo a guardarci negli occhi, ed ebbi la sensazione che le mie iridi si stessero confondendo nelle sue, marrone in marrone, scuro in scuro; poi sfilò la videocassetta che avevamo scelto tacitamente dal mobiletto e si levò in piedi.
<< Aspettami qui, ci metterò un attimo >> disse, con una voce così bassa da mandarmi in tilt. Poi mi baciò sulla guancia e salì per la scala a chiocciola a passo svelto. Seguii la sua figura dileguarsi al piano di sopra, mentre il viso mi andava a fuoco.
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Lady in my life
Fanfiction"There'll be no darkness tonight, lady our love will shine lighting the night" dice l'incipit della canzone. Ma la supermodella Chrissie Hart riuscirà davvero a vincere i propri demoni per rischiarare il buio interiore della star più amata del mondo...