Chapter 14: Restart (Pt. 1)

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I giorni successivi presso la reggia Jackson proseguirono tranquilli. Michael trascorreva con me la maggior parte del tempo e mi teneva occupata con le attività più disparate. Di giorno facevamo delle lunghe passeggiate nella proprietà che si estendeva lungo il perimetro della villa. Scoprii presto che si trattava di terre piene di sorprese: Michael era proprietario di un intero bosco dove era solito organizzare cacce al tesoro, gare di gavettoni e interi tornei di nascondino; la parte della proprietà che invece si estendeva verso ponente rispetto alla collina di Hollywood era adibita a giardini, ricchi di sculture di alberi decorativi in perfetto stile Disneyland. Addirittura nella fronda di un melo era stata ricreata la figura di Peter Pan; in una siepe, invece, il volto di topolino; in quasi tutte le restanti aiuole spiccava invece lo stemma "MJ" - lo stesso che adornava tutte le posate d'argento - ricavato da assemblamenti di fiori di sorta - tulipani, ranuncoli e perfino rose.

Tutto ciò era a dir poco stupefacente e nonostante ormai vivessi con Michael da quasi due settimane non riuscivo mai a smettere di meravigliarmi di fronte alle scoperte assurde in cui, di giorno in giorno, mi imbattevo durante le mie passeggiate all'aria aperta. Un giorno, addirittura, scoprii che lungo tutto il confine dei giardini Michael aveva fatto costruire uno zoo intero, con tanto di animali esotici - cammelli, lama, elefanti, tigri e scimmie. Quando lo scoprii fui così pervasa dall'entusiasmo che presi a chiedere a Michael di accompagnarmici ogni giorno. Lui mi accontentava: ogni giorno ci andavamo assieme dopo pranzo. Ero diventata ormai una presenza abituale per gli animali, tanto che gli scimpanzé quando mi vedevano arrivare iniziavano ad esultare e a fare a gara a chi mi raggiungesse più in fretta - ovviamente solo per rubarmi dalle mani le leccornie che sceglievo appositamente per loro.

Così mi tenevo impegnata di giorno, a contatto con la natura e col sole. Dimenticai i libri dell'università e tutti gli affanni e le diete della mia vita precedente. All'aria aperta, il mio corpo si rinvigorì, e il mio viso tornò a colorarsi di rosso. Trascorrevo così tanto tempo all'aperto che persino i miei capelli si erano schiariti per l'esposizione ai raggi solari. Michael adorava quei nuovi riflessi dorati. Ogni sera trascorreva minuti interi a rigirarsi tra le dita le ciocche più chiare, dicendo che non sapeva dire se gli ricordassero più il colore dell'oro o del miele. Io gli dicevo che avrebbero dovuto ricordargli la luce, quella che solo lui aveva portato nella mia vita. A quelle mie parole arrossiva e col suo sorriso innocente finiva col cambiare discorso, per dissimulare l'imbarazzo.

Le cose tra noi andavano magnificamente. Se di giorno trascorrevamo ore ed ore all'aria aperta, di sera ci acciambellavamo assieme sul divano a leggere Shakespeare o ci intrattenevamo nella sala cinema della Villa, a guardare lungometraggi di Chaplin. Di tanto in tanto gli tenevo compagnia mentre faceva i suoi esercizi vocali al pianoforte, beandomi della meravigliosa sensazione di essere l'unica che poteva sentirlo cantare e suonare in quei momenti.

Tutte le notti dormivamo assieme; di solito era lui a sgusciare di soppiatto nella mia stanza - non volevo che i suoi domestici sapessero che trascorrevamo insieme praticamente ogni notte - ma in due occasioni mi lasciai condurre da lui verso la sua stanza, mano nella mano, come una vera coppia, senza nasconderci. Tutte le volte dormivo beatamente e mi risvegliavo col cuore ricolmo di gioia sentendo l'incavo della sua clavicola sotto la mia guancia.

Tutto procedeva come in sogno: non avrei potuto chiedere di più.

*

Erano trascorse circa tre settimane di pura estasi dal mio arrivo in casa Jackson ed era ormai arrivato il momento della mia visita medica di controllo.

La mattina della visita Michael mi svegliò con un bacio sulla fronte. Era sinceramente preoccupato dell'esito di quel controllo medico, ma io mi sentivo stranamente calma: sapevo che sarebbe andata bene. Era impossibile che tutta quella gioia non avesse contagiato anche il mio organismo.

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