Chapter 13: Walking Together

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<< Michael, aspettami! >> Urlai col fiatone, mentre tentavo di correre al massimo delle mie capacità. Stavamo correndo in salita da più di dieci minuti, a tutta forza, percorrendo il profilo di una collinetta distante circa 3 km dalla casa di Michael, ma ancora compresa nella sua proprietà. Lui rise alla mia supplica e piano piano rallentò, come a darmela vinta. Avevamo fatto un'altra gara: chi fosse arrivato per primo in cima alla collina avrebbe vinto. Ma non eravamo neanche a metà strada e sentivo già le ginocchia cedermi: non avrei mai potuto resistere fino alla fine. Del resto ero fuori allenamento, fuori forma e, soprattutto, ancora convalescente. Michael sembrò dimenticarsi della sfida al semplice suono delle mie parole, esattamente come aveva fatto ad ora di pranzo. La gara a chi finisse prima la porzione di pasta ripiena era diventata una questione di orgoglio talmente vitale per me in quel momento, che non accennai a mollare la presa neanche al secondo conato di vomito (comprensibile, dato che non ingerivo cibo solido in quantità dignitose da non so quanto tempo). Michael, che si era visibilmente preoccupato a quella visione, volle per forza dichiararsi sconfitto a tavolino... così concludemmo il nostro pasto con calma - ma, soprattutto, assieme.

<< E va bene! >> urlò Michael in risposta alle mie implorazioni. Con un sorriso enorme e senza la minima traccia di sforzo sul viso, indietreggiò verso di me. Io gli tesi la mano, sorridendo a mia volta, e lui la afferrò per attirarmi a sé e farci ruzzolare entrambi a terra.

<< Mi-chael >> riuscii a pronunciare tra le risate e lo stupore, mentre cercavo di rimettere a posto il mio vestito. << Vuoi dirmi dove stiamo andando? >> Lui mi guardò con quegli enormi occhi scuri che sapevano infondere tutta la dolcezza del mondo e in cui io avrei potuto perdermi cento volte, in cento diverse vite.

<< È un posto speciale >> disse, levando lo sguardo al cielo.

<< Questo lo so. Lo hai ripetuto mille volte >>.

Sorrise. << Credo che ti piacerà moltissimo. Ho scritto molte canzoni lassù >>.

Quest'ultima affermazione mi lasciò così spiazzata che iniziai ad incuriosirmi.

<< Manca molto? >> chiesi, mentre sentivo il mio respiro regolarizzarsi e il mio corpo riprendersi dallo sforzo.

<< Ancora un po', ma non c'è fretta >>. Michael prese una ciocca dei miei capelli e iniziò a rigirarsela tra le dita, come per analizzarne i riflessi dorati sotto la luce solare.

<< Invece voglio andarci presto >> sbottai, mettendomi in piedi e interrompendo il suo passatempo. << Ormai mi hai incuriosita >> gli sorrisi mentre gli tendevo una mano per incitarlo a tirarsi sù a sua volta. Lui la afferrò e con uno scatto sinuoso fu subito al mio fianco. Posò la sua mano sulla mia schiena e iniziammo a metterci in moto, questa volta lentamente.

<< Allora >> esordì Michael con un ghigno adorabile sul volto << non mi hai raccontato nulla di te fino ad ora >>.

<< Oh >> avvampai. << C-cosa vuoi sapere? >> pronunciai quelle parole con evidente imbarazzo: detestavo aprire argomenti che implicassero  fare dei tuffi nel passato.

Michael si strinse nelle spalle con una disinvoltura tale da cozzare col mio impaccio. << Non so, qualsiasi cosa ti faccia piacere condividere con me. Ad esempio, fino ad ora so solo che studi all'Università... ma non sarei neanche in grado di dire cosa studi >>.

In quel momento, mentre sostenevo il passo per affrontare la salita, che diventava via via più ripida, mi resi conto di quanto fossi stata elusiva con lui. Non avevo fatto altro che scappare via sgarbatamente ad ogni nostro incontro, senza lasciare tracce di me, ricomparendo solo anni dopo per finire col piombargli in casa con la scusa di una malattia.

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