Prologo

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«Non dovremmo baciarci... di nuovo.»

Emma non riusciva a staccare gli occhi dalle sue labbra. Regina Mills era diventata il suo unico pensiero, praticamente la sua ossessione dal momento stesso in cui aveva posato gli occhi su di lei. E il fatto che Regina si dimostrasse altrettanto attratta da lei era solo un altro gradino rotto sotto ai suoi piedi. Non potevano stare insieme. Regina aveva già un partner. Non potevano stare insieme perché erano come una sigaretta accesa lanciata su una scia di benzina. Sarebbero esplose, non c'erano dubbi. E lei già bruciava. Per questo non potevano stare insieme. Eppure era l'unica cosa che riuscissero a fare.

«Lo so» sussurrò il sindaco con le mani ancora aggrappate alla sua dannata giacca rossa. Gli occhi fissi sulle sue labbra. Labbra che non dovrebbe baciare, non dovrebbe desiderare... e invece tutto quello che desiderava era sfiorarle ancora una volta, e poi un'altra. Lei stava con Robin. Un piccolo sospiro uscì dalla sua bocca. Sapeva di doversi staccare da lei, da quella donna che l'aveva fatta cadere in una trappola da cui non voleva uscire.

Emma si sporse e posò le labbra sulle sue in uno sfogo di rabbia e passione. Dio, come poteva resisterle? Come poteva resistere a quel profumo, al suo sapore, al modo in cui la attirava a sé. E di nuovo, Regina sentì le sue labbra morbide che si muovevano sulle sue. Doveva fermarsi, era già in ritardo ma non riusciva a staccarsi da lei. Le morse il labbro inferiore per poi leccarlo mentre le sue mani si insinuavano sotto la sua giacca.

Emma gemette, odiandosi per la propria debolezza. Provò a protestare ma ne uscì solo un mugugno, un "no" soffocato dal tumulto che la spingeva a far scivolare le dita sotto l'orlo del suo vestito. Regina emise il più caldo dei gemiti al tocco delle sue dita mentre le sue mani si soffermavano sul suo seno. Doveva fermarsi, dovevano smetterla... Regina la spinse contro il muro e si poggiò a lei.

Emma ansimò, schiacciata tra lei e il muro. La sensazione più bella che avesse mai provato. Ma non doveva provarla, no, doveva spingerla via. Le sue mani si mossero, ma solo per accarezzarla ancora.

Il sindaco si spostò sul suo collo lasciando una scia di baci poco delicati mentre le sue dita scivolavano sul bottone dei suoi jeans. In un attimo li aveva aperti e aveva infilato la mano, ansimando non appena aveva percepito il calore di Emma.

Emma fu scossa da un brivido e poggiò la testa al muro mentre la somma di tute quelle sensazioni ed emozioni per poco non le impediva di respirare.

«Regina...» disse, come se volesse avvertirla che era ora di smetterla, ma nel frattempo aveva spostato una mano dietro alla sua nuca e la attirava di nuovo verso il suo collo, mentre l'altra risaliva tra le sue gambe, sotto la gonna.

Regina ritrovò la sua bocca mentre le dita spostavano gli slip e sparivano dentro di lei. Gemette sentendola calda e bagnata.

«Emma...»

Emma trattenne a stento un urlo mentre inarcava la schiena e si aggrappò a lei.

Il solo sentirla la fece tremare, il basso ventre si contrasse, e iniziò a muoversi in lei con maggiore intensità.

Regina sollevò la gamba per darle più spazio, aveva bisogno di sentirla, di sentire le sue mani e sapeva che era sbagliato. Non avrebbe mai dovuto desiderare quelle mani su di lei, sul suo corpo, mentre la spogliavano e la sfioravano con una delicatezza tale da mandarla in estasi.

Emma si spostò per afferrarle la gamba e spostare le mutandine per poi toccarla.

Regina era già pronta per lei, con nessuno si era mai sentita così. Nessuno le aveva fatto provare quelle sensazioni, quell'eccitazione che le invadeva il corpo ogni volta che Emma era vicino a lei.

Emma gemette nel sentirla così e si mosse su di lei, inclinò la testa per baciarle il collo.

Il sindaco dovette sforzarsi per continuare a muoversi in lei, sopraffatta dal piacere. Si spinse più in profondità mentre sentiva i suoi muscoli già contrarsi.

Sentendola venire con un gemito più lungo per poco non venne anche lei. Emma era ferma, il petto si alzava e abbassava rapido, gli occhi chiusi. Riscuotendosi da quel meraviglioso stato di estasi impaziente, Regina pensò di chiederle se stesse bene, ma ebbe appena il tempo di formulare il pensiero che Emma riprese a muoversi su di lei mentre la baciava, anche se era senza fiato.

Non ci mise molto a venire mentre pronunciava il suo nome. Ansimò poggiando la fronte sulla sua, con il cuore che le pulsava furiosamente nel petto.

Rimase immobile, attaccata a lei incapace di muoversi. Sentiva il suo cuore battere impazzito, come il proprio, e voleva solo che il tempo si fermasse in quell'istante. Cercò le sue labbra ancora una volta per poi staccarsi quando il suono di un messaggio in arrivo ruppe quel momento.

Emma odiò quel messaggio. Si abbandonò contro il muro mentre attendeva che Regina prendesse il cellulare.

Il sindaco allontanò da lei a fatica, con un dolore al petto ad ogni passo. Afferrò quel maledetto aggeggio che avrebbe voluto distruggere e lesse il messaggio.

«Maledizione» mormorò mentre rispondeva velocemente, per poi riporre il telefono in borsa.

Emma sospirò mentre tutta l'euforia, la felicità che credeva di poter provare svaniva come rugiada al mattino.

«Devi andare» sussurrò, una constatazione stanca, dolorosa.

Si odiò in quel momento, poteva vedere il dolore sul viso di Emma, lo stesso che provava lei. Annuì senza riuscire a parlare.

Emma la guardò negli occhi nonostante tutto, perché nonostante tutto erano là. Nonostante Robin, nonostante la città, nonostante il libro. E quindi forse quella speranza a cui continuava ad aggrapparsi senza volerlo non era vana. E quel forse le bastava per guardarla con amore invece che con rancore.

Il sindaco si sistemò il vestito e prese la borsa, poi si avvicinò a lei. La guardò negli occhi, in quel pozzo verde acqua in cui annegava ogni volta. La baciò con dolcezza, non lo faceva quasi mai. Il senso si colpa ad artigliarle il cuore.

Emma si irrigidì a quel bacio, non perché non fosse il più bello che le avesse mai regalato, ma perché non se lo aspettava, non così, non ora. Allora si fidò ancora una volta di lei, chiuse gli occhi, sollevò le dita a sfiorarle il volto e lasciò che un altro pezzetto della sua anima scivolasse tra le loro labbra solo per averla un po' di più, per toccarla ancora un po'.

«Devo andare» bisbigliò Regina staccandosi a fatica da lei «Ci vediamo stasera alla cena che ha organizzato tua madre» continuò facendo un passo indietro nonostante le loro mani fossero ancora unite.

Le sue dita si strinsero istintivamente. Oh, se voleva tenerla lì con sé. Ma annuì, deglutendo il groppo che le soffocava il cuore da un po', ormai.

«A dopo» rispose con un piccolo sorriso.

Regina le rivolse un leggero sorriso e poi si forzò di oltrepassarla, aprire la porta. La guardò ancora una volta per poi uscire, mentre il suo cuore rimaneva in quella stanza.

Pazza ideaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora