𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝟺

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~ [𝙙𝙤𝙙𝙞𝙘𝙞 𝙖𝙣𝙣𝙞 𝙙𝙤𝙥𝙤] ~

La luce del sole inondò la stanza, piegando al suo volere le palpebre del ragazzo disteso supino nel letto a baldacchino, ricoperto da lenzuola candide e accarezzato dalle federe del cuscino in piume d'oca sul quale la sua testa poggiava delicata.

Le lacrime ai lati degli occhi stanchi furono scrostate via dalla man ruvida del proprietario, il quale storse il naso quando iniziò a sentire tutte le lamentele, del suo tutore, su come il suo comportamento non fosse stato "abbastanza regale" per essersi svegliato.

A volte si chiedeva se le pensasse seriamente oppure le dicesse solo per guadagnare la pagnotta, quelle stronzate.

Sperava vivamente la seconda, anche se non ne era proprio sicuro.

Tentava di temporeggiare, di prendere tempo, rigirandosi tra le coperte e mostrando la propria schiena all'adulto dietro di sé, lasciandolo inibito da cotanta pigrizia.

«Il re la sta aspettando nella sala della colazione. Dovrebbe velocizzare i suoi tempi, altrimenti come crede potrebbe mai diventare un uomo tutto d'un pezzo come suo pa-»

Si era stancato di sentire quel discorso tutte le sacrosante mattine.

In realtà si era stancato di molte cose.

Dover andare ogni giorno a pregare per un qualcosa di cui non sapeva neanche l'esistenza.

Dover pensare al futuro del regno, al suo futuro e, per quanto non volesse rendersene conto, i due erano strettamente collegati l'un l'altro.

Dover perdere tempo in inutili balli e, in aggiunta, doverli imparare a memoria.

Dover fare colazione con i suoi genitori ogni sacrosanta mattina.

Cazzo, le colazioni in famiglia.

Non aveva un singolo ricordo nella sua infanzia nel quale lui passava anche solo un pranzo con i suoi genitori, eppure a sua madre piaceva.

Andarla a capire, quella donna.

Lo mutò con uno scossone della mano, intimandolo a tacere e, a detta sua, a non intasare le sue vie uditive con simili cazzate.

L'uomo sobbalzò, piantando gli occhi funesto addosso alla pallida schiena del principe, la quale si poteva tranquillamente vedere per via del trasparente tessuto di seta che la copriva e, lasciando correre il comportamento irrispettoso, si piegò di buon grado sul letto, scostando le coperte e lasciando l'altro biondo al freddo.

«Le chiedo solo di velocizzare i tempi, signorino. Si dovrebbe rendere conto della gravità che questa giornata avrà sulla sua vita futura.» E si allontanò con passo svelto, senza sentire la risposta terribilmente scortese del ribelle. Questo, controvoglia, si alzò dal letto e, senza neanche avere il tempo di respirare, un'orda di mostri, i quali normalmente venivano chiamati "servitori", lo investì.

Chi voleva aiutarlo ad alzarsi, chi voleva toglierli la camicia, altri che tentavano disperatamente di aiutarlo a lavarsi ed ancora quelli che chiedevano di potergli lucidare le scarpe. Il problema era che lui non li stava ascoltando, stava ancora cercando di concepire il motivo del perchè quella giornata fosse così fatale per lui e la risposta, suo malgrado, arrivò lieve come la primavera e pesante come l'inverno: il suo compleanno.

Quel giorno lui avrebbe compiuto diciassette anni, il chè lo avrebbe portato ad una singola cosa, il suo servitore personale.

Non era quello che lo impressionava in realtà, non gli dispiaceva l'idea di avere uno schiavo personale, ma l'idea che il suo diciottesimo si avvicinava, sempre più presente nella sua mente, come il matrimonio, la salita sul trono...

💢𝔽𝕖𝕒𝕣 𝕠𝕗 𝕕𝕒𝕣𝕜 - кιяιвαкυDove le storie prendono vita. Scoprilo ora